“Uno sguardo all’Europa in tema di violenza

alle donne e ai bambini”

Relazione tenuta dall’avv. Paola Parigi di Ravenna al III Convegno di Linea Rosa il 4/3/2000 Ravenna – Sala D’Attorre

 

Secondo la stima del British Crime Survey, almeno un terzo dei reati contro la persona in Inghilterra, avviene dentro le mura domestiche.

Circa il 50% delle donne che restano vittime di omicidio sono state uccise dal proprio partner o ex-partner; 1 donna su 5 ha subito, nel corso della propria vita, almeno un episodio di maltrattamento domestico.

Questi dati si riferiscono, naturalmente, ai crimini denunciati, ma pare rappresentino la punta di un iceberg, pare cioè che siano denunciate 2 solo aggressioni sul totale di 10 realmente perpetrate.

La violenza domestica, per sua natura, è un fenomeno che viene prevalentemente tenuto nascosto dalle stesse vittime. Spesso il maltrattatore viene perdonato e la violenza addirittura negata agli estranei, anche davanti all’evidenza.

Si innescano meccanismi complessi nei quali vittima e carnefice (per mutuare un topos dal linguaggio psicoanalitico), al momento dell’episodio hanno una relazione intima, spesso di tipo co-dipendente, rispetto alla quale l’aggressione costituisce il momento culminante di una escalation di tattiche di controllo e soggezione attuata attraverso le più diverse strategie di abuso.

Nella mia relazione vorrei offrire una visione di insieme, facilitata dall’uso di Internet, dei dati provenienti dalle maggiori organizzazioni Europee non statali, costituite contro la violenza alle donne e gli abusi ai minori, con l’intento di tracciare brevemente una comparazione tra le normative vigenti e l’atteggiamento adottato davanti agli episodi di violenza, con particolare riferimento agli interventi della polizia, al rapporto con la vittima di maltrattamenti ed all’allontanamento del “perpetrator” o maltrattatore.

 

Prima di entarre nel vivo della ricerca ed approfondire i dati relativi alle organizzazioni in favore delle donne in Europa, merita un cenno l’esperienza statunitense in proposito.

Il primo Rape Crisis Center negli U.S.A. è stato costituito nel 1971, ne esistono tutt’ora moltissimi, quasi uno per contea.

A rappresentazione di una realtà di presa di coscienza diffusa e di una capillare attività volontaria e governativa, esistono negli USA migliaia di organizzazioni, che offrono alle donne ed ai minori maltrattati la più vasta ed esaustiva gamma di servizi, con particolare attenzione ed una sensibilità sviluppata nei confronti delle minoranze razziali

 

1) Veniamo all’Europa:

 

Ho comparato tra loro i dati forniti dalla WAVE network, la maggiore rete europea delle organizzazioni non governative che lavorano per combattere la violenza contro le donne e i bambini. I dati sono reperibili sul sito: www.wave-network.org

La rete Wave è stata costituita nel 1994 dalla Commissione Europea all’interno del progetto Daphne e comprende attualmente circa 1480 organizzazioni che lavorano in questo campo.

Tra queste naturalmente figura anche “Linea Rosa” che ringrazio per avere organizzato questo convegno e per avermi invitato.

 

Le principali finalità di Wave Network sono la prevenzione  e l’informazione nel campo specifico della violenza fra congiunti.

L’ufficio di coordinamento è a Vienna e si occupa in particolare di:

·         raccogliere e distribuire i dati sulle organizzazioni che lavorano nel campo della violenza alle donne e ai bambini

·         attuare un programma di prevenzione mediante campagne informative e attività internazionali;

·         organizzare eventi come la Wave Conference o gli incontri dello Steering Group.

