inserito in Diritto&Diritti nel settembre 2003

Giudizio davanti alla Corte dei Conti: chiamata in garanzia della Compagnia di Assicurazione : dichiarato il difetto di giurisdizione

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Non viene confermata la chiamata in causa da parte di un Segretario comunale, firmatario di una polizza per la responsabilità civile relativa a danni patrimoniali cagionati nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, verso il proprio assicuratore

a cura di Sonia LAZZINI

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La Corte dei Conti per la Lombardia, con la sentenza numero 324 del 2003, ci offre un’ importante principio di tema di danno erariale conseguente a mala gestio di appalti pubblici di lavori (in particolare  in materia di diritto dell'appaltatore agli interessi legali per ritardato pagamento).

Ma non solo.

Il giudice contabile esprime inoltre un giudizio relativamente alla legittimazione passiva delle Compagnie di assicurazione che garantiscono i rischi derivanti dall'attività istituzionale di propria competenza dei convenuti in giudizio per danno erariale

 

Vengono contestate le seguenti violazioni:

 

con riferimento ai lavori di Via Papa Giovanni XXIII il cui danno è stato quantificato in lire 75.828.381, si contesta al direttore dei lavori (D.L.) di aver fatto eseguire lavori in difformità del progetto, per un ammontare superiore al 25% dell'importo originario, e di aver sanato l'esecuzione anticipata con atto di sottomissione intervenuto il 20 maggio 1988, ossia quasi tre anni dopo l'ultimazione dei lavori, avvenuta il 9 settembre 1985, ritardando le operazioni di collaudo.. Allo stesso D.L. sarebbe addebitabile anche il ritardo nella predisposizione delle suddette varianti e nell'emissione  del 5° certificato di pagamento, avvenuta in data 18 novembre 1988, anziché all'atto di ultimazione dei lavori, terminati il 9 settembre 1985, con conseguente aggravio di interessi a carico del Comune appaltante. La violazione dei compiti propri dell'ufficio del D.L. - nel senso sopra evidenziato - integrerebbe, di per sé, gli estremi di un comportamento gravemente colposo.

In misura ridotta, del danno in questione sono ritenuti responsabili l'allora Sindaco B., il Segretario comunale G. e l'Assessore T. i quali, anziché promuovere tempestivamente la redazione della contabilità finale e la nomina dei collaudatori, hanno approvato l'illegittima deliberazione di approvazione della perizia suppletiva (n. 195 del 1987). Ad avviso della Procura, detti amministratori avrebbero violato norme dal contenuto chiaro e non di dubbia interpretazione; pertanto la loro condotta sarebbe caratterizzata da colpa grave

 

con riferimento ai lavori di Vicolo Staletti, la Procura attrice contesta al D.L. il ritardo nella predisposizione della contabilità finale  oltre all'aver consentito l'esecuzione di lavori nuovi e diversi rispetto a quanto previsto in contratto, con l'aggravante che per tali lavori non è stata eseguita una seconda perizia di variante, per il divieto di approvare gli incrementi superiori al 30% dell'importo concordato.. Nel forte divario tra lavori da contratto e quelli effettivamente realizzati, oltre che nella ritardata predisposizione della contabilità finale, la Procura ravvisa gli estremi della colpa grave.

Agli amministratori (Sindaco e Assessore) ed al Segretario comunale è imputato il ritardo nell'approvazione del conto finale e nell'attribuzione dell'incarico al collaudatore. Detto comportamento, ad avviso dell'organo requirente, neppure erano giustificati dalla difficoltà di reperire le risorse necessarie ed è, pertanto, gravemente negligente;

 

l'ultima voce di danno, corrispondente agli interessi corrisposti all'impresa per il periodo dal 1993 al 2000 per lire 6.466.631, è addebitata al Sindaco Gianbattista M., che avrebbe personalmente gestito la pratica, omettendo l'adozione dei provvedimenti indirizzati alla definizione del contenzioso instauratosi con l'impresa.

 Lo stato di grave disorganizzazione dell'Amministrazione comunale, descritta nella relazione del Segretario comunale S. in data 16 febbraio 2000, convaliderebbe la tesi circa l'accentramento delle funzioni amministrative negli organi di vertice. La descritta condotta omissiva, in concorso causale con gli altri comportamenti contestati, avrebbe prodotto il ritardato pagamento dei crediti all'impresa.

 

Tra gli tutti i convenuti, merita un’osservazione il Segretario comunale che “ha eccepito la nullità dell'atto di citazione per difformità con l'invito a dedurre e riproposto parte delle argomentazioni sollevate dagli altri convenuti ritenendo, in particolare, che i maggiori oneri sostenuti dall'Amministrazione comunale non erano dovuti per intervenuta prescrizione dei crediti vantati dall'impresa che non avrebbe provveduto a compiere validi atti interruttivi.

Ha, inoltre, chiesto l’autorizzazione alla chiamata in garanzia dell’istituto assicurativo “omissisS.p.A.”, in forza di un contratto avente per oggetto l’assunzione del rischio derivante dall’attività istituzionale di propria competenza”

 

 

Su quest’ultimo punto, così si legge nell’emarginata sentenza:

          In primis, va esaminata l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Procura regionale in ordine alla chiamata in garanzia della “omissisSpA”, su istanza del convenuto G., firmatario di una polizza per la responsabilità civile relativa a danni patrimoniali cagionati nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali. Invero, la chiamata in giudizio di un terzo dalla quale la parte pretende di essere garantita, ex art. 106 c.p.c., introduce una domanda accessoria - connessa alla principale - che, ai sensi dell'art. 32 c.p.c., “può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo”.

In tal senso, la sussistenza del diritto del convenuto a far valere un rapporto di garanzia nell'azione di responsabilità deve essere valutata in rapporto alle attribuzioni giurisdizionali della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica, chiamata a pronunciarsi - ex art. 52 del R.D. n. 1214 del 1934 - sulla fondatezza dell'azione di danno proposta dal Procuratore regionale nei confronti dei soggetti che esercitano funzioni pubbliche, mentre le controversie relative a rapporti di natura privatistica  rientrano nella competenza del giudice ordinario. In senso conforme, Sezione giurisdizionale Regione Calabria, 31 ottobre 2001, n. 1030.

La rilevata carenza di giurisdizione della Corte dei conti sulle questioni nascenti da un contratto assicurativo (tra cui, ad esempio, l'inoperatività della garanzia, l'annullamento del contratto per reticenza dell'assicurato, le limitazioni della responsabilità ad una certa quota) non consente, infatti, di realizzare quel simultaneus processus che costituisce il vantaggio concreto, in termini di economia processuale, di ogni modificazione della competenza per connessione (cfr., ex multis, Corte di cassazione, 25 maggio 1995, n. 5747). Per le suesposte considerazioni, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione di questa Corte nei confronti della domanda di garanzia proposta contro la “omissisSpA”.

