inserito in Diritto&Diritti nel marzo 2004

L’interporto.

Avv. Fedele Marotti

***

Nomenclatura[1] 

Logistica:

Nella sua più moderna e corrente definizione, la logistica riguarda la pianificazione, la realizzazione e il controllo delle attività che concernono i flussi fisici dei materiali e le relative fonti informative, dalla fase dell’approvvigionamento a quella di utilizzazione o consumo, attraverso i seguenti stadi:

- gestione dell’ordine;

- gestione del controllo delle scorte, trasporto, magazzinaggio;

- movimentazione della  merce, imballaggio dei carichi, adattamento della merce.

 

Logistica integrata:

La logistica integrata è la funzione aziendale di approvvigionamento di semilavorati tra unità produttive e di trasporto dei beni finiti ai mercati di destinazione, secondo un processo unitario finalizzato ad ottimizzare l'insieme della catena logistica in flusso unico e complessivo di produzione, dai fornitori delle materie, ai processi produttivi e da questi ultimi ai destinatari della distribuzione.

 

Trasporto intermodale:

L'intermodalità si esplica nell'organizzazione della catena di trasporto mediante l'uso specializzato di differenti mezzi, in modo da ottimizzare le rispettive prestazioni, riducendo significativamente l'incidenza economica complessiva, le perdite di tempo e i rischi di passaggi da una modalità all'altra.


Interporto:

L’interporto è considerato come un complesso di infrastrutture e servizi finalizzati allo scambio di merci tra diverse modalità di trasporto. E’ costituito da una piattaforma logistica (comprensiva di magazzini per spedizionieri, corrieri ed operatori della gestione delle merci); uno scalo ferroviario (attrezzato con terminal container, fasci binari per la manovra, raccordi vari, aree per i servizi complementari) adatto alla formazione di treni completi in collegamento con tutti gli altri soggetti della rete portuale ed interportuale continentale; servizi di supporto generali (banche, ufficio postale, ristorazione, distributore di carburanti, ecc...) e specifici (dogana, servizi telematici, etc..).

Definizioni normative:

 

Trasporto combinato:

“Trasporto di merci per cui l'autocarro, il rimorchio, il semirimorchio con o senza i veicolo trattore, la cassa mobile o il contenitore effettuano la parte iniziale o terminale del tragitto su strada e l'altra parte per ferrovia, per via navigabile interna o per mare” art. 1 (Interventi per la ristrutturazione dell'autotrasporto e lo sviluppo dell'intermodalità e del trasporto combinato”), comma 2, lett. F,  della L. 23.12.1997 n.454 (“Interventi per la ristrutturazione dell’autotrasporto e lo sviluppo dell’intermodalità”); (G.U.31.12.1997 n.303).

 

Interporto:

a) “ Per interporto si intende un complesso organico di strutture e servizi integrati e finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comunque comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione” (art.1, comma 1, della  L. 4 agosto 1990, n. 240);

b) “I centri merci, i magazzini generali e le piattaforme logistiche, comprese quelle intermodali nonché quelli dedicati al transito ed allo stazionamento, per un periodo non superiore a trenta giorni, delle merci pericolose” (art. 37 della L. 01.08.02 n.166, recante “Disposizione sugli interporti”); 

c) “Concentrazione di strutture logistiche in adiacenza ad uno scalo ferroviario” (D.P.C.M. 10 aprile 1986: “Piano Generale dei Trasporti”).

 

Classificazione degli interporti.

Il preesistente regime giuridico (L. n. 245/1984, Piano Generale dei Trasporti del 1986, art. 9 della L. 4.8.90 n.240 e primo Piano degli interporti: delibera CIPET del 31 marzo 1992) prevedeva la realizzazione di una rete interportuale basata su interporti di primo livello [2] e nodi intermodali di secondo livello, composti indicativamente da 10-15 stazioni.

L’art. del 6 comma 3 del D.L. 1.4.1995 n.98, convertito in L. 30.05.95 n.204, in adesione al nuovo orientamento espresso dalla deliberazione del CIPET del 7 aprile 1993 (recante il nuovo Piano quinquennale degli interporti) ha sostituito la tradizionale distinzione tra interporti di primo e di secondo livello, prevedendo la individuazione di interporti di rilevanza nazionale, definiti, in base all’art. 2 novellato della L. 4.8.90 N.140 “dal piano generale dei trasporti e ai successivi aggiornamenti”[3].

I piani dei trasporti regionali hanno poi introdotto altre sub classificazioni, definite secondo le caratteristiche tecniche della stazione[4].

L'art. 24, comma 1 della l. 5 marzo 2001, n. 57 ha stabilito, infine. che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di riordino della materia ivi previsto, sono abrogate le disposizioni concernenti il piano quinquennale degli interporti.

L’attuale (e provvisoria) classificazione, adottata in attuazione dell’art.1 della citata L. n.240/90 distingue, dunque, gli interporti secondo rilevanza nazionale o locale, prevedendo in relazione ai primi, la sussistenza dei seguenti requisiti (ex art.6 cit. co.1) :

“a) dar vita ad una rete che riequilibri la dotazione interportuale nazionale in un contesto di rete logistica che faccia riferimento agli scambi con la rete comunitaria e con Paesi terzi;
b) essere previsti nei rispettivi piani regionali dei trasporti;
c) svolgere le funzioni e i servizi di cui alla deliberazione CIPET del
7 aprile 1993, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 1993;
d) insistere su aree il cui utilizzo sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti, escludendo comunque le aree tutelate dalla convenzione internazionale di Ramsar del
2 febbraio 1971 sulle zone umide di importanza internazionale, nonché le aree sottoposte ai vincoli di cui alle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni. Sono altresì escluse le aree individuate come meritevoli di tutela dai piani paesistici attuati in esecuzione del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431;
e) insistere su aree per le quali sia prevista la presenza di una infrastruttura ferroviaria intermodale e in cui si sia accertata l'esistenza di spedizionieri e vettori”.

Invero, la deliberazione CIPET del 7 aprile 1993 richiamata dall’art.6 cit., già delimitava (punto 1) in termini analoghi, i parametri tecnici della stazione interportuali, prevedendo, in merito a funzioni e servizi, che:

a) le funzioni e i servizi insediati nell'interporto dovranno corrispondere, fin dalla fase iniziale di messa in servizio dell’impianto, almeno a quelli individuati come minimi nell'elaborato tecnico allegato alla presente delibera, della quale forma parte integrante, e dovranno essere predisposti, ove possibile, per il funzionamento nell'ambito di una rete logistica nazionale; in particolare occorre che siano previsti gli impianti base per l’esercizio del trasporto combinato e la movimentazione dei containers, nonché le sedi degli operatori del trasporto e della logistica, e che siano individuate tutte le aree necessarie alla sosta e alla mobilità dei veicoli stradali e ferroviari[5];

b) le aree sulle quali è programmato l'insediamento dell'interporto dovranno essere libere da vincoli e destinate, negli strumenti urbanistici vigenti del comune interessato (o dei comuni interessati), ad attività terziarie e di servizi o di altre attività comunque compatibili con l'insediamento interportuale;           

            c) l’interporto, nella dimensione proposta, dovrà essere economicamente compatibile con il bacino di traffico di gravitazione, dal punto di vista delle funzioni e del servizi insediati e dai punto di vista della domanda acquisibile, anche tenendo conto di eventuali altri impianti analoghi presenti o progettati nella stessa zona di gravitazione del traffico: la domanda su cui è dimensionato l’interporto deve essere sufficiente a garantire l'investimento sul plano finanziario ed avere caratteristiche merceologiche specifiche per l’ntermodalità;

d) l’interporto dovrà essere attivo nei confronti degli operatori del settore; dovrà essere, quindi, prevista la presenza di infrastrutture     ferroviarie intermodali della S.p.a. Ferrovie dello Stato o di sua partecipata, ovvero di altro vettore ferroviario e dovrà essere accertata l'esistenza di spedizionieri e/o vettori disponibili a trasferire la loro attività nell’interporto;

e) l’interporto dovrà essere inserito  nel piano regionale dei trasporti.