Gli obiettivi della rete Wave sono:

·         raccogliere informazioni in relazione alla violenza dell’uomo sulla donna e i bambini

·         scambiare informazioni sulle organizzazioni femminili, ricerche, leggi applicabili e strategie di prevenzione

·         influenzare le politiche europee ed internazioniali sulla violenza

·         stimolare azioni comuni e ulteriori analisi da parte delle donne

·         promuovere analisi “femministe” sulla violenza alle donne

·         sviluppare e promuovere criteri e linee guida a livello europeo in relazione alla legge, ai servizi ed alle strategie di prevenzione

·         offrire sostegno economico (finanziario, formativo, risorse)

·         aumentare la consapevolezza e creare una maggiore comprensione della violenza contro le donne

·         rafforzare i contatti tra le differenti regioni d’Europa

·         rafforzare i diritti delle donne emarginate

 

Per non dilungarmi ed offrire comunque una panoramica che tenga in considerazione le tre aree dell’Europa comunitaria che maggiormente caratterizzano le diverse mentalità ed il diverso approccio culturale, ho diviso, idealmente l’Europa in tre parti:

1.     paesi scandinavi

2.     paesi anglosassoni

3.     paesi mediterranei

Di ogni gruppo ho selezionato un paese rappresentativo.

Naturalmente mi astengo dal riportare i dati forniti sull’Italia dal momento che meglio di me lo hanno fatto i relatori che mi hanno preceduto e quelli che seguiranno.

paesi scandinavià Svezia

paesi anglosassonià Inghilterra

paesi mediterranei à Spagna

 

2) La Svezia

 

I dati più recenti relativi alla Svezia sono forniti dal Rapporto governativo per il biennio 1997/1998. Dal rapporto si apprende che il numero dei reati di aggressione “a sfondo sessuale” nei confronti delle donne è aumentato del 56% nel periodo 1986-1996. Il numero totale dei crimini denunciati era di 18.560 nel 1996. Le denunce per il 66% del totale ha riguardato maltrattamenti compiuti da persone conosciute dalla vittima.

Questo tipo di aggressione denominata kvinnomisshandel cioè violenza domestica, contro la moglie o fidanzata, è il più comune e molto spesso non viene denunciato. Se si somma il totale delle aggressioni subite dalle donne da parte di persona conosciuta e quello da parte di persone sconosciute, il totale per lo stesso 1996 è di 14.677 aggressioni.

Vale la pena notare che la stessa somma riguardante le aggressioni subite da uomini è di 10.726. Nel periodo di riferimento 1986-1996 c’è stato un particolare innalzamento del numero degli stupri denunciati, che sono aumentati dell’80%.

L’aumento riguarda quasi esclusivamente gli stupri commessi all’interno delle mura domestiche.

Il National Council for Crime Prevention stima che l’aumento così evidente degli abusi sessuali e delle aggressioni “indoor” sia dovuto anche e soprattutto ad una minore indifferenza verso questo tipo di reati che ha incoraggiato le vittime a sporgere denuncia nei confronti del congiunto aggressore.

Tuttavia le ricerche effettuate hanno dimostrato che il tipo di relazione intercorrente tra la vittima e il maltrattatore è un deterrente molto potente per la denuncia. Infatti i crimini commessi da sconosciuti ed in luoghi pubblici sono molto più spesso denunciati che non quelli commessi in privato.

A fronte dell’aumento preoccupante dei dati riguardanti le aggressioni è stato introdotto nel 1998 nel codice penale svedese una nuova fattispecie di reato: la grave violazione dell’integrità femminile; così recita il Codice Penale svedese:

“Se un uomo commette certi atti criminali (aggressione, minaccia, molestie sessuali, sfruttamento sessuale ecc.) contro una donna con cui egli è sposato o con la quale egli convive od ha convissuto, deve essere condannato per il reato generico di grave violazione dell’integrità femminile, anzichè per il singolo reato corrispondente all’atto criminoso.”

Presupposto necessario per la condanna è che la violenza sia parte di una comportamento ripetuto di violazione dell’integrità della donna e che sia in grado di mettere seriamente a repentaglio la sua autostima.