 

Relativamente ai capi di imputazione, l’adito giudice contabile afferma che:

          Con riguardo alla posizione dell'Arch. E., la responsabilità - affermata dall'art. 3 del R.D. n. 350 del 1895, attesa la valenza pubblicistica del rapporto intercorrente tra il libero professionista incaricato della direzione dei lavori e l'ente locale - é valutabile in termini di grave negligenza, per palese contrasto con gli obblighi di servizio. E' di tutta evidenza, infatti, che i maggiori lavori, siano stati compiutamente eseguiti dalla società “omissis” su preciso ordine del D.L. il quale non risulta abbia mai contestato all'impresa di pretendere compensi per quantità non previste nei contratti originari (come, invece, avrebbe dovuto fare, ai sensi dell'art. 13 del D.P.R. n. 1063 del 1962, se detti lavori fossero stati eseguiti spontaneamente dall'impresa). Parimenti, è incontestabile che detto censurabile comportamento, riscontrabile nell'esecuzione di entrambi i contratti di appalto di cui è causa, abbia concorso alla ritardata definizione dei rapporti contrattuali con l'impresa, con l'aggravante di aver procrastinato, anche indipendentemente da esso, la predisposizione degli atti che il D.L. era giuridicamente tenuto a redigere entro i termini stabiliti dal Capitolato speciale, con conseguente ulteriore addebito di oneri accessori da parte dell'impresa creditrice.

In misura inferiore, hanno concorso alla produzione del danno (costituito dai maggiori oneri determinati con accordo transattivo) gli amministratori (Sindaci pro-tempore e Assessore) e il Segretario comunale, mediante il loro comportamento omissivo - per mancato esercizio dei poteri di direzione, controllo ed impulso (da parte del B., del T. e del G.) - o apertamente dilatorio (da parte del sindaco M.).

 

In conclusione quindi:

“La violazione degli obblighi di servizio, da parte degli attuali convenuti, appare in tutta la sua gravità se rapportata alle chiare disposizioni (di legge, di capitolato generale e speciale e di contratto) in materia di diritto dell'appaltatore agli interessi legali per ritardato pagamento. Trattasi di norme rigide, che non lasciano spazio a scelte discrezionali la cui consapevolezza non può essere messa in dubbio da parte di soggetti in possesso di una professionalità specifica e di precise responsabilità istituzionali.   Né a diversa conclusione sarebbe possibile pervenire anche qualora, a  tutto concedere, si interpretasse la vicenda in termini di “elasticità” della succitata normativa - assumendo a parametro del comportamento richiesto le  comuni regole di diligenza e perizia - in quanto è sufficiente notare che l'evento lesivo verificatosi (il pagamento dei maggiori oneri) era altamente prevedibile, oltre che evitabile. E', infatti, dimostrato che gli odierni convenuti abbiano adottato un comportamento ingiustificato, in spregio dei diritti dei terzi e, allo stesso tempo, degli interessi dell'ente locale considerando, inoltre, che la ricorrenza statistica dell'evento lesivo concretamente determinato ne aumenta la prevedibilità” .

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA

composta dai magistrati:

 

Giuseppe            NICOLETTI                            Presidente

 

Francesco            LOMBARDO                         Referendario

 

 Adelisa            CORSETTI                            Referendario relatore

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 17253  del registro di segreteria ad istanza della Procura regionale per la Lombardia contro Domenico E., nato XXX, rappresentato e difeso dall'Avv. Francesco Fontana, presso il cui studio in Bergamo, alla Via Sabotino, n. 2, ha eletto domicilio, Giuseppe B., nato XXX, rappresentato e difeso dall'Avv. Luciano Fracchiolla Lettieri presso il cui studio in Bergamo, alla Via Sabotino, n. 2, ha eletto domicilio, Pietro T., nato a XXX, rappresentato e difeso dall'Avv. Denis Campana, presso il cui studio in Bergamo, alla Via Gabriele Camozzi, n. 3, ha eletto domicilio, Carmelo G., nato a XXX, rappresentato e difeso dagli Avvocati Giuseppe Maridati e Lucio Mazzotti, con elezione di domicilio presso lo studio di quest'ultimo in Milano, alla Via Visconti di Modrone, n. 7 e Gianbattista M., nato XXX, rappresentato e difeso dall'Avv. Oretta Nicolini presso il cui studio in Milano, alla Via Freguglia, n. 10, ha eletto domicilio

 

            Visti l'atto introduttivo e gli altri documenti di causa.         

 

            Uditi, nella pubblica udienza del 18 dicembre 2002 il Referendario relatore Adelisa Corsetti, gli avvocati Luciano Fracchiolla Lettieri, Francesco Fontana, Giuseppe Maridati, Denis Campana e Silverio Vitali, su delega dell'Avv. Nicolini, l'Avv. Arturo Semprevivo, su delega dell'Avv. Angelo Jannaccone, procuratore della “omissisSpA” ed il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore generale Claudio Chiarenza.

 

\E[s \E[201s SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione depositato il 6 maggio 2002, regolarmente notificato alle controparti, la Procura regionale ha convenuto in giudizio i Sig.ri Domenico E., Giuseppe B., Pietro T., Carmelo G. e Gianbattista M., per sentirli condannare al pagamento, in favore del Comune di Azzano San Paolo (BG), della somma complessiva di euro 52.651,33 (lire. 101.947.195) - con i criteri di ripartizione in seguito specificati - per il danno costituito da interessi legali e di mora corrisposti dall'Amministrazione comunale alla società “omissis S.n.c.” vincitrice di due distinti. contratti di appalto - stipulato, l'uno, in data 16 gennaio 1984, rep. n. 118 e, l'altro, in data 12 luglio 1985, rep. n. 146 - concernenti, rispettivamente, i lavori di “Recupero edilizio Vecchio edificio ex scuola media di Via Papa Giovanni XXIII” e di “Recupero edilizio in Vicolo Staletti” i cui corrispettivi sono stati tardivamente corrisposti.

 

Con deliberazione del Consiglio comunale di Azzano San Paolo in data 27 novembre 2000, n. 54, veniva approvata la transazione del contenzioso instauratosi con la succitata ditta, per l'importo di lire 125.000.000, a fronte della originaria richiesta per lire 192.736.601, composta dai seguenti importi disaggregati:

 

1.         lire 88.717.402 per residuo credito in conto capitale ed interessi maturati sino all'8 febbraio 1993 - con riferimento ai lavori di Via Papa Giovanni XXIII;

 

2.         lire 29.815.967 per interessi maturati sino all'8 febbraio 1993 - con riferimento ai lavori di Vicolo Staletti;

 

3.         lire 74.203.232, per interessi maturati, successivamente all'8 febbraio 1993, sino al 27 novembre 2000, data della deliberazione di approvazione dell'accordo transattivo, per effetto del quale quest'ultima voce sarebbe stata decurtata dell'importo di lire 67.736.601, riducendosi in lire 6.466.631.