prevedendo (punto 3) l’allacciamento degli impianti alla rete logistica nazionale  e la necessaria finalizzazione degli stessi impianti ad alcuni servizi minimi:

- sistema di incontro domanda ‑offerta; - sistema di controllo e monitoraggio delle flotte e dei carichi; - sistema di interscambio dati; - sistemi di teleprenotazione; - sistermi di informazione”.

L’art.40 della L. 01.08.02 n.166 (G.U. 3.8.02 n.181, SO n.158) recante disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti prevede, inoltre, che gli interporti siano dotati di adeguata supporto di cavidotti per reti di comunicazione. 

Queste le caratteristiche tecniche che il vigente contesto normativo individua tuttora ai fini della definizione di interporto di rilevanza nazionale.

 

Natura giuridica dell’interporto[6].

I gestori delle  piattaforme intermodali, nella complessiva organizzazione del sistema dei trasporti nazionale, hanno natura giuridica assai eterogenea: i principali interporti italiani hanno la forma giuridica della “società per azioni” con la partecipazione di enti pubblici e soggetti privati ed il concorso di risorse derivate e proprie, pubbliche e private; a volte risultano istituiti per effetto di leggi speciali ed hanno spiccata natura pubblicistica; in altri casi sono stati istituiti e gestiti da consorzi di imprese; meno frequentemente da singole società commerciali che operano nel settore[7][7].

L’iniziativa privata è, invece, assi più rilevante nella realizzazione di centri merci intermodali.

Sulla scorta di tali presupposti, la Giurisprudenza dei TT.AA.RR. ritiene che  l’interporto possa costituire una opera di diritto pubblico o privato in rispondenza della sussistenza di determinati indici.

Secondo il T.A.R. per il Veneto[8], rileva l’incidenza delle previsioni statutarie  in relazione alle disposizioni di “attività che rientrano nel novero di quelle esercitate da imprenditori commerciali, soggette, ex art. 2195 c.c., ad iscrizione nel registro delle imprese”, quali: “creare e gestire altri interporti, autoparchi e centri merci anche al di fuori del comune”; “gestire in maniera diretta o indiretta servizi generali e particolari in favore di altri enti o aziende”; “prestare servizi ad enti e società partecipate e non, di progettazione e consulenza nei settori industriale, commerciale, artigianale, terziario avanzato, dell’innovazione e dei trasporti, con particolare riferimento a quelli intermodali”.

Lo stesso Giudice sostiene la non incidenza del “generico riferimento ai principi dell’interesse pubblico” in ragione di previsioni statutarie che contemplino il “reinvestimento degli utili netti d'esercizio nella realizzazione dell'ulteriore sviluppo dell'attività sociale, stabilisce altresì che l'eventuale eccedenza potrà essere ripartita tra i soci ai fini e nei limiti di un'equa remunerazione del capitale investito”.

E conclude in ordine alla composizione societaria, che anche la partecipazione “in misura cospicua di vari enti pubblici”, ai fini della qualificazione pubblicistica rileva non la mera partecipazione ma la incidenza degli enti che vi partecipino nei processi decisionali.

Al contrario, deve riconoscersi natura pubblicistica all’interporto «caratterizzato dalla totale partecipazione pubblica e istituito per la gestione in esclusiva di un servizio pubblico d’interesse generale»[9].

Tanto premesso, non è possibile definire aprioristicamente l’interporto come opera pubblica, d’interesse pubblico o quale opera d’iniziativa privata ma necessita in merito una puntuale indagine che assume come parametro principale le disposizioni statutarie dell’ente gestore.

Di avviso contrario è il Consiglio di Stato il quale, premesso che “al fine di qualificare un Ente come organismo di diritto pubblico è necessario che concorra l’esistenza di un triplice ordine di requisiti, e precisamente: 1) personalità giuridica; 2) sussistenza di dominanza pubblica; soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale e/o commerciale” rileva come “le società deputate a realizzare e gestire gli interporti svolgono attività –non industriale e commerciale- costituente esercizio di un servizio pubblico, affidato per legge ad alcuni soggetti e aperto anche agli interventi dei privati, con funzione di integrazione e completamento”[10]. 

Invero, se in relazione allo specifico caso oggetto di giudizio e con riferimento agli interporti che operano in regime di convenzione può configurarsi quel carattere, evidenziato in sentenza,  irrinunciabile ed immodificabile “con atti di autonomia privata dei soci” delle disposizioni governative che ne disciplinano l’esercizio, tuttavia tale premessa non costituisce, nel contesto normativo sopra richiamato, un paradigma “assoluto” dell’interporto. A meno che non si ritenga l’interporto “una delle infrastrutture fondamentali per il sistema nazionale dei trasporti ed in specie per assicurare a tale sistema la necessaria flessibilità attraverso il collegamento dei vari sistemi trasportistici [11] definizione questa che non trova riscontro in quella propria della legislazione.

 

Il regime delle competenze nella programmazione della rete interportuale.

Ai sensi della L. 4 agosto 1990, n.240 i primi interporti di rilevanza nazionale (recte, di primo livello) erano individuati dalla normativa di settore statale ed operavano necessariamente in regime concessorio; il sistema appariva configgente con le direttiva europea DIR. CEE 75/130/CE, confermata da successiva DIR. 92/106/CE che deponevano per una liberalizzazione del sistema.

A tale orientamento l’Italia si è adeguata in sede di modifica della citata L.240, con l’ art.  6, d.l. 1° aprile 1995, n. 98, conv. in l. 30 maggio 1995 che ha ridisciplinato la materia assumendo la logisitica intermodale al sistema della libera iniziativa economica.

Rispetto alla prima regolamentazione introdotta dalla L. 240 risulta, inoltre, fortemente innovato il sistema di organizzazione dello Stato, con riflessi diretti sulla materia[12]; anche sul regime delle competenze tecniche. In particolare, l’art. 3 del DPR 20.04.1994 N.373 ha soppresso il CIPET, attribuendo le relative funzioni al CIPE; l’art. 8 della L. 23.12.1997 n.454 “interventi per la ristrutturazione dell’autotrasporto e lo sviluppo dell’intermodalità”, inoltre, prevede la costituzione del “Comitato per l'autotrasporto e l'intermodalità”, istituito dal Ministro dei trasporti e della navigazione di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro dell'ambiente[13].

