Il principio di simmetria

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Un primo raffronto tra:

Corte di Cassazione S.U. sentenza del 20.06.2018 n. 16303

Corte di Cassazione Sez. III nell’ordinanza n. 27442 del 30.10.2018

Corte di Appello di Firenze  Sezione II n. 534/2019

 

SOMMARIO: 1. Il principio di omogeneità: Corte di Cassazione S.U. sentenza del 20.06.2018 n. 16303; 2. La disomogeneità: origini,  cause, effetti; 3. Natura amministrativa dei D.M.: sindacabilità della G.O. – LIMITI; 4. Giurisprudenza e decisioni ABF: le origini del principio di simmetria; 5. La disomogeneità: voluntas legis o limite ermeneutico? 6. Conclusioni.

  1. Il principio di omogeneità: Corte di Cassazione S.U. sentenza del 20.06.2018 n. 16303

La Corte di Appello di Firenze  Sezione II n. 534/2019,  ha ritenuto che: il tasso contrattuale degli interessi di mora dovrebbe compararsi autonomamente col tasso soglia maggiorato del 2,1 %, rilevazione statistica condotta a partire dal 2001 e trasfusa al punto 4) dei decreti MEF trimestrali (pag. 6 sentenza).

La Corte d’Appello ha ritenuto i principi espressi dalla Corte di Cassazione Sez. III nell’ordinanza n. 27442 del 30.10.2018 in contrasto con la sentenza della corte di cassazione S.U. del 20.06.2018 n. 16303: le ragioni addotte non sono condivisibili per le ragioni che seguono.

La Cassazione Sez. Un. Civili, 20 giugno 2018, n.16303 esprime il seguente principio di diritto:Con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni di cui al Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 2 bis, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata – intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento – rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”, calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi della predetta L. n. 108, articolo 2, comma 1, compensandosi, poi, l’importo della eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con il “margine” degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l’importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati.

Infatti, secondo la Cassazione Sez. Un., ha considerato che:

  1. La L. n. 108 del 1996, articolo 2, comma 1, stabilisce, che il Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari (…) nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione (…) sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale;
  2. la funzione dei decreti è dunque quella di rilavare i dati necessari ai fini della determinazione del tasso soglia, in vista della comparazione, con questo, delle condizioni praticate in concreto dagli operatori;
  3. la rilevazione dell’entità delle CMS è contenuta nei decreti emanati nel periodo precedente all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 2 bis.

In conclusione, la mancata inclusione della CMS nel TEGM non osta, la comparazione con i dati in concreto trattandosi comunque di un dato formale non incidente sulla sostanza e sulla completezza della rilevazione prevista dalla legge.

La Corte ritiene che l’esigenza di omogeneità, o simmetria, è indubbiamente avvertita dalla legge: tale assunto solleva tuttavia delle perplessità sul potere giurisdizionale di adeguare il contenuto dei decreti ministeriali.

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  1. La disomogeneità: origini, cause, effetti

È parere di chi scrive che la disomogeneità e l’asimmetria siano originate, da un lato dalle circolari della Banca d’Italia nell’indicare alle banche i criteri di raccolta dei dati, e di aggregazione nel c.d. TEGM, circolari che non hanno effetti sui rapporti tra banche e clienti e che pertanto non sono a questi ultimi opponibili, dall’altro dall’impossibilità giuridica della G.O. di apportare modifiche a decreti ministeriali, che, laddove ritenuti illegittimi in quanto non conformi al dettato normativo, potranno solamente essere disapplicati, ma non certo modificati con correttivi che trovano l’origine in iniziative della Banca d’Italia.

Che il legislatore avesse l’intenzione di garantire omogeneità e simmetria tra i dati da comparare non pare esservi alcun dubbio, tuttavia l’ambiguità dell’operato della Banca d’Italia nel fornire istruzioni sulla raccolta e aggregazione dei dati, ha creato una situazione che non può essere risolta a livello giudiziario, ma solo legislativo.

