Il diritto commerciale dalle origini ad oggi e la sua disciplina nel codice civile

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Il diritto commerciale è la branca del diritto privato che disciplina l’esercizio dell’impresa e le attività imprenditoriali, sia da parte del singolo, sia da parte di società e organizzazioni.

Il diritto commerciale (o diritto privato dell’impresa) disciplina le imprese nei rapporti privatistici e nei rapporti con gli enti pubblici.

Il legislatore italiano ha disciplinato il diritto commerciale nel libro quinto del codice civile e nella stesura di apposite leggi dedicate al mondo dell’impresa.

Tra gli argomenti fondamentali in materia di diritto commerciale spicca il ruolo dell’imprenditore. Nel diritto commerciale sono comprese anche le procedure concorsuali, i contratti, i titoli di credito, il controllo sulla concorrenza sleale e la tutela dei diritti distintivi delle imprese.

Questa disciplina si sviluppa durante l’età comunale, quando sul finire del medioevo la rinascita dei commerci mercantili e la scoperta dei nuovi continenti incrementano le attività commerciali, dando luogo all’esigenza di disciplinare i rapporti commerciali.

All’inizio questa necessità dà origine al diritto dei mercanti per regolamentare gli scambi commerciali marittimi.

Con la nascita dei titoli di credito (nati per agevolare i pagamenti tra piazze lontane) e lo sviluppo delle attività artigianali delle Corporazioni di arti e mestieri, il diritto dei mercanti si perfeziona progressivamente ed evolve nel diritto commerciale, che nasce per agevolare lo sviluppo e la produzione di ricchezza da parte della classe sociale composta da artigiani, mercanti e industriali, e con la Rivoluzione francese acquisisce l’oggettività che ancora oggi lo contraddistingue.

L’affermarsi dei principi liberistici verso la fine del ‘700 causa lo scioglimento delle Corporazioni di artigiani e mercanti, considerate contrarie al libero scambio e al libero mercato.

La scomparsa dei privilegi corporativi e la contemporanea rivoluzione industriale depurano il diritto commerciale dal suo carattere soggettivo, aprendo la strada alla codificazione oggettiva di ogni atto e rapporto commerciale.

Prima dell’entrata in vigore del codice civile c’era il codice di commercio che risale al 1865.

A differenza dei codici civili, che di solito dedicano la propria attenzione al diritto di proprietà e alla ricchezza immobiliare, i codici commerciali sono dedicati a disciplinare la ricchezza mobiliare.

Il Codice di Commercio del 1865 è stato il primo Codice del Commercio dell’Italia post-unitaria, che insieme agli altri codici fu emanato in quello che è stato definito il Risorgimento giuridico.

In realtà esso era il Codice del Commercio del Regno di Sardegna che fu esteso provvisioriamente, con qualche modificazione, all’intero territorio del Regno d’Italia.

Essendo una “esportazione”, sarebbe più corretto definire come vero “primo codice del commercio”, il Codice di Commercio del 1882.

L’idea di un Codice del Commercio, in realtà, non era nei programmi del Governo del Regno, perché in materia commerciale vi era già una certa uniformità normativa tra gli Stati pre-unitari, durante i lavori parlamentari si sostenne che se si stava procedendo all’unificazione del Diritto civile, era logico procedere anche all’unificazione del Diritto Commerciale.

Si arrivò alla decisione di estendere il Codice commerciale sardo all’intero territorio del Regno, perché era tra i Codici degli Stati pre-unitari quello di più recente emanazione.

Il diritto commerciale e mercantile fu inegrato dal legislatore all’interno del diritto privato.

Questo lungo processo di unificazione del diritto privato trova il suo apice in Italia con il Codice Civile italiano che risale al 1942.

In riferimento alla disciplina della materia nel codice civile abbiamo rivolto alcune domande alla Prof.ssa Silvia Corso, docente di Diritto Commerciale presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Cagliari.

 

Prof.ssa Corso, la materia commerciale dove si colloca e come si colloca nel codice civile?

La disciplina è contenuta nel quinto “Del lavoro” del codice civile, che contiene alcune norme iniziali dedicate alla disciplina delle attività professionali per la gran parte adesso abrogate perché erano norme dell’ordinamento corporativo.

Queste norme introduttive del libro quinto sono vigenti solo in parte e sono relative al lavoro, mentre la disciplina dell’impresa è collocata nel titolo secondo del libro quinto con la norma introduttiva che proprio è quella che contiene la nozione di imprenditore, l’articolo 2082.

