inserito in Diritto&Diritti nel maggio 2001

Esenzione fiscale del procedimento di separazione personale dei coniugi: applicazioni retroattive della sentenza C. Cost. 29.4-10.5.1999 n.154.

 

 

La nota sentenza del 29.4-10.5.1999 n.154 della Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.19 L.6.3.1987 n.74 in relazione agli artt.3 29 31 e 53 Cost., nella parte in cui non estende l'esenzione da imposte di bollo, registro, INVIM, ipot. e cat. prevista per tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di divorzio anche a quello di separazione personale dei coniugi.

 

LA MASSIMA

"L'art.19 l. 6 marzo 1987 n.74, secondo cui tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa, è costituzionalmente illegittimo - per violazione dell'art. 3 cost., sia sotto il profilo del principio di uguaglianza, sia sotto il profilo di ragionevolezza, nonchè degli art.29, 31 e 53 cost. - nella parte in cui non estende l'esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi."

Corte cost., 10 maggio 1999, n. 154

 

Ci si chiede se gli effetti della pronuncia possano estendersi retroattivamente a fattispecie prodottesi anteriormente alla pubblicazione della sentenza.

 

In particolare riteniamo che non possano porsi dubbi con riguardo a procedimenti di separazione personale, contenziosi o consensuali, in corso alla data di pubblicazione della decisione.

 

Maggiori perplessità possono porsi con riferimento ai procedimenti conclusisi con sentenza o con decreto di omologazione della separazione personale consensuale, in data antecedente a quella di pubblicazione della pronuncia di illegittimità costituzionale.

 

Nel primo caso, la soluzione deve ricercarsi nell'intervenuto passaggio in giudicato della sentenza di separazione, a' sensi dell'art.324 c.p.c.. Prodottisi infatti gli effetti del giudicato, la sentenza della consulta deve ritenersi inestensibile.

 

La giurisprudenza è consolidata sul punto. Per tutte richiamiamo:

"Le pronunce di accoglimento della Corte cost. hanno effetto retroattivo, inficiando fin dall’origine la validità e la efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo il limite delle situazioni giuridiche "consolidate" per effetto di eventi che l’ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate in giudicato, l’atto amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza."
Cass. civ., sez. III, 28 luglio 1997, n. 7057

(Per una disamina della massime giurisprudenziali degli ultimi anni sul tema, cfr studiumfori 20.04.2001 lhttp://www.studiumfori.it/visallex.php?id=72 : "Consiglio di Stato sez. VI, sent. n.6864 del 27.12.2000 - Irretroattività delle pronunce d’illegittimità costituzionale").

 

Più problematica appare la fattispecie del decreto di omologa di separazione consensuale.

Detto provvedimento giudiziale, tipico della giurisdizione volontaria, non risulta costituire provvedimento definitivo, in quanto sempre modificabile o revocabile ope iudicis (art.742-742 bis c.p.c.) e pertanto non suscettibile di passaggio in giudicato.

 

Inoltre è da rilevare che i provvedimenti giudiziali relativi alla separazione dei coniugi, con particolare riferimento a quelli riguardanti personalmente i coniugi e/o la prole, sono sempre modificabili anche su istanza delle parti.

Ciò peraltro relativamente sia alle separazioni definite consensualmente che con riguardo a quelle contenziose e nonostante il passaggio in giudicato della sentenza, per l'ovvia sopravvenienza di mutate condizioni di fatto.

 

Potrebbe quindi ipotizzarsi una retroattività della pronuncia di illegittimità costituzionale sopra citata, per lo meno con riferimento alle separazioni definite consensualmente in epoca antecedente alla pubblicazione della sentenza, qualora, ben s'intende, risultino rispettati i termini di decadenza imposti dalla normativa tributaria per il rimborso d'imposta eventualmente conseguente all'avvenuta registrazione del provvedimento giudiziale.

 

In realtà, potrebbe sostenersi in contrario che la casistica giurisprudenziale relativa all'individuazione delle 'situazioni giuridiche consolidate, in quanto tali riconosciute dall'ordinamento' non ha natura tassativa.

 

Ed in effetti una chiara pronuncia del Consiglio di Giustizia Amministrativa Sicilia, ha precisato che: "L’efficacia retroattiva delle pronunce di incostituzionalità trova un limite negli effetti che la norma incisa ha irrevocabilmente prodotto, non solo in conseguenza della preclusione nascente dal giudicato o dalla scadenza di termini di prescrizione o di decadenza, ma anche a seguito dell’esaurimento del rapporto o della situazione giuridica interessati, determinato da atti o fatti rilevanti sul piano sostanziale o processuale; questo principio vale, con i necessari adattamenti, anche per le sentenze c.d. additive, con le quali la Corte integra la previsione normativa della disposizione sottoposta al suo vaglio."

Cons. Giust. Amm. Sic., sez. Giurisdiz., 23 dicembre 1999, n. 675

 

Secondo questa interpretazione la chiave di lettura si sposterebbe sul cd "esaurimento del rapporto o della situazione giuridica precisamente interessati, sia sul piano processuale che su quello sostanziale", ed in tale ottica appare invero più difficile sostenere che, se pur insuscettibile di passare in giudicato, il decreto giudiziale di omologa lasci inesaurita la situazione giuridica sostanziale, ove si ponga mente al fatto che la situazione giuridica in discorso non è quella intercorrente fra le parti del procedimento, bensì quella, diversa, fra fisco e contribuente.

 

Il caso risulta comunque inedito in giurisprudenza e riteniamo che neppure possa valere, in ausilio ad eventuale pretesa retroattività, l'art.3 Dlgs.471/97, estensivo al diritto tributario del generale principio del favor rei. Trattandosi infatti di imposta di natura principale, in alcun modo la relativa disciplina tributaria può intendersi sanzionatoria. Ciò a prescindere da ogni considerazione in ordine al rapporto fra detto principio normativo e le pronunce di illegittimità costituzionale.

 

Avv. MARIA S. BONANNO