Ai sensi dell’ dall'art. 6, D.L. 1° aprile 1995, n. 98, conv. in L. 30 maggio 1995, n. 204, poi,  Il Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, d'intesa con le regioni e con le società convenzionate di cui alla presente legge, istituisce osservatori regionali della movimentazione delle merci.

E soprattutto, rispetto al primo quadro normativo di riferimento introdotto dalla L. n.240 cit., risulta innovato il regime di attribuzione delle competenze tra stato e regioni.

Invero, la Corte Costituzionale aveva già eccepito l’illegittimità della esclusione delle Regioni e delle province autonome in relazione alle disposizioni che individuavano i siti degli interporti[14]; ciononostante, solo la L. 15 marzo 1997, n.59 ha finalmente demandato alle Regioni funzioni di alto profilo nella materia dei trasporto e di opere infrastrutturali, (quali viabilità, organizzazione e gestione dei servizi ferroviari regionali e locali).

La norma ha trovato concreta attuazione nel D. Lgs. 31 marzo 1998  n. 112 e, soprattutto, nel D. Lgs. 19.11.1997 n.422[15].

Il nuovo regime trasferisce a regioni ed enti locali tutte le competenze amministrative in materia di trasporti (ad eccezione di quelle espressamente mantenute allo Stato) e le funzioni e i compiti in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati; definisce, inoltre, i criteri di organizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale; alle Regioni e agli enti locali vengono, inoltre, demandate tutte le funzioni amministrative riguardanti le attività di programmazione, progettazione, esecuzione, manutenzio­ne, gestione e vigilanza delle strade statali non rientranti nella rete autostradale e stradale nazionale[16].

A corollario l’art. 104 del D.Lgs.31.3.98 n.112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello stato alle Regioni ed agli enti locali in attuazione della L. 15.03.1997 n.59”, individua un complesso organico delle “Funzioni mantenute allo Stato”in materia di trasporti[17].

Ed ad ulteriore corollario l’art. 24 della L. 5 marzo 2001, n. 57 (delega per il completamento della rete interportuale nazionale) conferisce la delega al governo per l’adozione di norme  “per il completamento e il riequilibrio della rete interportuale nazionale in un contesto di rete logistica [18] ed ai fini della redistribuzione delle risorse finanziarie[19].

 

I cardini giuridici del sistema interportuale nel contesto normativo vigente.

La nozione di rete interportuale, come aggregato di grandi strutture, previste dal piano nazionale ed operanti in regime di concessione, appare ormai superata dalla normativa vigente che propone una nuova dimensione giuridica del trasporto intermodale.

Presupposti del nuovo sistema sono:

a) l’eliminazione di un atto normativo statale di localizzazione degli impianti: nell’attuale tessuto giuridico il piano nazionale degli interporti, infatti, risulta abrogato con effetto della entrata in vigore del decreto delegato previsto dall’art.37 della L. 1° agosto 2002, n. 166[20].

Nonostante la delega non abbia ancora trovato attuazione, la definizione, il completamento e l’aggiornamento della rete interportuale per mezzo di un atto amministrativo governativo di alta amministrazione è sostanzialmente incompatibile con l’attuale regime delle competenze e con gli indirizzi che emergono dalla ultima legislazione di settore.

b) il principio di sussidiarietà nella definizione dei processi decisionali in materia. Come evidenziato, i citati Decreti Legislativi di conferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali sono fortemente ispirati ad un princi­pio di sussidiarietà degli interventi, che postula una graduazione completa di responsabilità nei processi decisionali, che involgono determinazioni comunitarie attuate, nell’ambito della programmazione statale, a livello locale dalle regioni con il concorso degli enti locali e delle imprese private interessate.

c) nuovi criteri nella gestione dei finanziamenti statali e comunitari.

La lettura sistematica della normativa sugli interporti indice a ritenere che la legislazione in subiecta materia sia sostanzialmente di tipo erogatorio; come per tutte le grandi opere infrastrutturali i processi decisionali sono fortemente influenzati dai flussi di finanziamento.

Orbene, con il d.Lgs. n. 442/97 anche le funzioni in materia di finanziamenti sono state attribuite alle regioni, a cui, sono conferiti anche i compiti della soppressa Agensud [21].

Inoltre, il regime dei finanziamenti, come concepito dalla legge di delega, impone l’apporto rilevante di risorse private; il sistema di coofinanziamento va, quindi, ad incidere sui criteri di gestione dell’impianto, in termini di maggior liberismo.

Infine, sempre in ordine ai criteri di erogazione delle risorse, l’attenzione del legislatore è (nel dettato letterale dell’art.104, comma 2, cit.) non più alla realizzazione di grandi iterporti ma al completamento di una rete intermodale capillare[22].

Da queste premesse posso evincersi alcuni corollari, che costituiscono i cardini del regime novellato.

- Sono da ritenersi  “consolidati” gli effetti del preesistente regime in ordine alla classificazione degli interporti di rilevanza nazionale e del regime giuridico di amministrazione degli stessi[23]; tanto è previsto espressamente dagli artt. 19 e 21 del D.Lgs. 442/97 con la sola esclusione della revisione annuale del contratto di servizio come previsto dall’art.19 cit, comma 4.

Conseguenzialmente deve ritenersi consolidata e definita la rete degli interporti di rilevanza nazionale.

- Lo strumento di programmazione dell’adeguamento della rete interportuale è attualmente costituito dal Piano Generale dei Trasporti alla cui adozione partecipano rappresentanti dei ministeri interessati e delle regioni; mentre la completa articolazione della rete interportuale sul territorio è demandata alle regioni.

Il Piano generale dei trasporti non può dettare norme sulla localizzazione di interporti di rilevanza non internazionale: il richiamo agli “interporti e delle intermodalità di rilievo nazionale e internazionale” espresso dall’art. 104 del D.Lgs.31.3.98 n.112, infatti, va interpretato con riferimento agli artt. 3 e 4 del D.Lgs. n.442/97 nel senso che la regolamentazione statale trova competenza specifica esclusiva solo in ragione dei collegamenti internazionali.

La programmazione della localizzazione degli interporti è, invece, di competenza del piano regionale dei trasporti da adottare ai sensi dell’art.14 del D.Lgs.n.422/97; le relative caratteristiche tecniche sono, invece, di pertinenza del piano dei servizi minimi, da adottarsi ai sensi del successivo art.15 del citato D.lgs n.422/97.

Il regime giuridico di gestione degli impianti è, poi, disciplinato sempre dal citato D.lgs n.422/97 attraverso il contratto di servizio.

- Ne consegue che non è più individuabile una tipologia di interporto di rilevanza nazionale, come concepibile nei termini previsti dalla L. 240 cit.

La legislazione vigente, infatti, sostiene, anche a livello erogatorio, la realizzazione di una rete logistica capillare che serva, in modo diffuso, l’intero territorio quale sistema periferico delle grandi strutture interportuali di rilevanza nazionale già realizzate e/o programmate.