 

L'accordo in questione, ad avviso della Procura attrice, costituiva un atto dovuto, dal momento che i crediti vantati dalla società appaltatrice non erano prescritti; pertanto  esso viene in considerazione nel presente giudizio in quanto rappresenta il punto di emersione dei comportamenti illeciti imputati agli attuali convenuti, a vario titolo coinvolti nelle procedure contrattuali in esame.

 

Infatti, le tre voci di danno individuate dalla Procura regionale sono mutuate dal suddetto schema di transazione, pur considerando che il danno di cui è causa (compresa la quota astrattamente riferibile al Sindaco C., deceduto) ammonta a lire. 108.497.922 ed è, dunque, inferiore a quanto riconosciuto in tale sede (lire. 125.000.000) in quanto sono stati esclusi gli interessi relativi al ritardato pagamento degli stati di avanzamento lavori (SAL). Esse sono articolate in:

 

1.         interessi legali e moratori per il tardivo pagamento del 5° certificato di pagamento e del saldo finale e per ritardato svincolo della fideiussione corrisposti all'impresa (con riferimento ai lavori di Via Papa Giovanni XXIII) - maturati sino all'8 febbraio 1993 e quantificati in lire 75.828.381. Detta posta di danno è addebitata, per il 50% all'Arch. Domenico E., direttore dei lavori e, per la restante parte, in parti uguali al Sindaco Giuseppe B., in carica fino al maggio 1990, all'Assessore all'Urbanistica Pietro T. ed al Segretario comunale Carmelo G.;

 

2.         interessi legali e moratori corrisposti all'impresa a seguito dei tardivi pagamenti relativi ai lavori di Vicolo Staletti maturati sino all'8 febbraio 1993, quantificati in lire 26.202.910. Alla loro produzione avrebbero contribuito, in parti uguali l'Arch. Domenico E., direttore dei lavori, il Sindaco Giacomo C. (la cui posizione, si ripete, è stata stralciata), l'Assessore Pietro T. ed il Segretario comunale Carmelo G.. Pertanto, l'importo residuo di tale voce di danno è di lire 19.652.183;

 

3.         ulteriori interessi corrisposti all'impresa per il periodo dal 1993 al 2000 per lire 6.466.631, che sarebbero addebitabili al Sindaco Gianbattista M., in carica dal 23 aprile 1995 al 13 giugno 1999.

 

Nel complesso, gli odierni convenuti sono chiamati a rispondere di un danno complessivo per lire 101.947.195 che, secondo la ricostruzione dei fatti contenuta nell'atto di citazione sarebbe riconducibile alla grave violazione, da parte dei medesimi, degli obblighi di servizio insiti nelle funzioni da ciascuno esercitate, ciò che avrebbe  ostacolato il puntuale pagamento dei crediti vantati dall'impresa aggiudicataria. In particolare, essi sarebbero responsabili, con riferimento alle tre voci di danno, delle seguenti violazioni:

 

1.         con riferimento ai lavori di Via Papa Giovanni XXIII il cui danno è stato quantificato in lire 75.828.381, si contesta al direttore dei lavori (D.L.) di aver fatto eseguire lavori in difformità del progetto, per un ammontare superiore al 25% dell'importo originario, e di aver sanato l'esecuzione anticipata con atto di sottomissione intervenuto il 20 maggio 1988, ossia quasi tre anni dopo l'ultimazione dei lavori, avvenuta il 9 settembre 1985, ritardando le operazioni di collaudo. Si è, infatti, passati dall'importo originario di lire 477.745.650 (ridotto a lire 395.329.500 a seguito di variazione in diminuzione, con deliberazione n. 136 del 1984) a lire 625.646.074, dopo le perizie di variante, approvate dall'Amministrazione comunale con deliberazione n. 195 del 1987. La circostanza è provata dalla coesistenza di un primo conto finale, redatto il 10 novembre 1986 e da un secondo stato finale, redatto il 27 luglio 1990, recante l'integrazione dei contenuti economici del contratto, oltre che dal certificato di collaudo, redatto il 15 aprile 1992, che conferma l'avvenuta conclusione dei lavori in tempo utile e nelle quantità indicate nel secondo conto finale. Allo stesso D.L. sarebbe addebitabile anche il ritardo nella predisposizione delle suddette varianti e nell'emissione  del 5° certificato di pagamento, avvenuta in data 18 novembre 1988, anziché all'atto di ultimazione dei lavori, terminati il 9 settembre 1985, con conseguente aggravio di interessi a carico del Comune appaltante. La violazione dei compiti propri dell'ufficio del D.L. - nel senso sopra evidenziato - integrerebbe, di per sé, gli estremi di un comportamento gravemente colposo. In misura ridotta, del danno in questione sono ritenuti responsabili l'allora Sindaco B., il Segretario comunale G. e l'Assessore T. i quali, anziché promuovere tempestivamente la redazione della contabilità finale e la nomina dei collaudatori, hanno approvato l'illegittima deliberazione di approvazione della perizia suppletiva (n. 195 del 1987). Ad avviso della Procura, detti amministratori avrebbero violato norme dal contenuto chiaro e non di dubbia interpretazione; pertanto la loro condotta sarebbe caratterizzata da colpa grave;

 

2.         con riferimento ai lavori di Vicolo Staletti, la Procura attrice contesta al D.L. il ritardo nella predisposizione della contabilità finale - avuto riguardo al tempo intercorso tra la data di ultimazione dei lavori (30 settembre 1989), la redazione del conto finale (15 febbraio 1990) e la sua approvazione (con deliberazione n. 316 del 2 settembre 1991) -  oltre all'aver consentito l'esecuzione di lavori nuovi e diversi rispetto a quanto previsto in contratto, con l'aggravante che per tali lavori non è stata eseguita una seconda perizia di variante, per il divieto di approvare gli incrementi superiori al 30% dell'importo concordato. Il contratto originario, di lire 367.529.345 (dopo una prima perizia autorizzata di lire 122.858.765), è stato portato a lire 595.017.733. Nel forte divario tra lavori da contratto e quelli effettivamente realizzati, oltre che nella ritardata predisposizione della contabilità finale, la Procura ravvisa gli estremi della colpa grave. Agli amministratori (Sindaco e Assessore) ed al Segretario comunale è imputato il ritardo nell'approvazione del conto finale e nell'attribuzione dell'incarico al collaudatore. Detto comportamento, ad avviso dell'organo requirente, neppure erano giustificati dalla difficoltà di reperire le risorse necessarie ed è, pertanto, gravemente negligente;