Nozione di imprenditore che si sostituisce alla nozione di commerciante che invece era quella utilizzata dalle codificazioni ottocentesche, e quindi una delle novità importanti del codice civile del 1942 è stata proprio quella di introdurre per la prima volta il concetto di imprenditore e di impresa come concetto indubbiamente più ampio rispetto a quello di commerciante che richiamava alla vecchia corporazione dei mercanti di epoca medioevale e ad una attività essenzialmente intermediaria nella circolazione dei beni come proprio il commercio, lo scambio, quando invece imprenditore è una nozione più ampia perché comprende anche l’industriale, cioè chi si occupa della produzione di beni.

Una nozione che ha acquistato una valenza pregnante soprattutto dopo la rivoluzione industriale, laddove è diventata forse preponderante anche sul piano del rilievo economico la figura dell’imprenditore che produce, dell’industriale rispetto a quella del semplice commerciante, quindi questa dell’imprenditore era una nozione più ampia che consentiva di abbracciare, di comprendere sia la figura dell’intermediario nello scambio di beni come era quella tradizionale del commerciante, ma anche quella dell’industriale, cioè di chi produce anche su vasta scala beni per il mercato.

Il libro quinto contiene una serie di norme relative agli imprenditori anche se poi sono norme che si riferiscono non tanto al soggetto imprenditore ma all’attività di impresa, le distinzioni che rilevano dal punto di vista giuridico sono quelle tra imprenditori piccoli o mediograndi, tra imprenditori agricoli e imprenditori commerciali, il codice civile in questo titolo secondo dedica alcune norme all’impresa agricola, altre all’impresa commerciale, laddove proprio all’impresa commerciale sono dedicate una serie di norme relative al registro delle imprese, alla rappresentanza commerciale, alle scritture contabili, che sono gli istituti che si applicano in particolare modo all’imprenditore commerciale.

Di seguito contiene le norme e le disposizioni in materia di società, nel titolo quinto ci sono una serie di disposizioni sulle società a partire dalla nozione del contratto di società all’articolo 2247 e poi relative ai vari tipi di società, si comincia con la società di persone, quindi società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice, si continua con i tipi delle società di capitali, società per azioni, Srl, società in accomandita per azioni a società cooperativa.

Inoltre ci sono delle norme relative alle mutue assicuratrici e al contratto di associazione in partecipazione, le norme relative all’azienda, i segni distintivi come marchi e brevetti ,che sono regolati da leggi speciali e che si trovano fuori dal codice ma hanno alcune norme anche nel codice.

 

Le norme sui marchi e brevetti non sono recentissime?

Sì, marchi e brevetti sono leggi coeve più o meno al codice civile, sono dei Regi Decreti, però adesso sono state trasfuse nel codice della proprietà industriale che è del 2006, sono state fatte alcune modifiche, queste leggi sono state oggetto di notevoli modifiche adesso trasfuse in un codice unico che comprende proprio leggi in materia di segni distintivi.

Nel codice civile sono rimaste le norme in tema di concorrenza sleale, le disciplina della concorrenza sleale, mentre la disciplina relativa alla concorrenza del mercato, la cosidetta disciplina antitrust, è contenuta in una legge speciale che è del ‘90, e da noi è stata introdotta con grande ritardo rispetto ad altri ordinamenti che la conoscevano dall’inizio del novecento come ad esempio gli Stati Uniti.

Da noi la disciplina antitrust, contro le intese anticoncorrenziali degli abusi di posizione dominante nel mercato è una disciplina relativamente recente del ‘90, mentre il codice civile disciplina la

concorrenza sleale tra imprenditori, una disciplina che vuole colpire quegli atti di concorrenza sleale che non turbano il libero gioco della concorrenza nel mercato, ma semplicemente incidono sull’attività di un altro imprenditore concorrente ma non minano la concorrenza nel mercato, mentre gli atti vietati del diritto antitrust sono atti che minano il libero gioco della concorrenza nel mercato e quindi hanno effetto nel mercato italiano e nel mercato comunitario.

 

Come si conclude il libro quinto del codice civile?

Il libro quinto si chiude con le norme penali in materia di società consortile. e cioè che reprimono gli illeciti che vengono commessi nell’esercizio delle funzioni, quindi l’amministratore che compie degli illeciti nell’esercizio delle sue funzioni, norme anche queste che sono state di recente modificate.

Nel 2002 si è messo mano anche questa disciplina dei reati penali in tema di società.

Il libro quinto del codice civile è così articolato, ci sono norme sull’impresa, norme sulle società, norme sua della concorrenza sleale norme penali sui reati societari.

Dott.ssa Concas Alessandra

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