Condominio: differenze con la comunione e natura giuridica

Redazione 07/08/19
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In base all’art. 1139 c.c., norma di chiusura della disciplina codicistica relativa al condominio, “per quanto non è espressamente previsto da questo capo si osservano le norme sulla comunione in generale”.

Tale norma contiene un rinvio alle norme in tema di comunione, salva diversa previsione da parte di una lex specialis.

Per questo si è sostenuto che il condominio rappresenti una species del genus della comunione. Fermo quanto si dirà oltre circa la discussa natura del condominio, è bene precisare che sono notevoli le differenze di disciplina tra i due istituti.

Per approfondire leggi anche “Manuale del contenzioso condominiale” di Riccardo Mazzon

 Condominio e comunione: le differenze

In base all’art. 1139 c.c., norma di chiusura della disciplina codicistica relativa al condominio, “per quanto non è espressamente previsto da questo capo si osservano le norme sulla comunione in generale”.

Tale norma contiene un rinvio alle norme in tema di comunione, salva diversa previsione da parte di una lex specialis sul condominio.

Per questo si è sostenuto che il condominio rappresenti una species del genus della comunione. Fermo quanto si dirà oltre circa la discussa natura del condominio, è bene precisare che sono notevoli le differenze di disciplina tra i due istituti.

Mentre nella comunione a ciascun comunista spetta solo il diritto sulla totale proprietà comune indivisa, in capo al condomino si assommano due diritti ben distinti: (i) il diritto di proprietà esclusiva; (ii) la proprietà di comunione forzosa avente ad oggetto le parti comuni.

La comunione è caratterizzata da temporaneità e divisibilità: ciascun comunista può chiederne lo scioglimento ex art. 1111 c.c.

Il condominio, invece, quale ipotesi di comunione necessaria, è caratterizzato dall’indivisibilità ai sensi dell’articolo 1119 c.c.

Quanto alle innovazioni, nella comunione esse possono essere dirette all’impiego che si ritiene più proficuo. Nel condominio invece le innovazioni devono necessariamente essere indirizzate al miglioramento, all’uso più comodo o al maggiore rendimento delle cose comuni.

Sul piano dell’organizzazione, mentre la comunione dispone di un modello di organizzazione solo “accennata”, per il condominio il legislatore ha previsto un modello organizzativo di natura complessa. Infatti, se i condomini sono più di quattro si rende necessaria la nomina di un amministratore. In presenza di più dieci condomini è obbligatorio il regolamento di condominio.

È poi dato ravvisare differenze di disciplina anche sotto il profilo delle spese per la cosa comune: ex art. 1110 c.c. il comunista che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune ha sempre diritto al rimborso; il rimborso è invece escluso, ai sensi invece dell’art. 1134 c.c., per il condomino che abbia sostenuto spese per le cose comuni senza l’autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea (salvo si tratti di spese urgenti).

Infine, mentre nella comunione è ammesso l’abbandono liberatorio della propria quota da parte del comunista (ex art. 1104 c.c.), ciò non è mai possibile nel condominio ex art. 1118, comma 2, c.c.

Da quanto esposto sin qui emerge come la disciplina del condominio sia maggiormente rigorosa rispetto a quella della comunione. Ciò si spiega ove si consideri che mentre i beni comuni nel condominio hanno utilità di tipo strumentale (finalizzata al miglior godimento dei beni di proprietà esclusiva dei condomini), i beni oggetto di comunione hanno una utilità di tipo “finale”.

Natura giuridica del condominio

Nel tempo si sono succedute le seguenti tesi.

In base alla tesi tradizionale, il condominio sarebbe semplimente una comunione forzosa e perpetua, disciplinata in modo peculiare. Al condominio in sé non sarebbe dunque possibile ricondurre alcuna connotazione di tipo soggettivo.

In base alla tesi della proprietà plurima, il condominio sarebbe meglio definibile come una forma di proprietà che si compone in capo a ciascun condomino del diritto di proprietà esclusivo sull’unità immobiliare e della proprietà comune di alcune porzioni dell’edificio. Neppure in tal caso al condominio in sé considerato non sarebbe possibile ricondurre alcuna connotazione di tipo soggettivo.