 

Il regime giuridico della realizzazione degli interporti.

La eterogeneità dei soggetti che partecipano della realizzazione della rete intermodale si riflette, in termini di complessità, sulla disciplina che presiede alla realizzazione ed alla gestione degli interporti.

E tanto si esprime anche sul regime di affidamento dei lavori per la realizzazione dell’interporto; in particolare sulla natura del regime giuridico del soggetti proponente che opererà in regime di diritto privato o pubblico, con ogni conseguenza in ordine ai poteri di disposizione ed alla gestione dell’autonomia negoziale.

Si premette che, ai sensi dell’art.19 della L. 11.02. 1994, n. 109, e successive modifiche ed integrazioni,  (“legge quadro in materia di lavori pubblici”) soggiacciono a regime pubblicistico le società di gestione di strutture intermodali che operano in regime di concessione, secondo termini e modalità prescritti da quest’ultima norma e dalle eventuali norme speciali che presiedono alla costituzione del proponente.

Può complessa è l’indagine quando l’interporto sia gestito da società, costituita da capitale pubblico e privato, che non sia assoggetta al regime di concessione (come accade per gli interporti di più recente programmazione); perché, come osserva il Consiglio di Stato, “è evidente, per contro, che ciascun soggetto dotato della generale capacità negoziale e quindi di autonomia privata “pleno jure, (e tale è senz’altro la condizione di una s.p.a., anche se costituita con capitali di provenienza pubblica) ha interesse a riaffermare la propria libertà da vincoli di natura pubblicistica che, al di là del fatto che possano o meno comportare in un singolo affare la possibilità di costi inferiori, costituiscono pur sempre un limite all’autonomia complessiva del soggetto e alle sue discrezionali autodeterminazioni organizzative e contrattuali[24][24]”.

Infatti, la Giurisprudenza, come evidenziato, ha ritenuto che detto soggetto possa assumere personalità giuridica di diritto privato, e, pertanto, ritenersi assoggettato a disciplina privatistica nella fase di realizzazione (art.1655 cc. ss.) e gestione dell’opera.

L’esatta individuazione del quadro normativo di riferimento e dei conseguenti riflessi sul regime giuridico di esecuzione dei lavori (nel senso di stabilire se la disciplina pubblicistica [25]

possa ritenersi residuale in rispetto alle disposizioni del Cod. Civ, ovvero se il rapporto di prevalenza è inverso), e, sempre secondo la giurisprudenza, rilevabile dalla sussistenza di determinati indici che attengono:

a)      alla natura giuridica del soggetto proponente;

b)      alle previsioni della normativa (speciale) statale e comunitaria;

c)      ai principi comunitari e costituzionali che presiedono la materia.

Si premette che il servizio cui è preposto un interporto (scambio intermodale di merci) ha certamente rilevanza giuridica pubblica, siccome attinente alla materia dei trasporti; tuttavia, la relazione tra il promotore dell’opera ed i soggetti destinati a fruire dell’opera ha chiara natura privatistica ed in quanto tale tendenzialmente assoggettata ad un regime di diritto privato.

Secondo orientamento giurisprudenziale la rilevanza del servizio non incide sulla natura del soggetto preposto[26].

Anche il co/finanziamento pubblico dell’opera (per espressa previsione di legge) è ininfluente sulla natura giuridica del soggetto proponente.

L’art. 1 comma 2 lett. c) della menzionata L. n. 109 sancisce, infatti, la applicabilità del regime pubblicistico esclusivamente “ai soggetti privati, relativamente a lavori di cui all'allegato A del decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406, nonché ai lavori civili relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici ed universitari, edifici destinati a scopi amministrativi ed edifici industriali, di importo superiore a 1 milione di ECU, per la cui realizzazione sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50% dell'importo dei lavori”.

Sicchè, anche per l’interporto, il “discrimen” sull’applicabilità delle normative è dato dalla percentuale di concorrenza del finanziamento pubblico, che attrae al regime pubblicistico la disciplina dell’opera solo se ed in quanto con incidenza superiore al 50%[27].

La normativa di settore pone non poche conferme alla dedotta soluzione[28].

Vero è, infatti, che il regime pubblicistico trova applicazione anche “alle società con capitale pubblico, in misura anche non prevalente” ma solo qualora “abbiano ad oggetto della propria attività la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza[29]; mentre nel caso in esame è esattamente l’opposto, in quanto l’interporto opera in regime di libera concorrenza[30][30].

Sicchè, ad ulteriore conferma l’art. 8 esclude dalla disciplina pubblicistica …..” b) gli appalti il cui oggetto è destinato ad essere rivenduto o ceduto in locazione a terzi, quando il soggetto aggiudicatore non è titolare di alcun diritto speciale o esclusivo per la vendita o la locazione dell'oggetto di tali appalti o quando altri soggetti possono liberamente venderli o darli in locazione alle stesse condizioni dell'aggiudicatore”.

Ad ulteriore conferma la lettura (sistematica) dell’art.2 della L. n.109  pone all’ultimo capoverso della lett.d) una riserva per le opere ferroviarie e, comunque, di urbanizzazione degli interporti in ragione della applicabilità del D.Lgs n.58 con conseguente attrazione anche di quest’ultime al regime privatistico[31].

Il quadro normativo di riferimento depone, pertanto, per la non assoluta obbligatorietà del ricorso alla aggiudicazione con gara per interporti realizzati da soggetti privati con il concorso di finanziamenti pubblici inferiori al 50%.

Di opinione contraria è il richiamato precedente del Consiglio di Stato [32], per il quale “gli appalti relativi alla realizzazione ed alla gestione degli interporti, a cui sono applicabili le norme sui settori esclusi contenute nel D.Lgs n.158/95, vanno aggiudicati con la procedura dell’evidenza pubblica”[33].

 

Il ruolo degli enti locali nella programmazione della rete interportuale.

Già in regime di piano quinquennale degli interporti l’ente locale partecipa dei processi decisionali in merito alla localizzazione degli impianti di logistica intermodale attraverso le previsioni urbanistiche[34].

Il nuovo quadro normativo di riferimento esalta la funzione dell’ente locale nell’ambito della programmazione della rete interportuale, attribuendo allo stesso, anche in forza dell’accordo di programma, poteri propulsivi nel confronti della regione.

L’attribuzione delle funzioni testé descritte determina un più incisivo potere da parte del comune e della provincia nella gestione del territorio[35]; potere che può anche non limitarsi alla programmazione.

La capillare diffusione della logistica intermodale, infatti, incide sulle tecniche di predisposizione dei piani per gli insediamenti produttivi prevedendo occasioni di migliore organizzazione logistica che possono essere approntate per lo sviluppo delle piccole e medie imprese locali; anche in termini di valorizzazione delle risorse mediante partecipazione delle imprese interessate al finanziamento ed alla realizzazione di stazioni intermodali, ferro-gomma, armonicamente integrate nelle aree industriali, con vantaggi non solo per la produzione e per il risparmio di risorse, ma anche in ragione del decongestionamento dei centri urbani e delle linee stradali.