Si ricorda, infatti come la Corte di Cassazione Pen. 18.03.2003 n. 20148 ha dichiarato manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità, sollevata in relazione agli artt. 3, 25 e 41 Cost., sull’art. 2 L. 108/1996 relativamente al ruolo assunto dagli organi amministrativi (sul rilievo per cui la L. 108/1996) secondo cui:  fissa limiti e criteri analitici e circoscritti … vincoli sufficienti a restringere la discrezionalità della P.A. nell’ambito di una valutazione strettamente tecnica, idonea a concorrere, nel pieno rispetto del principio della riserva di legge in materia penale, alla precisazione del contenuto della norma incriminatrice.

Nella sentenza n. 20148 viene posta in evidenza che la legge non riserva affatto compiti creativi alla Pubblica Amministrazione, così come non gli sono concessi  margini di discrezionalità che invaderebbero direttamente l’area penale riservata alla legge ordinaria, essendosi piuttosto il legislatore fatto carico di introdurre una rigida griglia di previsioni e di principi, affidando alla normazione secondaria null’altro che un compiti di registrazione e di elaborazione tecnica di risultanze, al di fuori di qualsiasi margine di discrezionalità” ed avendo la L. n. 108/1996 ed a tal fine fissato, per l’appunti, “limiti e criteri analitici e circoscritti … vincoli sufficienti a restringere la discrezionalità della P.A. nell’ambito di una valutazione strettamente tecnica, idonea a concorrere, nel pieno rispetto del principio della riserva di legge in materia penale, alla precisazione del contenuto della norma incriminatrice.

  1. Natura amministrativa dei D.M.: sindacabilità della G.O. – LIMITI

Peraltro, il contrasto tra norme amministrative, nel caso in esame, tra i Decreti Ministeriali e disciplina legale per la determinazione del T.E.G. determina i D.M.  privi di efficacia precettiva e derogatoria rispetto alla Legge e la mancanza del potere di sindacare da parte del Giudice in sede giudiziale ex artt. 4 e 5 dell’allegato E della L. n. 2248 del 1865, che potrà solamente limitarsi alla disapplicazione della norma secondaria.

Deve, peraltro rilevarsi l’illegittimità delle  «istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura» emanate dalla Banca d’Italia non potendo la discrezionalità della Banca d’Italia operare oltre i limiti normativi

Allo stato, dunque la ricerca della simmetria ad opera dei giudici sta creando solamente una diversità di applicazioni su tutto il territorio nazionale aprendo le porte a numerose tesi di calcolo quasi mai coincidenti tra loro.

Proprio in virtù del principio di simmetria affermato dalle SS.UU. con la sentenza n.16303 la sentenza i l’ordinanza n. 27442 del 30.10.2018 è stata ritenuta, dalla Corte d’Appello di Firenze priva di pregio.

In realtà, la sentenza del 20.06.2018 delle SSUU, ha affrontato questioni giuridiche inerenti la commissione sul massimo scoperto e l’effetto del Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 2 bis per la verifica del TEG: in funzione della natura della novella del 2008 è entrata nel merito del principio della omogeneità o simmetria.

Ben diverso è il caso affrontato dalla Sez. III il 30.10.2018, che ricostruendo la natura degli interessi, sia corrispettivi che moratori si è espressa sulla applicabilità dell’art. 2 L. 108/1996 e sulla applicabilità della sanzione civile all’usura prevista dall’art. 1815 c. 2 c.c.: sugli interessi moratori, diversamente dalla CMS non c’è stato un intervento legislativo che potesse giustificare il ricorso al principio della simmetria.

Infatti non vi sono dubbi, che l’obbiettivo del Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 2 bis rendere omogenei i dati da raffrontare, il TEG applicato nel caso concreto con i tassi rilevati con decreto dal MEF.