La pena va da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 6 anni.

Il riconoscimento della grave violazione dell’integrità femminile può inoltre essere considerata dalle corti come una circostanza aggravante se commessa insieme ad uno degli altri reati menzionati nell’ottica di tenere in considerazione la situazione complessiva dell’abuso nei confronti della donna.

La sussistenza di questa fattispecie non esclude una autonoma condanna per aggressione o stupro.

Oltre alla introduzione di questo nuovo titolo di reato, la Svezia ha inoltre:

aumentato lo spettro delle condotte ricomprese nella definizione di stupro, che ora contiene anche condotte prima considerate solamente forme di coercizione sessuale (come per esempio la pratica denominata fist-fucking).

reso punibile la reticenza nel fornire denuncia o informazione su gravi reati sessuali.

aumentato la pena ed estesa la previsione per le cosiddette mutilazioni genitali. Da una multa per la circoncisione, si passa ad una previsione di arresto e detenzione per ogni tipo di mutilazione.

Una novità di non poco conto, in considerazione dell’impatto culturale è l’introduzione graduale nel linguaggio utilizzato dal codice penale per i reati a sfondo sessuale, di un genere neutro che non identifichi, nemmeno surrettiziamente, il genere sessuale di appartenenza della vittima o del molestatore, nell’ottica di adottare la massima estensione delle fattispecie ad ogni tipo di abuso e violenza da chiunque e verso chiunque sia perpetrato.

 

2.1) Ruolo delle Forze dell’Ordine

 

A seguito della riforma del Codice Penale svedese di cui ho parlato, introdotta il 1/7/1998, sono intervenuti cambiamenti immediati anche nel ruolo ricoperto dalla Polizia, da sempre un ruolo molto importante nella repressione di questi reati.

La cooperazione tra la polizia e i centri di accoglienza per donne maltrattate è molto importante soprattutto nell’ottica di garantire a queste ultime la massima considerazione e fiducia.

Per supportare la riforma alla Polizia sono stati destinati finanziamenti per programmi di training e formazione nell’ottica di fornire priorità assoluta nella lotta contro questa categoria di reati.

Una parte importante della formazione degli agenti è spesa nel fornire loro le attitudini relazionali che consentono alla donna di avere fiducia nell’operato della polizia, sia per favorirne la guarigione psicologica, sia per ottenere la sua cooperazione nelle indagini e decisive testimonianze nel corso dei processi. Il poliziotto è tenuto ad adottare comportamenti che inducono la maltrattata a comprendere che è creduta e che la sua situazione è presa molto seriamente.


3) Regno Unito

 

I dati più recenti sono forniti dagli atti della Conferenza degli esperti dal titolo “Police combating violence against women” tenutasi in Austria nel novembre-dicembre 1998 e dal Women’s Aid Federation England report 1996-1997.

Secondo le statistiche qui riportate, oltre 100.000 donne hanno chiesto interventi nel 1997 al Women’s Aid; il 25% di loro ha denunciato aggressioni del coniuge.

Nel 1997 c’erano 240 rifugi in Inghilterra, cioè solo 1/3 di quelli che avrebbero dovuto esserci secondo una raccomandazione del governo risalente al 1975.

Le fonti normative applicabili alla violenza domestica in Inghilterra sono:

·         Violence against the Person Act 1981

·         Family Law Act 1996

·         Protection from Harassment Act 1997

·         Crime and Disorder Act 1998

Una menzione speciale merita il  DVIP Domestic Violence Intervention Project al quale dedicherò un cenno oltre.

 

Dalla metà degli anni ’70 e soprattutto dalla fine degli  anni 80 l’Inghilterra ha progressivamente aumentato la propria attenzione alla violenza domestica, arrivando a punirla come un crimine altrettanto grave di altri crimini violenti.

Nel 1991 lo stupro coniugale è stato riconosciuto come un reato a tutti gli effetti.