Giurisprudenza:

Cons. Stato                                 Sez. V                      n. 4748/2003

Cons. Stato                                 Sez. V                      n.     11/2002

Cons. Stato                                 Sez. VI                     n. 785/2002

Cons. Stato                                 Sez. VI                     n.4181/2003

TAR Veneto                                Sez.I                        n.3841/2002

TAR Toscana, Firenze                Sez. I                       n. 2151/2000

TAR Marche, Ancona                                                  n.  971/2002

TAR Marche, Ancona                                                   n. 972/2002

TAR Marche, Ancona                                                  n.  973/2002

TAR Marche, Ancona                                                  n.  974/2002

TAR Marche, Ancona                                                   n.  9752002

TAR Marche, Ancona                                                   n. 976/2002

TAR Marche, Ancona                                                   n. 977/2002

TAR Marche, Ancona                                                   n. 978/2002

TAR Marche, Ancona                                                   n. 985/2002

TAR Abruzzo                       sez. distaccata di Pescara n. 281/2000

TAR Campania, Napoli             Sez. V                        n. 180/2002

TAR Campania,  Napoli            Sez. V                     n. 3.449/2002

TAR Campania, Napoli             Sez. V                    n.  3.747/2002

TAR Campania, Napoli             Sez. V                     n. 3.748/2002

TAR Campania, Napoli             Sez. V                     n. 3.749/2002

TAR Campania, Napoli             Sez. II                     n. 2.983/2003

TAR Campania, Napoli             Sez. I                      n. 3.904/2003

TAR Campania, Napoli             Sez. V                          n. 28/2003

TAR Campania, Napoli             Sez. V                     n. 4.318/2003

TAR Puglia, sede di Lecce         Sez.II                      n. 3.393/2000

TAR Puglia, sede di Lecce         Sez.II                         n. 313/2001

TAR Sicilia sede di Palermo       Sez.II                      n. 1.579/2001              

 

Bibliografia:

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A. Menocci, Trasporto intermodale: quinto sistema per il trasporto delle persone e delle merci, 2002 in www.ddp.unipi.it.

 

 Siti web degli interporti italiani:

Interporti di Bologna, Verona, Marcianise, Padova, Rovigo, Parma, Torino:

www. interporto.it;

Interporto di Roma: www. interporto.net;

Interporto di Trento: www. interbrennero.it;

Interporto toscano: www. interportotoscano.com;

Interporto Marche: www. interportomarche.it;

Interporto di Venezia: www. interporto.ve.it;

Interporto di Novara: www. cimspa.it;

Interporto di Cerignola: www. cerignola.it.


Note:

[1] Le informazioni tecniche sono assunte principalmente dai Piani Nazionali Trasporti, dai Piani Regionali Trasporti, dai siti web dei principali interporti italiani e dalle pubblicazioni di cui si fa menzione in bibliografia.

 

[2] operanti su cinque aree territoriali: piemontese (Torino-Orbassano), lombarda (ambito milanese), veneta (sistema Verona-Padova), emiliana (ambito bolognese) e campana (Marcianise-Nola), e con riferimento agli interporti, previsti dal PGT del 1986 di: Bologna, Padova, Verona, Torino - Orbassano, Rivalta Scrivia, e Marcianise-Nola, (quest’ultimo  costituito da due distinte unità, ex art. 9, l. 30 novembre 1998, n. 413) e (in forza  dell'aggiornamento del P. G. T approvato l'8 marzo 1990 dal Comitato dei Ministri)  di Parma-Fontevivo e Livorno-Guasticce.

[3] I DD.MM. (ministero delle infrastrutture e dei trasporti) del 30.11.99, 18.12.00, 28.03.02, 17.12.02, nel disciplinare la circolazione stradale dei mezzi di autotrasporto, annoverano tra gli interporti di rilevanza nazionale, già qualificati come tali, anche le stazioni di Trento e Novara; a tenore dell’art.1 del DPR 3.7.98 saranno considerati di rilevanza nazionale gli ulteriori interporti di Bergamo Montello, Orte, Prato, Jesi, Frosinone, Area jonico-salentina, Bari, Catania, Cervignano, Gioia Tauro, Novara, Pontecagnano, Pescara, Termoli, Tito, Vado Ligure e Venezia.

 

[4] Ad esempio quello Calabro prevede:

a)      “l’ interporto, destinato allo scambio plurimodale (strada - ferrovia - nave - aereo), con funzioni a raccolta e distribuzione, consolidamento e deconsolidamento dei carichi, controllo, magazzinaggio sosta, funzioni doganali, gestionali, informatiche e telematiche;

b)      i centri merci, destinati allo scambio monomodale (strada - strada) e bimodale (strada-ferrovia), con. funzioni di raccolta e distribuzione, consolidamento e deconsolidamento dei carichi, magazzinaggio;

c)  i terminaI container, destinati al trasporto combinato, con funzioni di trasbordo strada-rotaia delle unità di carico;

d) gli      autoporti, riservati allo scambio monomodale strada - strada, con funzioni di raccolta e distribuzione consolidamento e deconsolidamento carichi, magazzinaggio”.

Il PIT della Puglia, invece, prevede, una rete logistica di I livello formata da Interporto, Centro Intermodale e distripark , Sistema portuale e distripark, Centri logistici integrati ed una  rete logistica di II livello di Centri Logistici Polifunzionali a supporto dei sistemi produttivi locali e per la razionalizzazione del trasporto  su strada.

 

[5] L’allegato (di cui al punto 1 lett.a) individuava, inoltre, come necessari ai fini della qualificazione dell’interporto i seguenti servizi:

·         “servizi ai veicoli: parcheggio, area manovra e soste temporanee ed (eventualmente) stazioni di rifornimento, zona di accosto e posti manutenzione e riparazione;

·         servizi amministrativi e di collegamento: amministrazione centro elettronico ed ufficio tecnico, ufficio rappresentanze ditta e servizi comuni ed (eventualmente) uffici doganali, banche ed assicurazioni;

·         servizi per il personale: ristoro – mensa, vigilanza ed (eventualmente) albergo, pronto soccorso e dogana;

·         servizi informatici e  telematici di rete: posizionamento unità di carico, collegamento a reti e banche dati ed (eventualmente) borsa noli”.

 

[6] Premessa la peculiare natura del servizio assolto dall’interporto e con l’avvertenza che la funzione dello stesso non consente una automatica trasposizioni di indirizzi elaborati in ragione di altre attività, si osserva che sulla natura giuridica della S.p.a. gestore di servizio pubblico la giurisprudenza e la dottrina sono vastissime; per esigenze di brevità si richiamano solo alcuni dei più recenti precedenti giurisprudenziali e note di dottrina: Cons. Stato, sez. VI, 05.03.02, n.1303 e 17.09.02, n.4711, con nota di P. Pizza in “Diritto Processuale Amministrativo” Giuffrè, n.2/03 pgg.486 e ss.; Cons. Stato, sez. VI, 01.04. 00, n. 1885, in Foro It 2001, III, 71, con nota di L. Carrozza e F. Fracchia; Cons. Stato., sez. VI, 02.03.01, n. 1206 in Foro it., 2002, III, 423 ss., con nota di I. Paola; e in Urb. e app., 22001, 632 ss., con nota di R. Garofoli; Cons.Stato, sez. VI, 28.10.98, n.1478, in Foro it., 1999, III,, 178, con nota di R. Garofoli; Cons. Stato sez. VI, 20.05.95, n. 498, in Giorn. dir amm., 1995, 1134 ss. con nota di S. Cassese; e in “Diritto Processuale Amministrativo  1996, 159 ss. con nota di A. Police;  Corte cost., 28.12.1993, n. 466. in Giur cost.,1993. 3829 ss., con note di A. Cerri, e di C. Pinelli; Cass., sez. un., 06.05.95. n. 4991 in Giur it., 1996, 1, 493 ss., con nota di E. Cannada Bartoli;Cass., sez. un., 27.03.97, n. 2738, in Urb. e app., 1997, 1114, con nota di B. Ma­meli.