 

3.         l'ultima voce di danno, corrispondente agli interessi corrisposti all'impresa per il periodo dal 1993 al 2000 per lire 6.466.631, è addebitata al Sindaco Gianbattista M., che avrebbe personalmente gestito la pratica, omettendo l'adozione dei provvedimenti indirizzati alla definizione del contenzioso instauratosi con l'impresa, come risulterebbe dal mancato riscontro alla richiesta di documentazione avanzata dal legale del Comune, l'Avv. Mario Benedetti, in data 8 luglio 1996. Lo stato di grave disorganizzazione dell'Amministrazione comunale, descritta nella relazione del Segretario comunale S. in data 16 febbraio 2000, convaliderebbe la tesi circa l'accentramento delle funzioni amministrative negli organi di vertice. La descritta condotta omissiva, in concorso causale con gli altri comportamenti contestati, avrebbe prodotto il ritardato pagamento dei crediti all'impresa “omissis”.

 

            Tutti gli odierni convenuti si sono costituiti in giudizio, con distinte memorie depositate in data 15 luglio 2002.

 

            L'Arch. E., nell'atto di costituzione, ha eccepito il difetto di legittimazione passiva nel giudizio, deducendo la propria estraneità all'accordo transattivo di che trattasi -  per aver esaurito, sin dal 1992, ogni incombenza relativa all'incarico di D.L. - oltre alla prescrizione dell'azione di responsabilità.

 

            Il Sindaco B., ha chiesto l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri componenti della Giunta e del Consiglio comunale, degli amministratori regionali e dei successivi amministratori e funzionari comunali. Ha, inoltre, eccepito la prescrizione dell'azione di danno, atteso che il suo mandato è terminato nel 1990, la nullità della citazione per incompletezza della documentazione indicata a supporto della domanda attrice (calcolo degli interessi e rivalutazione monetaria), i criteri di imputazione del danno - ritenendo che la quota di pertinenza del Sindaco C. sia stata ripartita tra gli odierni convenuti - nonché la mancata compensazione del danno con gli interessi attivi di tesoreria.

 

            L'Assessore T., ha reiterato parte delle eccezioni proposte dal B. (compresa la richiesta di supplemento istruttorio e di integrazione del contraddittorio), aggiungendo la propria estraneità ai fatti contestati in quanto responsabile dell'Urbanistica e non dei Lavori pubblici e contestando le modalità di ripartizione, tra i convenuti, del danno risarcibile, mediante attribuzione del beneficio della transazione alla quota di debito più recente.

 

            Il Segretario comunale G., ha eccepito la nullità dell'atto di citazione per difformità con l'invito a dedurre e riproposto parte delle argomentazioni sollevate dagli altri convenuti ritenendo, in particolare, che i maggiori oneri sostenuti dall'Amministrazione comunale non erano dovuti per intervenuta prescrizione dei crediti vantati dall'impresa che non avrebbe provveduto a compiere validi atti interruttivi. Ha, inoltre, chiesto l'autorizzazione alla chiamata in garanzia dell'istituto assicurativo “omissisS.p.A.”, in forza di un contratto avente per oggetto l'assunzione del rischio derivante dall'attività istituzionale di propria competenza.

 

            Il Sindaco M., ha contestato gli addebiti deducendo di non aver gestito personalmente la pratica e che, comunque, il Comune non avrebbe dovuto soddisfare la richiesta dell'impresa, trattandosi di crediti ormai prescritti.

 

            Il giudizio, chiamato all'udienza del 18 settembre 2002, è stato rinviato con D.P. 15 luglio 2002, autorizzativo della chiamata in garanzia di terzo, proposta dal convenuto G. nei confronti della “omissisSpA”.

 

            All'udienza odierna, il chiamante si è opposto al deposito di una memoria da parte della società assicurativa, mentre il P.M. ha chiesto che sia dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda di garanzia e, in subordine, il difetto di legittimazione passiva del chiamato. Di seguito, il P.M. ha controdedotto in ordine alle questioni pregiudiziali e preliminari sollevate dalle parti private ritenendo infondate le eccezioni di inammissibilità dell'atto di citazione per mancata corrispondenza con l'invito a dedurre, di irregolare instaurazione del contraddittorio e di prescrizione dell'azione. Inoltre, nel ricordare gli elementi sui quali si fonda l'imputazione di responsabilità a carico di ciascun citato, ha offerto precisazioni in punto di quantificazione del danno, ribadendo che la documentazione relativa al calcolo degli interessi e della rivalutazione monetaria dovuti all'impresa è stata regolarmente depositata: da essa si evince che il danno addebitato ai convenuti non coincide con l'importo della transazione e che la quota di danno riferibile al Sindaco deceduto non è stata ripartita tra gli altri responsabili. Pertanto, ha chiesto la condanna dei convenuti nell'entità indicata con l'atto di citazione. L'Avv. Fraccchiolla, nel riportarsi alla memoria in atti, ha chiesto lo stralcio, per B., degli interessi maturati dal 1990 (data di cessazione dall'incarico) al 1993 contestando, inoltre, la sussistenza di un danno precedente la data della transazione, conclusa il 27 novembre 2000. L'Avv. Campana ha precisato, in materia di prescrizione, che il momento genetico del danno non può essere individuato nell'atto di adempimento di un'obbligazione rappresentato, nella specie, dalla transazione e che l'Assessore T. non aveva competenze in merito all'esecuzione dei contratti di appalto. L'Avv. Fontana, nel riproporre l'eccezione di prescrizione dell'azione, ha riaffermato che l'Arch. E. dal 1992 ha concluso il suo rapporto di servizio con la p.a. L'Avv. Maridati, nel richiamare le eccezioni già sollevate in favore del G., ha ritenuto che non erano dovuti gli interessi maturati fino al 14 dicembre 1987, data di approvazione, da parte del Comune, della perizia suppletiva modificativa e che, in ogni caso, la responsabilità del ritardato pagamento dei corrispettivi sarebbe interamente imputabile al D.L. L'Avv. Vitali ha invocato, per M., la corresponsabilità dei Servizi comunali ed escluso che possano essere imputati al medesimo gli interessi maturati dal 1993, dal momento che questi ha assunto la carica dal 1995. Al termine della discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.        

 

\E[s \E[202s MOTIVI DELLA DECISIONE

In primis, va esaminata l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Procura regionale in ordine alla chiamata in garanzia della “omissisSpA”, su istanza del convenuto G., firmatario di una polizza per la responsabilità civile relativa a danni patrimoniali cagionati nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali. Invero, la chiamata in giudizio di un terzo dalla quale la parte pretende di essere garantita, ex art. 106 c.p.c., introduce una domanda accessoria - connessa alla principale - che, ai sensi dell'art. 32 c.p.c., “può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo”.