Questo riconoscimento ha fatto sì che il numero delle denunce aumentasse, tuttavia solo pochi dei casi denunziati hanno sin’ora avuto un seguito nelle corti civili penali. 

Ma la legge che più di tutte si è occupata della violenza all’interno delle mura domestiche è il (Protection from) Harassment Act del 1997 che ha introdotto alcune sostanziali modifiche al sistema penale e civile (alcune misure possono essere infatti adottate dalle corti civili):

un nuovo titolo di reato, la “minaccia (anche psicologica) continuata”, che punisce, fino a un massimo di 5 anni chi perseguiti una vittima con comportamenti che inducano in lei paura di subire violenze.

un secondo nuovo titolo di reato che punisce il comportamento che induca la paura di molestie, ivi compreso … il seguire ossessivamente la vittima.

Nuove misure cautelari adottabili dalle Criminal Courts che prevengano recidive nei comportamenti dei molestatori.

Un’azione civile che consente alla vittima di chiedere ed ottenere un ordine da parte della corte civile per inibire le molestie.

Quest’ultima forma di prevenzione può giungere all’allontanamento del marito/convivente colpevole di abusi o violenze, dalla casa coniugale, delimitando un’area off-limits attorno alla casa e riconoscendo alla moglie, di converso un diritto di occupare la casa stessa.

La stessa polizia, nei casi più gravi è autorizzata a prelevare ed a “sfrattare” il molestatore dalla casa e proibirne il rientro per un certo periodo di tempo, proporzionale alla serietà delle aggressioni di cui è accusato.

 

3.1) Ruolo delle Forze dell’Ordine

 

Quanto all’atteggiamento della polizia va detto che i Capi dei singoli Distretti rispondono personalmente e direttamente per le pratiche di polizia che devono ottemperare all’Home Office Circular del 1990 sugli interventi nella violenza domestica.

Ogni forza di polizia ha unità speciali responsabili per la violenza domestica.

Nel 1995 è nata una inter-agency per la cooperazione tra la polizia e le organizzazioni di volontariato e non governative che si occupano di assistenza alle vittime di molestie e maltrattamenti.

 

3.2) il D.V.I.P. Domestic Violence Intervention Project

 

Il DVIP è una organizzazione volontaria ed indipendente con sede in Hammersmith che ha come obiettivo principale quello di fermare la violenza e i suoi devastanti effetti sulle donne e i bambini nella società inglese.

L’organizzazione dichiara di voler raggiungere questo primo obiettivo mediante una combinazione di servizi forniti sia alla vittima che al colpevole, infatti la sua opera è rivolta sia alla tutela delle vittime, che al trattamento di reinserimento dei molestatori.

Il DVIP fornisce aiuti in denaro, consulti telefonici confidenziali, supporto individuale e di gruppo, consulenza e informazione per donne che hanno subito violenza in casa per aumentare la loro sicurezza e quella dei loro figli.

Il programma di Prevenzione della violenza (VPP) del Progetto offre accertamenti individuali e programmi strutturati per gruppi, indirizzati agli uomini violenti nelle relazioni intime, per aiutarli a cambiare il loro comportamente abusivo e per controllare l’aggressività dominando le dinamiche del rapporto.

Il DVIP è aperto a ciascun uomo che comprenda di avere un comportamento persecutorio e violento nelle relazioni con le donne.

Nel periodo 1996-1997 le donne aiutate sono state 453 con intervento individuale e 83 con terapia di gruppo, mentre gli uomini che hanno richiesto un trattamento al DVIP sono stati 163, trattati con intervento individuale e 148 con la terapia di gruppo, molto spesso considerata più efficace.

 

 

4) Spagna

 

Secondo i dati forniti nel 1998 dalla Federacion de Asociaciones de Asistencia a Mujeres Violadas, la Spagna ha una legislazione specifica per contrastare la violenza contro le donne.