 

[7] L’interporto di Verona è gestito dal

Consorzio per la Zona Agricolo Industriale di Verona” costituito tra: la Provincia, il Comune e la Camera di Commercio di Verona con D.L. 24.04.1948 n.579, modificato con L. 26.07.1975 n. 378. Il Consorzio è un Ente istituzionale a base territoriale con compiti di pianificazione urbanistica e di propulsione allo sviluppo globale del territorio e dell'economia mediante l'organizzazione di zone ed infrastrutture.

L’Interporto di Padova è gestito da una S.p.A. costituita da: Comune di Padova, Provincia, Camera di Commercio di Padova e Ferrovie dello Stato (oggi Trenitalia) e statutariamente può gestire altre strutture complementari all'intermodalità, quali  autoparchi e centri merci.

Nell’attuale configurazione societaria, i soci più rilevanti sono: C.C.I.A.A. di Padova, Azienda Padova Servizi S.p.A, Provincia di Padova, Consorzio Zona Industriale di Padova, DEXIA CREDIOP S.p.A., il Comune di Padova, Autostrada BS-VR-VI-PD S.p.A., Soc. delle Autostrade di VE e PD S.p.A., Intesa BCI S.p.A., BNL Partecipazioni S.p.A., AGIP Petroli S.p.A., Trenitalia S.p.A.. 

L’Interporto di Marcianise  è gestito, in attuazione delle linee guida della Legge 24/1984, dalla SUD EUROPA S.p.a,  scaturita dalla trasformazione della  SO.PRO.SER., una Società Consortile per Azioni, con capitale sociale privato.

Il polo intermodale  di Nola è gestito dalla “Interporto Campano S.p.A.”

Le due società, al sol fine di accedere ai finanziamenti hanno costitutito il “Consorzio Intermodalità della Campania”.

La progettazione, realizzazione e gestione delle infrastrutture e dei servizi previsti per l Interporto di Novara è attuata tramite la Società Centro Interportuale Merci C.I.M. S.p.A., costituita nel giugno 1987 su iniziativa del Comune di Novara, unitamente alla Finpiemonte S.p.A. - finanziaria della Regione Piemonte. Il capitale sociale si articola nel modo seguente:

Comune di Novara: 25,00%; Finpiemonte S.p.A. 23,85%;  Fincim S.r.l.;  Autostrada Torino - Milano S.p.A.; Sito S.p.A.; Banca Popolare di Novara; Ferrovie dello Stato S.p.A.; Associazione Industriali di Novara.

Per la realizzazione dell'interporto di Torino, la Regione Piemonte ha promosso e regolamentato la costituzione della società S.I.TO S.p.A. (Società Interporto di Torino) a capitale misto pubblico e privato, con capitale sociale ripartito tra Socotras S.p.A., Regione Piemonte, Finpiemonte S.p.A., Ente ferrovie dello stato S.p.A.

 

 

[8]  Sez.I, 25 luglio 2002. n. 3841/02 in www. Giustizia-amministrativa.it.

[9] In termini : T.A.R. Lecce  sez.II 28.09.00 n.3393; T.A.R. Marche 2/9/02 n.978 in www. Giustiziaamministrativa.it..

 

[10] Consiglio di Stato, Sez.V, 22.08.03, n.4748 in Rass. Cons. Stato, 2003, I, pg.1733 ss..

 

[11] sent. ult. cit.

[12] Per quanto attiene agli organi di Amministrazione dello Stato, il Ministero dei trasporti ed il Ministero della marina mercantile sono stati soppressi dall'art. 1, 1. 24 dicembre 1993. n. 537 che ha istituito il Ministero dei trasporti e della navigazione; Il Ministero dei tesoro e il Ministero dei bilancio e della programmazione e economica sono stati soppressi dall'art. 2, del D.Lgs. 5 dicembre 1997, n. 430, che ha istituito l'unico Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

 

[13]Il Comitato è composto da quindici componenti.

a) il capo dell'unità di gestione autotrasporto di persone e cose, che lo presiede;
b) il presidente del comitato centrale per l'albo degli autotrasportatori, con la qualifica di vicepresidente;
c) un componente designato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - Ragioneria generale dello Stato;
d) un componente designato dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato;
e) un componente designato dal Ministro dell'ambiente;
f) un componente designato dal Ministro dei lavori pubblici;
g) due componenti scelti dal Ministro dei trasporti e della navigazione;
h) cinque componenti, indicati dalle cinque associazioni più rappresentative della categoria degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, di cui all'articolo 4 delle norme approvate con decreto del Presidente della Repubblica 3 gennaio 1976, n. 32;
i) due componenti indicati congiuntamente dalle associazioni nazionali di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, e successive modificazioni, presenti nel comitato centrale per l'albo degli autotrasportatori”.

 

[14] La Corte Costituzionale con sentenza n. 38/1992 ha dichiarato “l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lettere e) e h), della legge 4 giugno 1991, n. 186 (Istituzione del Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto - CIPET), nella parte in cui, ai fini del coordinamento e dell'adeguamento dei piani e dei programmi provinciali ivi indicati con il Piano generale dei trasporti, non prevede l'intesa con le Province autonome di Trento e di Bolzano; lettera m), quarta e quinta proposizione, della citata legge n. 186 del 1991”.

 

[15] (G.U. 10.12.1997, n.287), recante “conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti di trasporto pubblico, ai sensi dell’art.4, comma 4, della L.15.03.1997 n.59”.  

 

[16] Per altri aspetti la Regione ha agito, nel limite delle proprie competenze, come veicolo per la ripartizione di risorse finanziarie a destinazione vincolata nel campo dei tra­sporto locale, di controllo e verifica di conformità urbanistica delle opere statali, di ne­goziazione della programmazione triennale degli investimenti dell'ANAS e di gestione dei finanzìamenti statali per la realizzazione di alcune limitate categorie di grandi ope­re (ad esempio in materia di opere per la navigazione fluviale e marittima)……….