In base ad una terza tesi, il condominio sarebbe qualificabile come ente di gestione. Rispetto alle precedenti, tale tesi si pone in una direzione evolutiva, che valorizza maggiormente l’aspetto organizzativo offerto dalla disciplina codicistica. Il condominio sarebbe un ente che persegue lo scopo di soddisfare i bisogni dei suoi membri. Tuttavia, il condominio resterebbe sfornito di una vera e propria personalità giuridica autonoma e distinta da quella dei singoli condomini (sotto questo profilo, dunque, non vi sarebbe una vera evoluzione rispetto al passato). Al contempo, però il condominio sarebbe senz’altro autonomo centro di imputazione di interessi (del c.d. “interesse condominiale”, ora espressamente menzionato, ad esempio, all’art. 1117-ter c.c.).

Nonostante il riconoscimento in capo al condominio di un autonomo interesse condominiale, la mancanza di una vera e propria personalità giuridica – sulla base della tesi in discorso – porta a tre conseguenze:

(i) il condominio non sarebbe titolare di un patrimonio autonomo e la titolarità dei diritti sulle parti comuni del complesso condominiale farebbe capo ai singoli condomini;

(ii) le obbligazioni relative agli impianti e ai servizi comuni sarebbero imputabili non già al condominio ma ai singoli condomini;

(iii) con particolare riferimento al profilo della legittimazione ad agire, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario (l’amministratore ex art. 1131 c.c.) non priverebbe i singoli condomini del potere di agire a difesa dei diritti connessi alla propria partecipazione al condominio.

Semplicemente, l’amministratore agirebbe in virtù di un mandato collettivo con rappresentanza.

Pertanto, il condomino potrebbe sempre agire in difesa dei diritti connessi alla propria partecipazione, intervenire nel giudizio in cui la difesa del condominio sia stata legittimamente assunta dall’amministratore e avvalersi dei mezzi di impugnazione. Il singolo condomino dovrebbe sempre considerarsi parte nella controversia tra condominio e altri soggetti, anche se rappresentato ex mandato dall’amministratore, proprio in forza della mancanza di soggettività giuridica del condominio.

Venendo alla quarta e più recente impostazione, le innovazioni introdotte con la riforma del condominio del 2012 dovrebbero condurre l’interprete a ravvisare nel condominio un ente provvisto di personalità giuridica autonoma rispetto ai condomini o, perlomeno, di una distinta soggettività giuridica.

Ciò valorizzando i seguenti dati normativi

  • l’ 1129, comma 4, c.c., che prevede l’istituzione di uno specifico conto corrente intestato al condominio;
  • l’ 1135, comma 1, n. 4, c.c., che prevede la costituzione di un fondo speciale per coprire i costi dei lavori di manutenzione straordinaria;
  • l’art. 2659, comma 1, c.c., a mente del quale è possibile la trascrizione di un atto tra vivi a nome del condominio purché ne siano indicati l’eventuale denominazione, ubicazione e codice fiscale.

Tuttavia, secondo le Sezioni Unite n. 19663/2014 – che si sono pronunciate con riferimento allo specifico problema della possibilità per il singolo condomino di agire in giudizio per far valere il diritto all’equa riparazione per la durata irragionevole del processo intentato dal Condominio, in persona dell’amministratore, del quale i condomini stessi non siano parti – le innovazioni normative della riforma del 2012 non consentono di ravvisare in capo al condominio una vera e propria personalità giuridica. D’altra parte, tali innovazioni andrebbero nella direzione della progressiva configurabilità in capo al condominio di una personalità giuridica attenuata o comunque sicuramente di una soggettività giuridica autonoma. A tale autonoma soggettività giuridica del condominio corrisponderebbe una piena capacità processuale dello stesso.  Secondo le Sezioni Unite n. 19663/2014, il singolo condomino potrà quindi essere considerato parte di un processo che coinvolge il condominio solo in quanto vi intervenga singolarmente, cioè come parte formale.

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