 

In tal senso, la sussistenza del diritto del convenuto a far valere un rapporto di garanzia nell'azione di responsabilità deve essere valutata in rapporto alle attribuzioni giurisdizionali della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica, chiamata a pronunciarsi - ex art. 52 del R.D. n. 1214 del 1934 - sulla fondatezza dell'azione di danno proposta dal Procuratore regionale nei confronti dei soggetti che esercitano funzioni pubbliche, mentre le controversie relative a rapporti di natura privatistica  rientrano nella competenza del giudice ordinario. In senso conforme, Sezione giurisdizionale Regione Calabria, 31 ottobre 2001, n. 1030.

 

 La rilevata carenza di giurisdizione della Corte dei conti sulle questioni nascenti da un contratto assicurativo (tra cui, ad esempio, l'inoperatività della garanzia, l'annullamento del contratto per reticenza dell'assicurato, le limitazioni della responsabilità ad una certa quota) non consente, infatti, di realizzare quel simultaneus processus che costituisce il vantaggio concreto, in termini di economia processuale, di ogni modificazione della competenza per connessione (cfr., ex multis, Corte di cassazione, 25 maggio 1995, n. 5747). Per le suesposte considerazioni, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione di questa Corte nei confronti della domanda di garanzia proposta contro la “omissisSpA”.

 

Nell'ordine pregiudiziale, deve essere respinta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal convenuto E., poiché la titolarità del diritto a contraddire in giudizio è stabilita in base alle affermazioni contenute nella domanda, dal cui tenore non residuano dubbi circa la sussistenza di detta condizione dell'azione. Pertanto, la presunta estraneità dell'E. ai fatti oggetto del presente giudizio, è questione afferente il merito.

 

Di seguito, il Collegio ritiene l'insussistenza, tanto sotto il profilo della necessità ex art. 102 c.p.c., che sotto quello della  mera utilità processuale ex art. 107 c.p.c., del litisconsorzio postulato dai convenuti B. e T. per giustificare la chiamata in causa dei terzi da essi evocati. Non si ravvisano, infatti, nei confronti dei soggetti genericamente indicati (altri componenti della Giunta e del Consiglio comunale di Azzano san Paolo, degli amministratori regionali e dei successivi amministratori e funzionari comunali), le ragioni sottese alla predetta richiesta, secondo cui la decisione sarebbe inutiliter data se resa nei confronti degli attuali convenuti, in quanto gli addebiti per cui è causa sono riferiti alla condotta tenuta da ciascuno di essi nelle procedure contrattuali all'esame - con precipuo riferimento alla funzioni ad essi assegnate - e non, genericamente, all'aver svolto un ruolo (di rango politico o amministrativo) durante il periodo di riferimento. In tal senso, la richiesta di integrazione del contraddittorio dovrebbe essere rigettata anche per motivi di merito, per difetto della colpa grave.

 

Ancora in via preliminare, occorre esaminare l'eccezione di prescrizione dell'azione di responsabilità, sollevata dai convenuti B., T. ed E., ritenendo che essa abbia inizio alla data in cui i medesimi hanno posto in essere la condotta illecita e non al verificarsi dell'evento dannoso.

 

            Al riguardo, si osserva che - anche anteriormente alla modifica legislativa operata dall'art. 1, comma 2, della legge n. 20 del 1994 che, testualmente, individua il termine di decorrenza del computo prescrizionale nel verificarsi del fatto dannoso - la giurisprudenza unanime aveva ritenuto che detto termine inizi a decorrere quando il danno è concreto ed attuale, in una lettura sistematica dell'art. 58, comma 4, della legge n. 142 del 1990 (sostanzialmente reiterato dall'art. 93, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) e della norma recata dall'art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione inizia a decorrere quando il diritto può essere fatto valere.

 

Sulla decorrenza della prescrizione in ipotesi di danno cosiddetto indiretto - ricorrente nella specie - si sono recentemente pronunciate le Sezioni Riunite di questa Corte, con sentenza n. 3/2003/QM, depositata il 15 gennaio 2003, secondo cui il termine iniziale “va fissato alla data in cui il debito della P.A. nei confronti del terzo danneggiato è diventato certo, liquido ed esigibile in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza di condanna della P.A. e della esecutività della transazione tra terzo e P.A.”, risolvendo, in tal senso, il contrasto giurisprudenziale tra l'indirizzo che fissa l'esordio della prescrizione alla data di pagamento al terzo del danno (v. Sezione II giurisdizionale Centrale, 26 novembre 2001, n. 364/A e 8 maggio 2001, n. 174/A) e quello inteso ad attribuire rilievo alla sentenza di condanna passata in giudicato ovvero alla stipula della transazione tra Amministrazione e terzo (cfr., Sezione III giurisdizionale Centrale, 28 maggio 2002, n. 177/A; Sezione II giurisdizionale Centrale, 18 dicembre 2001, n. 389/A e 28 marzo 2001, n. 128/A). Per le suesposte considerazioni, l'eccezione deve essere respinta.

 

            Ugualmente priva di pregio si appalesa l'eccezione di inammissibilità dell'atto introduttivo del presente giudizio per presunta difformità con l'invito a dedurre, alla stregua della giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. ex plurimis, Sezione I giurisdizionale Centrale, 9 aprile 2002, n.109/A) secondo cui, in presenza di identità del fatto - contestato in sede preprocessuale e formante oggetto dell'atto di citazione - le esplicitazioni ulteriori non concretizzano alcuna mutatio libelli, ma si atteggiano a mera precisazione e fisiologico sviluppo dell'addebito formulato.

 

Il superamento delle dedotte questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito, consente al Collegio di passare alla trattazione di merito.

 

***

 

Al riguardo, il Collegio ritiene che sussistano gli estremi della responsabilità amministrativa nella condotta gravemente colposa del D.L. - che ha indotto la Giunta comunale al pagamento dei maggiori oneri all'impresa appaltatrice - e degli amministratori e del Segretario comunale che, nell'arco del loro mandato, hanno concorso nella produzione del danno.

 

Premesso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dei convenuti, il diritto dell'appaltatore agli interessi per ritardato pagamento dovuti a norma di legge, di capitolato generale e speciale o di contratto sorge per il semplice ritardo “senza necessità di apposite domande e riserve”, secondo il disposto dell'art. 4 della legge 10 dicembre 1981, n. 741 va osservato che, nella specie, le somme spettanti non erano prescritte dal momento che l'impresa aveva tempestivamente provveduto ad interrompere i termini prescrizionali (con lettere raccomandate in data 5 dicembre 1987, 16 marzo 1992, 8 febbraio e 29 giugno 1993, ancorché non protocollate in arrivo dagli Uffici comunali) decorrenti, ai sensi della succitata normativa, dal momento in cui il diritto al pagamento degli interessi poteva essere fatto valere.