In questo nuova prospettiva, il piano dei trasporti si configura come un'articolazione delle politiche regionali complessive, non più solo come una articolazione delle com­petenze regionali in materia urbanistica e come legittimazione/approvazione delle scelte di politica nazionale dei trasporti (espressione di conformità urbanistica ex art. 81 dei DPR 616777, parere in merito alla compatibilità ambientale delle opere, espres­sione di pareri in materia paesistica, etc.). Queste funzioni ovviamente permangono, ma solo nei confronti di un numero sempre più ridotto di opere, quelle di interesse na­zionale e trarisnazionale ("costituita dalle grandi direttrici dei traffico nazionale e da quelle che congiungono la rete viabile principale dello Stato con quella degli Stati li­mitrofi»). …….

Per le restanti opere la Regione esce da un ambito prevalente di politica riflessa o de­rivata per entrare in un ambito di responsabilità diretta. Dalle funzioni di verifica di congruità con gli strumenti della pianificazione urbanistica locale e di approvazione dei programmi di investimento elaborati dall'ANAS si passa alla gestione diretta delle infrastrutture, alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria, alla realizzazione delle nuove opere, etc)”.

PRIT 98: Píano Regionale Integrato dei Trasporti dell’Emilia Romagna del 1998

 

[17] tra cui (lett.a)  “la predisposizione del piano generale dei trasporti;  (lett. h) “le funzioni attinenti alla programmazione realizzata previa intesa con le regioni degli interporti e delle intermodalità di rilievo nazionale e internazionale.”

[18] “1. al fine di consentire l'ottimale e razionale svolgimento delle procedure e la realizzazione degli interventi previsti all'articolo 9, comma 2, della legge 23 dicembre 1997, n. 454, e all'articolo 9, comma 3, della legge 30 novembre 1998, n. 413, per il completamento e il riequilibrio della rete interportuale nazionale in un contesto di rete logistica, il Governo è delegato ad emanare, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, su proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, (il termine per l'esercizio della delega ivi prevista è stato prorogato al 31 dicembre 2002 dall'art. 37, l. 1° agosto 2002, n. 166)  un decreto legislativo per il riordino della normativa vigente in materia di procedure, soggetti e strutture da ammettere ai contributi”

 

[19] “nonché, nel rispetto dei decreti legislativi emanati ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: a) definire le modalità e i requisiti per l'ammissione ai contributi di infrastrutture intermodali, anche diverse dagli interporti, come definiti dall'articolo 1 della legge 4 agosto 1990, n. 240;
b) prevedere, al fine dell'ammissione a contributo, il maggior apporto possibile di altre risorse rese disponibili da soggetti pubblici o privati interessati alla realizzazione dell'infrastruttura;
c) definire la rete interportuale nazionale e le infrastrutture intermodali ad essa complementari, finalizzate alla realizzazione del riequilibrio modale e territoriale attraverso la creazione di un sistema integrato tra le varie tipologie di trasporto, nell'ambito della elaborazione del Piano generale dei trasporti;
d) rafforzare le misure per l'integrazione tra le reti di trasporto e tra le infrastrutture intermodali esistenti, per la fruibilità dei servizi e per la riduzione dell'inquinamento;
e) includere nell'ambito degli interventi da ammettere a finanziamento i centri merci, i magazzini generali e le piattaforme logistiche, compresi quelli multimodali, i terminali intermodali nonché quelli dedicati al transito ed allo stazionamento, per un periodo non superiore a trenta giorni, delle merci pericolose, e, ove necessario, completare funzionalmente gli interporti  già individuati e ammessi al finanziamento nell'ambito del Sistema nazionale integrato dei trasporti;
f) privilegiare le infrastrutture intermodali collegate o collegabili alle grandi direttrici internazionali mediante il sistema autostradale, le reti ferroviarie ad alta capacità, il sistema portuale ed aeroportuale a rilievo internazionale ed intercontinentale”.

[20]2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, sono abrogate le disposizioni concernenti il piano quinquennale degli interporti di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240, e successive modificazioni, al decreto-legge 1o aprile 1995, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 1995, n. 204, e alla legge 23 dicembre 1997, n. 454. A decorrere dalla medesima data, sono altresì abrogate le disposizioni concernenti procedure, soggetti e strutture da ammettere ai contributi da erogare, sulla base di criteri previamente determinati in conformità alle previsioni di cui al comma 1, a valere sui finanziamenti previsti dalle disposizioni richiamate nel medesimo comma 1. Sono fatti salvi i procedimenti già avviati alla predetta data ai sensi degli articoli 4 e 6 della legge 4 agosto 1990, n. 240, e successive modificazioni, e quanto previsto dall'articolo 3, comma 6, della legge 7 dicembre 1999, n. 472”.

[21] D.M.(Min. dell'economia e delle finanze) 3 ottobre 2002 (in Suppl. ordinario n. 76 alla Gazz. Uff., 13 maggio. n. 109 ): “conferimento alle Regioni delle funzioni in materia di convenzioni ex Agensud”.

 

[22] Il sistema intende superare la logica, già della Cassa per il Mezzogiorno, delle grandi opere infrastrutturali in carenza di adeguati incentivi per la piccola imprenditoria locale. Sul punto, con accento critico: La Marca Nicola, Proposte per la ristrutturazione dei consorzi industriali, in Realtà del mezzogiorno, 1973, fasc. 1-2 (febbraio), pag. 46-54.

[23] che comunque è assai “instabile” per le costanti modificazioni introdotte da variazioni al capitale sociale e/o  accordi di programma assunti con altri enti

 

[24] (Cons. Stato, Sez. VI 03.03.00 n. 11947 in www.giustizia-amministrativa.it).

 

[25] La disciplina pubblicistica che regolamenta la materia della realizzazione interporti è  costituita essenzialmente da:

- per la tipologia dell’attività:  dal D. Lgs. 17 marzo 1995, n. 158 recante  “Attuazione delle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative alle procedure di appalti nei settori esclusi” ed in particolare dall’ art.5 dal titolo “Trasporti”;

- per la disciplina dell’esecuzione delle opere dalla L. 11.02. 1994, n. 109, e successive modifiche ed integrazioni,  ad oggetto: “Legge quadro in materia di lavori pubblici”.

 

[26] “ Quello che rileva, invero, e d’altra parte non è neppure contestato, è invece l’appartenenza della ricorrente stessa, al settore di mercato in cui si inserisce l’affidamento dell’appalto di servizi oggetto della contestata convenzione, in relazione alla lamentata mancata applicazione della normativa comunitaria in materia di affidamento di appalti pubblici. Quest’ultima normativa, essendo tesa, insieme alla disciplina interna di recepimento, ad attuare l’immanente finalità del Trattato di realizzare la libertà concorrenziale nel settore di mercato di volta in volta interessato a livello europeo, rimuovendo gli ostacoli derivanti da un impiego di risorse

pubbliche limitante l’accesso paritario per tutte le imprese, (in concomitanza con lo scopo, proprio delle procedure di evidenza pubblica, di garantire un impiego imparziale e ottimale delle risorse stesse), costituisce in capo alle imprese di settore una posizione sostanziale di pretesa, strumentale alla tutela della propria posizione di accesso paritario al mercato …… La qualificazione della C.R.S. come organismo di diritto pubblico, invero, richiederebbe che la medesima fosse stata istituita per un interesse generale di carattere non industriale o commerciale, carattere che non risulta dimostrato e che non può riconoscersi ad una società che fornisce servizi non necessariamente connessi ad un’opera pubblica, erogabili in base a contrattazioni intrattenute anche con committenti non pubblici, non sostenuta da finanziamento pubblico se non nella capitalizzazione iniziale, e non connessa nella sua attività ad una programmazione politica legata alle esigenze di sviluppo sociale ed economico di una comunità territoriale”. (Cons. Stato, Sez. VI, n. 11947/00 cit.)