Anche dopo l’ultima novella del 1996, tuttavia, le organizzazioni segnalano il residuo di molti gaps tra le leggi applicabili per l’effettiva protezione delle donne maltrattate. Nei casi di abusi sessuali nei confronti di minori, la esecuzione delle previsioni legislative esistenti, resta molto difficoltosa.

 

“Il primo problema è che le leggi non vengono correttamente applicate. Molti giudici e rappresentanti della pubblica accusa sono troppo indulgenti.  Se gli operatori della giustizia fossero più sensibilizzati alla questione della violenza contro le donne e applicassero con maggior rigore le leggi, molte donne spagnole che sono morte per mano dei mariti violenti, sarebbero oggi ancora vive.” Così scrive Florentina Alarcòn Hita nel 1998.

 

Funzionano in Spagna 119 rifugi per donne maltrattate che offrono approssimativamente 20-25 posti ciascuno per donne o bambini, il primo rifugio fu aperto nel 1984.

Secondo le statistiche, risalenti al 1997, 91 donne quell’anno furono uccise dai loro mariti e di converso 23 mariti furono uccisi dalle loro mogli.

I casi di abuso sessuale da parte del partner furono nello stesso anno 17.583 di cui 3.364 con la produzione di lesioni gravissime.

 

Conclusioni

 

Il quadro emerso dalla mia ricerca rafforza senza dubbio la preoccupazione per la portata del fenomeno della violenza domestica e dimostra come, a differenza di quanto io stessa, in tutta franchezza, mi aspettassi al momento di iniziare questa indagine, non esistono differenze, se non marginali, tra i tre blocchi europei che ho definito inizialmente come omogenei per atteggiamento culturale e sistema giuridico.

Stupisce, in effetti, scoprire che il fenomeno dello stupro e degli abusi abbia pressochè la stessa portata in scandinavia come nel bacino del mediterraneo ed oltremanica e che questi tristi fenomeni siano accomunati anche dalla medesima difficoltà di denuncia da parte delle vittime, a dimostrazione che quello che scatena sia l’episodio di violenza (che meglio sarebbe definire la sindrome che porta all’episodio di violenza), e quello che impone alla vittima di non perseguire, nella maggioranza dei casi, l’aggressore, sia proprio una sorta di patologia della relazione comune a tutti gli uomini e le donne dei vari paesi, in una forma trasversale, indipendente dalle tradizioni culturali e dai modelli formativi.

Si può tranquillamente dire, senza tema di smentita che in tutta Europa (e il discorso può essere esteso a tutto il mondo occidentale) il problema della violenza sulle donne è un problema che poggia sulle difficoltà di rapporto all’interno della coppia, difficoltà cui l’uomo, in molti casi (i numeri che ho riportato ne danno la misura), reagisce o con la fuga (e da qui il crescere esponenziale dei fenomeni di crisi della coppia con soluzioni giudiziarie, più o meno civili) o con le botte (quando si ferma a questo). L’approccio dissuasivo e terapeutico pertanto non potrà prescindere dalla cura dell’uomo e della sua capacità relazionale, grandemente sminuita, in questa fine millennio, da una evidente frattura creatasi con il mondo femminile, più libero economicamente, più autocosciente e meno succube che in passato.

Con palese evidenza risulta infatti chiaro che permangono grandi tra i paesi d’Europa nella risposta dello Stato e delle istituzioni preposte, in particolare della polizia, risposta che riflette in tutto le differenti impostazioni ed il diverso grado di attenzione dell’apparato legiferativo e giudiziario rispetto ad una piaga tanto diffusa. Molto più omogeneo sembra il quadro delle organizzazioni di volontariato le quali, pur lottando con i noti e comuni problemi di risorse e con le carenze strutturali, danno la misura di come le donne sappiano e soprattutto vogliano continuare a lavorare per le donne.

 

Avv. Paola Parigi