Pervero, se sulla CMS la Suprema Corte ha potuto affrontare la problematica della simmetria, data la ratio legis del DL 185/2008, non si vede da dove dovrebbe rilevarsi la fonte normativa dalla quale trarre l’esigenza di simmetria riguardo il tasso di interesse moratorio.

Seppure è vero che i tassi soglia non ricomprendono al loro interno l’effetto dell’interesse moratorio, tale mancanza, da un lato è generata dalle Circolari della Banca d’Italia, certamente non opponibili al fruitore dei servizi e prodotti bancari, dall’altro l’assenza di un intervento legislativo in tal senso, esclude di assumere il principio di simmetria quale principio generale.

In modo del tutto coerente dunque la Sez. III così si esprime: La prima è che il riscontro dell’usurarietà degli interessi convenzionali moratori va compiuto confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito nel contratto col tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto, senza alcuna maggiorazione od incremento: è infatti impossibile, in assenza di qualsiasi norma di legge in tal senso, pretendere che l’usurarietà degli interessi moratori vada accertata in base non al saggio rilevato ai sensi della L. n. 108 del 1996, articolo 2, ma in base ad un fantomatico tasso talora definito nella prassi di “mora-soglia”, ottenuto incrementando arbitrariamente di qualche punto percentuale il tasso soglia.

Chiaramente il correttivo di 2.1 punti percentuali, che a parere della corte d’Appello di Firenze deve essere applicato quale correttivo al tasso soglia è stato ritenuto dalla Suprema Corte un incremento arbitrario.

La sentenza della Corte d’Appello di Firenze, in effetti, non prova neppure a spiegare come possa una semplice circolare della Banca d’Italia apportare una modifica ad un Decreto Ministeriale che ha la funzione di completare una norma, indubbiamente di natura penale, che è l’art. 2 L. 108/1996 confluita nell’art. 644 c.p., qualificata norma parzialmente in bianco.

L’interpretazione data dalla Corte d’Appello oltre a violare il principio di tassatività, antepone un regolamento interno della Banca d’Italia ad una fonte del diritto. In realtà dalla lettura della sentenza impugnata si scorge da subito una mancanza di collegamento tra i vari passaggi logici, in realtà “scuciti” tra loro e privi di una conclusione motivata.

Il principio di simmetria seppur in astratto coerente, non è, con la vigente normativa, un principio assumibile tout curt e sicuramente non può una semplice circolare di Banca d’Italia sostituirsi al legislatore.

  1. Giurisprudenza e decisioni ABF: le origini del principio di simmetria

Di diverso avviso, l’Arbitro Finanziario di Roma che nella decisione, 05-02-2018, n. 3078 ha ritenuto che: Con riferimento alla metodologia di calcolo da utilizzare per la verifica di usurarietà dei tassi in concreto applicati, l’orientamento di questo Arbitro è costante nell’affermare che le Istruzioni della Banca d’Italia costituiscono il punto di riferimento imprescindibile per il calcolo del TEG e, pertanto, vi deve essere piena simmetria tra la tra formula utilizzata per la rilevazione del TEGM e la formula utilizzata per il calcolo dello specifico TEG contrattuale (cfr., ex multis, sul cd. “principio di simmetria”, Collegio di Coordinamento, dec. n. 3412/2014; Coll. di Roma, decisione n. 6759/2016; Coll. di Roma, decisione n. 11395/2016).

L’ABF segue quindi la strada tracciata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 12965/2016 cos come la n. n. 22270/2016che ha affermato che il raffronto non viene effettuato adoperando la medesima metodologia di calcolo, il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato.           La stessa Corte, tuttavia sembra cadere in una inevitabile contraddizione laddove continua ritenendo è ragionevole debba attendersi simmetria tra la metodologia di calcolo del T.E.G.M. e quella di calcolo dello specifico T.E.G. contrattuale: tale simmetria non può essere risolta in via ermeneutica né con una funzione additiva del Giudice essendo necessario un intervento legislativo.