 

[27] Tanto trova conferma nei principi che ispirano la materia. In base al principio di tassatività della norma giuridica positiva deve ritenersi che il discrimen individuato dalla disposizione postuli non un criterio di massima, più o meno derogabile, ma un parametro certo ed invalicabile che si traduce in un divieto; divieto per le opere finanziate da fondi pubblici in misura superiore al 50 dal ricorso a sistemi di scelta del contraente e/o aggiudicazione di diritto privato; al contrario per le opere finanziate da fondi pubblici in misura superiore al 50% divieto dal ricorso a sistemi di scelta del contraente e/o aggiudicazione di diritto pubblico (ovvero alle stesse procedure previste dalla l. n.109) ( in termini: Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 1999, n. 295 in Cons. Stato 1999,I, 869; Cons. Stato, sez. VI, 11 maggio 2000, n. 2681 in  Foro amm. 2000,1765). 

 

[28] Così si esprime, a ben vedere, anche la lett.b) dell’art.2 comma 2 della menzionata L. n.109.

 

[29] (sulla tassatività del parametro: T.A.R. Lazio, sez. III, 21 febbraio 2001, n. 1323 in  Foro amm., 2001,1318)

 

[30] Ulteriore conferme, sempre ispirate al principio della libera concorrenza pervengono dalla normativa di settore e dal disposto combinato delle norme di cui al  D. Lgs. 17 marzo 1995, n. 158.

L’art. 5, infatti, (comma 1) lett. b) che disciplina “la messa a disposizione dei vettori aerei, marittimi e fluviali, di aeroporti, di porti marittimi o interni, nonché di altri impianti terminali di trasporto” precisa testualmente che “la presente lettera è da intendere nel senso che sono ricomprese nel settore dei trasporti le opere strettamente funzionali alla realizzazione dei sistemi trasportistici, quali le strutture finalizzate all'intermodalità (ex art. 37, comma 3, l. 1º agosto 2002, n. 166)”; l’art. 1 della medesima fonte, che ne individua “l’ambito di applicazione”, evidenzia che “le disposizioni del presente decreto disciplinano integralmente l'aggiudicazione degli appalti di lavori, di forniture e di servizi di cui agli articoli 7 e 9 da parte dei soggetti indicati all'art. 2, che operano nei settori definiti negli articoli da 3 a 6”; ed all’art.2 (“soggetti aggiudicatori”) ricomprende (lett.c) anche “i soggettiprivati” ma solo quando “per l'esercizio delle attività di cui agli articoli da 3 a 6 si avvalgono di diritti speciali o esclusivi”.

 

[31] In Giurisprudenza, “l'art. 2,  comma 1, l. 11  febbraio 1994 n. 109,  modificato dalla l. n. 415  del 1998, sottopone  alla disciplina dettata per  gli appalti di lavori  tanto i "contratti  misti di lavori, forniture  e servizi" quanto i  contratti di  forniture e  servizi che  "comprendano lavori accessori",  ogniqualvolta  i   "lavori  assumano  rilievo  economico superiore  al 50  per  cento". Il  parametro  da utilizzare,  quindi, nell'individuare  il   regime  giuridico  proprio  degli   appalti  a prestazioni tipologicamente  eterogenee, di  cui al riscritto  art. 2 della "Merloni  ter", e'  quello, oggettivo,  agevolmente sindacabile e,   pertanto,  piu'   difficilmente   eludibile,  della   prevalenza economica. (Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2002, n. 3847 in  Foro amm., CDS 2002,f. 7)

 

[32] Sez.V, n.4748/03 cit.

[33] Si rimanda a quanto precedentemente esposto in ordine alla (ad avviso di chi scrive) errata generalizzazione del punto d'arrivo dell’indagine compiuta in quella sede.

 

[34] che potevano essere assunte anche per mezzo di accordo di programma: l'art. 6, del D.L. 1.04.1995, n. 98, conv. in L. 30 maggio 1995, n. 204. che ha sostituito l’art. 8.  L. 4.8.90 N.240 prevedeva, infatti, che “ai fini della localizzazione della realizzazione delle opere finalizzate alla costruzione e alla gestione degli interporti di cui alla presente legge, qualora non abbia provveduto, attraverso il proprio piano regolatore generale e con variante allo stesso, l'amministrazione comunale competente, si applicano le disposizioni dell'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, o, in alternativa, secondo gli indirizzi del piano generale dei trasporti, le norme di cui all'art. 27 della L. 8 giugno 1990, n. 142”


[35] “Gli Enti locali, infatti, sono chiamati a realizzare una stretta integrazione tra la pianifi­cazione della mobilità, l'urbanistica e la pianificazione commerciale, assicurandone la reciproca armonizzazione………………………..

Risulta in tal modo salvaguardato il principio di sussidiarietà e sviluppato quel con­fronto interaziendale secondo una comparazione emulativa o ìncentivante diversa­mente impossibile in un circuito piramidale di diretta contrattazione tra Azienda ed Ente locale che della stessa azienda risulta anche proprietario.

La Regione nella sua veste di titolare in forma unitaria delle funzioni di programma­zione dei servizi di trasporto locale interviene contestualmente sui diversi bacini di tra­sporto, ove necessario, anche al fine di riequilibrio íntermodale. Gli Enti locali a loro volta, possono programmare servizi aggiuntivi, facendosì carico dei relativi oneri fi­nanziari.

Il quadro di azione concorsuale consente così, coerentemente con il processo di de­centramento e delega in materia di trasporti definito dalla L. 59/1997, di sviluppare quel principio di cooperazione tra Regione e Enti locali che eviti la frammentarietà delle azioni separate e la migliore efficienza ed economicità dell'azione programmata…………………….

Viene convenuto cioè di determinare, con un'ottica di concretezza e di breve periodo, gli obiettivi di sviluppo da perseguire per il recupero di efficacia del trasporto pubblico in relazione agli altri sistemi di mobilità, determinando la coerenza tra gli int«venti di regoiazíone delle varie modalità di trasporto, la riqualificazione dell'accesso alle aree urbane centrali, la disponibilità e certezza delle risorse finanziarie messe in campo dalla Regione e dagli Enti locali, gli spazi residui di recupero dì efficienza aziendale, e il livello qualitativo e quantitativo di servizio erogabile con fl vincolo di fondo rappre­sentato dall'equffibrio economico delle aziende erogatrici…………….

Qui emerge fortemente il ruolo degli Enti locali, impegnati in prima persona a inter­venti specifici sulla mobilità e al tempo stesso impegnati alla migliore gestione della propria azienda, anche in quanto interessati immediatamente a evitare ricadute nega­tive sui propri bilanci”.

PRIT 98: Píano Regionale Integrato dei Trasporti dell’Emilia Romagna del 1998