 

Inoltre, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa dei convenuti, non può farsi luogo alla compensazione dei maggiori oneri sopportati dal Comune con gli interessi attivi di tesoreria, per la duplice ragione che i lavori erano finanziati con fondi provenienti dalla Regione e, quindi, depositati su conto corrente infruttifero di tesoreria e che, in generale, non è ravvisabile alcuna relazione tra il danno erariale e la gestione del bilancio dell'ente pubblico (cfr., Sezione II giurisdizionale Centrale, 5 settembre 2001, n. 281/A e 7 maggio 2001, n.161/A; Sezione III giurisdizionale Centrale, 11 maggio 1998, n. 126/A).

 

Né possono essere poste in discussione le modalità di ripartizione, tra i convenuti, del danno risarcibile, atteso che l'attribuzione del beneficio della transazione alla quota di debito più recente costituisce diretta applicazione del principio di cui all'art. 1193, comma 2, c.c., in materia di  imputazione del pagamento.

 

Con riferimento alla voce di danno sub 1. - interessi legali e moratori per il tardivo pagamento del 5° certificato di pagamento e del saldo finale e per ritardato svincolo della fideiussione (corrisposti all'impresa per i lavori di Via Papa Giovanni XXIII, con contratto in data 16 gennaio 1984, rep. n. 118) maturati sino all'8 febbraio 1993 e quantificati in lire 75.828.381 - l'esattezza della ricostruzione dei fatti compiuta dall'organo requirente emerge dal certificato di collaudo redatto dall'Ing. Bruno F. in data 15 aprile 1992.

 

Da esso si rileva che il danno risarcibile è rappresentato dai maggiori oneri sostenuti dall'impresa a causa del ritardo nell'approvazione delle variazioni di spesa al contratto originario e nell'effettuazione delle operazioni di collaudo che, ai sensi dell'art. 12 del Capitolato speciale d'Appalto, doveva avvenire entro il quarto trimestre dalla data di ultimazione dei lavori, ossia entro il 9 settembre 1986, con conseguente slittamento del pagamento del saldo ed aggravio degli oneri fideiussori.

 

Detto ritardo è imputabile, prevalentemente, all'Arch. E. che, in violazione delle norme che disciplinano il suo incarico di D.L. (art. 342 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 20, 21 e 22 del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, dell'art. 119 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827 e dell'art. 13 del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063) è responsabile di aver fatto eseguire lavori in difformità del progetto, per un ammontare superiore al 25% dell'importo originario, senza disporre della prescritta autorizzazione da parte dell'Amministrazione appaltante (perizia di variante). Si è, così, passati dall'importo originario di lire 477.745.650 (ridotto a lire 395.329.500 a seguito di variazione in diminuzione, con deliberazione n. 136 del 1984) a lire 625.646.074, mentre la perizia di variante è stata approvata dall'Amministrazione comunale soltanto con deliberazione n. 195 del 1987 e, dunque, fuori termine. In disparte l'illegittimità della succitata deliberazione (ai sensi degli artt. 342 e 343 della legge n. 2248 del 1865 che escludono l'approvazione in sanatoria della perizia di variante), che non rileva ai fini della decisione, va ricordato che il riconoscimento dei nuovi lavori poteva essere effettuato con apposita deliberazione di variazione di spesa, nella specie adottata dalla stessa Amministrazione comunale per l'appalto di vicolo Staletti (con deliberazione n. 316 del 2 settembre 1990). Per contro, non sarebbe stato possibile riconoscere i nuovi lavori in sede di collaudo, come prefigurato dall'organo requirente, poiché l'art. 103 del R.D. n. 350 del 1895 presuppone l'esistenza di una copertura finanziaria, nella specie insussistente. Per le suesposte considerazioni, il comportamento dilatorio del D.L. costituisce espressa violazione dell'art. 13 del R.D. n. 350 del 1895 - che assegna al D.L. la responsabilità della puntuale esecuzione dei lavori - dovendo egli assumere “la iniziativa di ogni disposizione necessaria, acciocché i lavori, a cui è preposto, siano eseguiti a perfetta regola d'arte, ed in conformità dei relativi progetti e contratti”. Detta omissione ha determinato notevole ritardo nella definizione dei rapporti con l'impresa appaltatrice: dopo quasi tre anni l'ultimazione dei lavori, avvenuta il 9 settembre 1985, sono stati integrati i contenuti contrattuali, con atto di sottomissione stipulato il 20 maggio 1988. Di conseguenza, il certificato di pagamento n. 5 (relativo al 4° SAL) che, ai sensi dell'art. 11 del Capitolato speciale avrebbe dovuto essere emesso al momento di ultimazione dei lavori, è stato emanato soltanto il 18 novembre 1988.  Le predette circostanze sono provate dalla coesistenza di un primo conto finale, redatto il 10 novembre 1986 e da un secondo stato finale, redatto il 27 luglio 1990, recepito nel certificato di collaudo, redatto il 15 aprile 1992, che conferma l'avvenuta conclusione dei lavori in tempo utile e nelle quantità indicate nel secondo conto finale. Né la responsabilità del D.L. può essere esclusa per il fatto che l'incarico professionale dell'E. ha avuto termine nel 1992, mentre il danno erariale è emerso in data 27 novembre 2000, n. 54, con l'approvazione della transazione. Al riguardo, va considerato che l'attività del D.L. costituisce un antecedente causale necessario in ordine alla causazione del danno poiché, in mancanza della predetta censurabile condotta, esso non si sarebbe verificato.

 

 Il danno in questione è addebitato, per il 50% all'Arch. E. e, per la restante parte, al Sindaco Giuseppe B., in carica fino al maggio 1990, all'Assessore all'Urbanistica Pietro T. ed al Segretario comunale Carmelo G., in parti uguali.

 

Ai sensi della normativa vigente (articolo 36, comma 1, e 58 della legge 1990, n. 142 e, in precedenza, art. 173, comma 2, del R.D. 3 marzo 1934, n. 383) il Sindaco B. aveva, infatti, il compito di vigilare sul corretto adempimento delle funzioni da parte del D.L. e del Segretario comunale, avendo la responsabilità della gestione amministrativa del contratto. In rapporto alle funzioni istituzionali da esso espletate, non è appagante, quale giustificazione dell'illecito comportamento, la dichiarazione di non essere a conoscenza del contenzioso pendente con la società “omissis”, considerato che il credito vantato dall'impresa al 9 settembre 1986 (data in cui doveva essere approvato il collaudo) superava i 150.000.000 di lire e che il B., in carica dal 1980 al 1990, ha sottoscritto le varianti e partecipato all'illegittima deliberazione n. 195 del 1987, preordinata all'atto di sottomissione inteso a sanare la situazione debitoria con la “omissis”. L'esimente invocata dal convenuto appare ancor più incredibile se rapportata all'estensione del Comune in cui rivestiva la carica di primo cittadino, essendo pacifica la responsabilità del Sindaco nell'ente di ridotte dimensioni (cfr., Sezione II giurisdizionale Centrale, 10 luglio 2001, n. 244/A).