Non appare neppure condivisibile il principio espresso dall’Arbitro bancario finanziario Roma 20-01-2016, n. 480, laddove ritiene: Deve essere piuttosto garantito, caso per caso, il giusto equilibrio contrattuale, contemperando il valore costituzionale dell’iniziativa economica privata ex art. 41 Cost., con il dovere di solidarietà nei rapporti intersoggettivi ex art. 2 Cost., che si pone come limite all’esigibilità di pretese creditorie sproporzionate.

            Infatti, la problematica in esame non tratta questioni inerenti i limiti dell’autonomia contrattuale, ma una questione interpretativa di una legge, che non può prescindere dalla ricerca della relativa ratio legis.

È il legislatore il primo protagonista nella gestione (discrezionale) dello spazio che esiste tra autonomia privata e funzione sociale, gestione comunque vincolata ai valori costituzionali, quali  il principio di ragionevolezza, congruità e proporzione (allo scopo) così si espresse la Corte Costituzionale  il  23 aprile 1965, con la sentenza n. 30

  1. La disomogeneità: voluntas legis o limite ermeneutico?

La questione, pare non trovare conferma nelle Sezioni della Suprema Corte, tanto che con sentenza n. 8806 del 05.04.2017, sono stati espressi principi contrapposti a quelli sopra richiamati.

Con la sentenza n. 8806, la Corte ha ritenendo inesistente un principio generale di omogeneità e simmetria dei componenti il T.E.G., ovvero  di oneri, spese e costi dell’operazione finanziaria.

Come ha sapientemente spiegato il Tribunale Massa, nella sentenza del 11 Ottobre 2017. Est. Provenzano la: la verifica circa la usurarietà o meno di un T.E.G., da effettuarsi mediante il procedimento di comparazione con il tasso soglia di cui al D.M. relativo al periodo interessato, risulta, per espressa voluntas legis, strettamente ancorata ad un parametro di natura oggettiva, costituito appunto da quanto pubblicato con D.M. sulla Gazzetta Ufficiale; in altre parole, la norma integratrice della fattispecie penale di cui all’art. 644 c.p., con riflessi anche civilistici, è costituita dall’art. 2 della L. 108/1996 e quest’ultima fa esclusivo riferimento al dato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale per il periodo di riferimento a cura del Ministero.

            Prosegue la sentenza del Tribunale di Massa: In tale contesto, il procedimento finalizzato alla fissazione del tasso soglia trimestrale con D.M. del Tesoro non prevede l’automatica assunzione dei dati rilevati dalla Banca d’Italia, la quale ha funzione semplicemente consultiva, al pari dell’Ufficio Italiano Cambi, avendo inoltre il legislatore in tale contesto previsto anche un correttivo, riferito al tasso ufficiale di sconto, per pervenire alla indicazione del tasso soglia. Non può dunque effettuarsi una automatica equiparazione fra le risultanze delle rilevazioni della Banca d’Italia ed il T.E.G.M., sia dal punto di vista formale, atteso che quest’ultimo è stabilito con D.M. del Ministro competente solo “sentita la Banca d’Italia”, sia dal punto di vista sostanziale, perché la norma prevede comunque ipotesi di correttivi da apportarsi dal Ministero competente.

            In definitiva,  la disomogeneità tra i dati da raffrontare ai fini della verifica dell’usura non possa essere risolto in via di principio dalla giurisprudenza che inevitabilmente deve fare i conti con la normativa che stabilisce inequivocabilmente che: Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.

I tassi soglia pubblicati trimestralmente con decreto ministeriale assumono, quindi, un dato oggettivo di raffronto: i tassi soglia non sono sindacabili da parte della G.O. che non può che utilizzarli ai fini dell’applicazione della disciplina sull’usura: eventuali asimmetrie (peraltro tutt’altro che rare nei rapporti banca cliente e non certo in favore di questi ultimi) potranno essere risolte solamente da parte del legislatore così come è avvenuto per la CMS.

 

 

Avv. Morini Giampaolo

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