 

La responsabilità dell'Assessore T. deriva dall'essersi è occupato personalmente della gestione amministrativa del contratto, contrariamente a quanto dichiarato dal medesimo, in mancanza di specifiche responsabilità  assegnate all'Ufficio tecnico, secondo una prassi comune agli enti locali di piccole dimensioni. Detta circostanza, riferita dalla stessa Amministrazione comunale (nota n. 11781 del 20 agosto 2001) è confermata dalla deliberazione di approvazione della censurata deliberazione n. 195 del 1987, nel cui preambolo il T. figura come proponente, tanto più che i lavori contrattualmente previsti (concernenti interventi di “Edilizia residenziale pubblica sovvenzionata”) rientravano pienamente nelle funzioni del proprio assessorato, correttamente qualificato come Urbanistica, e non Lavori pubblici come, erroneamente ritenuto dal convenuto. Né detta responsabilità può essere esclusa in ragione della discrepanza temporale tra la cessazione della carica, avvenuta nel 1995, e la stipulazione della transazione, approvata in data 27 novembre 2000, secondo la tesi fatta propria anche dal B. che, in udienza, ha chiesto lo stralcio degli interessi maturati successivamente alla data di cessazione dall'incarico, nel 1990: al riguardo valgono, per entrambi le motivazioni già esposte per il convenuto E., in materia di  antecedente causale necessario.

 

Con riguardo alla posizione del G., va considerato che anche l'ordinamento previgente (art. 59 del R.D. 12 febbraio 1911, n. 297) assegnava al Segretario comunale una funzione di garanzia in ordine alla legalità delle proposte e delle deliberazioni degli organi politici, prima che la legge n. 142 del 1990, all'art. 53, gli affidasse i pareri di regolarità tecnica, in mancanza dei responsabili dei servizi. Nella specie, egli ha prestato assistenza al Consiglio comunale nell'adozione della deliberazione n. 195 del 1987, nonostante le palesi irregolarità riscontrabili ed, inoltre, seguiva gli adempimenti amministrativi relativi all'esecuzione dei contratti di appalto. Al riguardo, la preminente responsabilità del D.L. non esclude che il ritardato pagamento dei corrispettivi sia imputabile anche alla condotta illecita del convenuto che, peraltro, poteva ben prefigurarsi le conseguenze, in termini di maggiori oneri, della rideterminazione dei contenuti contrattuali con perizia postuma, a distanza di oltre due anni dall'avvenuta ultimazione dei lavori, senza ancora pervenire al collaudo.

 

Con riguardo alla voce di danno sub 2. - interessi legali e moratori corrisposti all'impresa a seguito dei tardivi pagamenti (relativi ai lavori di Vicolo Staletti con contratto in data 12 luglio 1985, rep. n. 146) maturati sino all'8 febbraio 1993 e quantificati in lire 26.202.910 - la descrizione dei fatti contenuta nell'atto di citazione trova riscontro nel verbale di collaudo redatto in data 28 gennaio 1992 dall'Ing. Ignazio B..

 

Da esso emerge che il danno risarcibile è rappresentato dai maggiori oneri sostenuti dall'impresa a causa del ritardo nella redazione della contabilità finale, nell'approvazione del conto finale e nella nomina dei collaudatori.

 

Il danno è riconducibile, in parti uguali, alla condotta illecita dell'arch E., del Sindaco C., deceduto (la cui posizione è stata stralciata), dell'Assessore T. e del Segretario comunale G..

 

Anche in questa fattispecie di danno il D.L. ha agito in violazione delle succitate norme di rango pubblicistico che disciplinano l'incarico da lui ricoperto (legge n. 2248 del 1865, R.D. n. 350 del 1895, D.P.R. n. 1063 del 1962), considerando che egli ha consentito l'esecuzione di lavori nuovi e diversi rispetto a quanto previsto in contratto, con l'aggravante, rispetto all'appalto di Via Papa Giovanni XXIII, che per tali lavori non è stata eseguita una seconda perizia di variante, non consentita per incrementi superiori al 30%. Invero, il contratto originario, di lire 367.529.345 (dopo una prima perizia autorizzata di lire 122.858.765), è stato portato a lire 595.017.733. Tale condotta, di per sé censurabile, ha determinato un ritardo nella redazione del conto finale (15 febbraio 1990) e nella sua approvazione (con deliberazione n. 316 del 2 settembre 1991) nonché nella nomina dei collaudatori (con deliberazione n. 42 del 27 gennaio 1992), tenuto conto che i lavori sono stati ultimati in data 30 settembre 1989.

 

Complessivamente, il verbale di collaudo è stato approvato con sedici mesi di ritardo rispetto alle previsioni contrattuali, con aggravio degli interessi legali e moratori dovuti all'impresa. Considerato che neppure esisteva un problema di copertura finanziaria dei maggiori lavori eseguiti, dal momento che il Comune aveva la necessaria disponibilità in bilancio (effettivamente utilizzata con delibera n. 316 del 1991), il ritardo non appare giustificabile. Di esso sono responsabili, insieme all'Arch E. ed escludendo il Sindaco C., l'Assessore T. e il Segretario G.: entrambi, per le ragioni diffusamente indicate con riferimento alla posta di danno n. 1, hanno svolto una parte importante nella conduzione del rapporto contrattuale di che trattasi, il primo per la responsabilità diretta dei Servizi assunta dagli amministratori locali  e, il secondo, per la funzione di garanzia ad esso assegnata dall'ordinamento, che gli consentiva di assistere il Consiglio nelle deliberazioni da adottare.

 

La voce di danno n. 3. - corrispondente agli interessi corrisposti all'impresa per il periodo dal 1993 al 2000 per lire 6.466.631 - è addebitata al Sindaco Gianbattista M., in carica dal 1995 che, contrariamente a quanto dedotto, non ha adottato i provvedimenti indirizzati alla definizione del contenzioso instauratosi con l'impresa,  come si evince dal mancato riscontro alla richiesta di documentazione avanzata, in data 8 luglio 1996, dal legale del Comune, l'Avv. Mario Benedetti, nonché dall'ulteriore tentativo di rinviare la questione in sede di approvazione della transazione, il 27 novembre 2000.

 

***

 

Acclarata l'illiceità della condotta tenuta dai convenuti nel presente giudizio, causativa del danno erariale sopra indicato, deve essere affermata la connotazione gravemente colposa dei comportamenti descritti.

 

Con riguardo alla posizione dell'Arch. E., la responsabilità - affermata dall'art. 3 del R.D. n. 350 del 1895, attesa la valenza pubblicistica del rapporto intercorrente tra il libero professionista incaricato della direzione dei lavori e l'ente locale - é valutabile in termini di grave negligenza, per palese contrasto con gli obblighi di servizio. E' di tutta evidenza, infatti, che i maggiori lavori, siano stati compiutamente eseguiti dalla società “omissis” su preciso ordine del D.L. il quale non risulta abbia mai contestato all'impresa di pretendere compensi per quantità non previste nei contratti originari (come, invece, avrebbe dovuto fare, ai sensi dell'art. 13 del D.P.R. n. 1063 del 1962, se detti lavori fossero stati eseguiti spontaneamente dall'impresa). Parimenti, è incontestabile che detto censurabile comportamento, riscontrabile nell'esecuzione di entrambi i contratti di appalto di cui è causa, abbia concorso alla ritardata definizione dei rapporti contrattuali con l'impresa, con l'aggravante di aver procrastinato, anche indipendentemente da esso, la predisposizione degli atti che il D.L. era giuridicamente tenuto a redigere entro i termini stabiliti dal Capitolato speciale, con conseguente ulteriore addebito di oneri accessori da parte dell'impresa creditrice. In misura inferiore, hanno concorso alla produzione del danno (costituito dai maggiori oneri determinati con accordo transattivo) gli amministratori (Sindaci pro-tempore e Assessore) e il Segretario comunale, mediante il loro comportamento omissivo - per mancato esercizio dei poteri di direzione, controllo ed impulso (da parte del B., del T. e del G.) - o apertamente dilatorio (da parte del sindaco M.).

 

La violazione degli obblighi di servizio, da parte degli attuali convenuti, appare in tutta la sua gravità se rapportata alle chiare disposizioni (di legge, di capitolato generale e speciale e di contratto) in materia di diritto dell'appaltatore agli interessi legali per ritardato pagamento. Trattasi di norme rigide, che non lasciano spazio a scelte discrezionali la cui consapevolezza non può essere messa in dubbio da parte di soggetti in possesso di una professionalità specifica e di precise responsabilità istituzionali.   Né a diversa conclusione sarebbe possibile pervenire anche qualora, a  tutto concedere, si interpretasse la vicenda in termini di “elasticità” della succitata normativa - assumendo a parametro del comportamento richiesto le  comuni regole di diligenza e perizia - in quanto è sufficiente notare che l'evento lesivo verificatosi (il pagamento dei maggiori oneri) era altamente prevedibile, oltre che evitabile. E', infatti, dimostrato che gli odierni convenuti abbiano adottato un comportamento ingiustificato, in spregio dei diritti dei terzi e, allo stesso tempo, degli interessi dell'ente locale considerando, inoltre, che la ricorrenza statistica dell'evento lesivo concretamente determinato ne aumenta la prevedibilità (cfr., al riguardo, Corte di cassazione, 2 dicembre 1996, n. 10723, secondo cui la consapevolezza degli effetti di un comportamento difforme si deduce anche dalla ripetitività del fatto, in relazione alla particolare fattispecie).

 

                                                                   ***

 

            Determinato in tal modo l'importo del danno inferto alla finanza pubblica, occorre stabilire l'esatto ammontare del nocumento risarcibile, considerato che ricorrono le condizioni previste dagli articoli 52, comma 2, del R.D. n. 1214 del 1934 e 83 del R.D. n. 2440 del 1923, per l'esercizio del potere di riduzione dell'addebito nei confronti degli amministratori comunali (Sindaci pro-tempore e assessore) e del Segretario comunale. L'esercizio in concreto di tale potere è inteso, secondo il prudente apprezzamento del Collegio, a proporzionare il danno risarcibile alla situazione di grave disorganizzazione in cui versava l'ente comunale. Detta circostanza è evidenziata nella relazione del Segretario comunale S. (Valutazione attività anno 1999), da cui si desume la scarsa autonomia dei Servizi comunali, con indubbio appesantimento dell'attività espletata dagli organi di vertice. In considerazione dei riflessi dell'accennata situazione in merito all'esecuzione dei compiti connessi alle funzioni istituzionali espletate dagli amministratori e dal Segretario comunale - con riferimento alle voci di danno sub 1, 2 e 3 - il Collegio ritiene di ridurre l'importo dei rispettivi addebiti nella metà di quanto contestato dalla Procura regionale.

 

In conclusione, per il danno relativo ai lavori di Via Papa Giovanni XXIII (sub 1) devono rispondere: l'Arch. Domenico E. per la somma di euro 19.581,04 (pari a lire 37.914.190), il Sindaco Giuseppe B., l'Assessore Pietro T. e il Segretario comunale Carmelo G. per l'importo, pro capite, di euro 3.263,50 (pari a lire 6.319.031); per il danno relativo ai lavori di Vicolo Staletti (sub 2) devono rispondere: l'Arch. Domenico E. per la somma di euro 3.383,17 (pari a lire 6.550.726), l'Assessore Pietro T. e il Segretario comunale Carmelo G. ciascuno per la somma di euro 1.691,58 (pari a lire 3.275.363); per gli interessi maturati successivamente al 1993 (voce di danno sub 3), il Sindaco Gianbattista M. deve rispondere dell'importo di euro 1669,87 (pari a lire 3.233.315).

 

La condanna alle spese segue la soccombenza.

 

\E[s \E[203s P.Q.M.

 

            La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, definitivamente pronunciando

 

dichiara

 

il difetto di giurisdizione di questa Corte nei confronti della domanda di garanzia proposta contro la “omissisSpA” e

 

condanna

 

Domenico E. al pagamento della somma di euro 22.964,21 (pari a lire 44.464.916, Giuseppe B. al pagamento della somma di euro 3.263,50 (pari a lire 6.319.031), Pietro T. al pagamento della somma di euro 4.955,05 (pari a lire 9.594.394), Carmelo G. al pagamento della somma di euro 4.955,05 (pari a lire 9.594.394), Gianbattista M. al pagamento della somma di euro 1669,87 (pari a lire 3.233.315).

 

Sulle predette somme, comprensive di rivalutazione, saranno corrisposti gli interessi legali dalla data di deposito della presente sentenza al soddisfo.

 

            Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in euro

 

            Così deciso  in Milano, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2002.         

 

L'ESTENSORE                                          IL PRESIDENTE                    

(Dott. Adelisa Corsetti)                             (Dott. Giuseppe NICOLETTI) 

 

Depositata in Segreteria

 

IL DIRIGENTE

 

 

 

 

 

\E[s