inserito in Diritto&Diritti nel luglio 2002

Condizioni e Osservazioni della Commissione ambiente della Camera. La delega al Governo in merito alla Legge Lunardi ottiene il primo consenso. Nonostante il dubbio che l'impostazione del Governo e della maggioranza in materia di infrastrutture si ponga in contrasto con il quadro di riferimento normativo delineato con il nuovo titolo V della Costituzione, apparendo in particolare contraddittoria la previsione di norme che demandano allo Stato una minuziosa disciplina di dettaglio, la VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera, in data 17 luglio 2002 ha posto parere favorevole, con condizioni e osservazioni, allo Schema di decreto legislativo concernente la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale. Atto n. 114. 

A cura di Sonia LAZZINI

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CAMERA DEI DEPUTATI - XIV LEGISLATURA Resoconto della VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) VIII Commissione - Resoconto di mercoledì 17 luglio 2002

ATTI DEL GOVERNO 
Mercoledì 17 luglio 2002. - Presidenza del presidente Pietro ARMANI. - Intervengono il ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri, il viceministro delle infrastrutture e dei trasporti Ugo Martinat e il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio Roberto Tortoli. 

La seduta comincia alle 14.55. 

Schema di decreto legislativo concernente la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale. 
Atto n. 114. 
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni e osservazioni). 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'11 luglio 2002. 

Pietro ARMANI, presidente relatore, ricorda di aver formulato, nella seduta di giovedì 11 luglio 2002, una seconda versione della proposta di parere (vedi allegato 2). Avverte altresì che i deputati Abbondanzieri, Vigni, Realacci, Iannuzzi e Lion, hanno presentato, in data odierna, una proposta alternativa di parere (vedi allegato 2). 

Marisa ABBONDANZIERI (DS-U), nel rinviare, per le considerazioni di merito ai contenuti della proposta alternativa di parere presentata, ribadisce la contrarietà sullo schema di decreto legislativo in esame. 

Tino IANNUZZI (MARGH-U) ribadisce la contrarietà ad uno schema di decreto che, in particolare, configura un'impostazione confusa e contraddittoria in materia di lavori pubblici. Richiama quindi i contenuti della proposta alternativa di parere, frutto di uno sforzo serio ed approfondito volto ad indicare i punti di maggiore criticità contenuti nello schema di decreto, prescindendo da qualsiasi atteggiamento strumentale. Rileva, in particolare, come l'impostazione del Governo e della maggioranza in materia di infrastrutture si ponga in contrasto con il quadro di riferimento normativo delineato con il nuovo titolo V della Costituzione, apparendo in particolare contraddittoria la previsione di norme che demandano allo Stato una minuziosa disciplina di dettaglio. Ribadisce quindi il giudizio negativo sullo schema di decreto in un quadro complessivo di critiche nei confronti della linea che il Governo ha inteso seguire in materia di lavori pubblici. 

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni del relatore. 

Pietro ARMANI, presidente, avverte pertanto che si intende preclusa la proposta alternativa di parere dei deputati Abbondazieri, Vigni, Realacci, Iannuzzi e Lion. 


VIII Commissione - Mercoledì 17 luglio 2002

ALLEGATO 2 


Schema di decreto legislativo concernente la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale (Atto n. 114). 


PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La VIII Commissione, 
esaminato lo schema di decreto legislativo adottato ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, in materia di realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale; 
preso atto che - allo stato della documentazione trasmessa dal Governo - non risulta esservi stata alcuna deliberazione del Consiglio dei Ministri su un testo diverso da quello trasmesso, nonostante che la Conferenza unificata Stato-regioni-città abbia indicato una serie di emendamenti su cui i rappresentanti del Governo avrebbero concordato e abbia ritenuto quindi "acquisiti" tali emendamenti; 
considerato pertanto che, non essendo state integrate nel testo le modifiche indicate, il testo di riferimento è rappresentato da quello approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri in data 3 maggio 2002; 
espresso un giudizio positivo sul complesso del provvedimento, che appare fortemente ispirato a criteri di semplificazione diretti a snellire ed accelerare le procedure di realizzazione delle "grandi opere" sul territorio nazionale; 
fatti propri i rilievi espressi dalla X Commissione (Attività produttive, commercio e turismo) sullo schema di decreto; 
preso atto dei rilievi di ordine finanziario espressi dalla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione); 
rilevato come il punto centrale di rilievo politico dello schema di decreto riguarda il rapporto fra competenze statali e competenze regionali e degli enti locali in materia di opere infrastrutturali strategiche; 
considerato che tale questione, ai fini di una rapida realizzazione delle infrastrutture strategiche, deve essere affrontata nella massima chiarezza e distinzione fra competenze legislative e competenze amministrative, chiarezza che non sempre è rinvenibile negli interventi che si sono avuti - particolarmente da parte delle regioni - a seguito dell'approvazione della legge n. 443 del 2001; 
considerato che - per quanto attiene alle competenze legislative - solo da una lettura parziale e foriera di insanabili contraddizioni del nuovo testo del Titolo V della Costituzione potrebbe ricavarsi che l'attribuzione della competenza legislativa segua solo il criterio della materia, senza alcuna considerazione di principi sovrastanti che presidiano e garantiscono l'unità dell'intero sistema giuridico, fra i quali il principio dell'interesse nazionale, il principio di sussidiarietà, il principio di adeguatezza; 
osservato che lo schema non afferma in misura sufficientemente netta un elemento di distinzione tra opere "di interesse regionale" e opere "di interesse nazionale" (concetto che prescinde evidentemente dalla localizzazione dell'opera stessa) e che su queste ultime deve essere ribadita la implicita ma imprescindibile sussistenza di una competenza normativa esclusiva dello Stato, anche in connessione con il principio di garanzia dell'unità giuridica ed economica del Paese, affermato dall'articolo 120 della Costituzione; 
osservato che, anche al fine di evitare ulteriori incertezze, appare quanto mai necessario un intervento chiarificatore da parte del legislatore - ed eventualmente anche una riforma dello stesso articolo 117 della Costituzione - che affermi in modo non equivoco che la normativa sui lavori pubblici (e in modo particolare sui lavori pubblici di grandi dimensioni e di importo superiore alle soglie definite dalle direttive comunitarie) è finalizzata principalmente a garantire condizioni di concorrenza nel mercato e a dare attuazione - sotto questo particolare profilo - alle norme comunitarie; 
considerato che per le opere pubbliche per le quali esistono esigenze di un esercizio unitario a livello statale, la Costituzione consente allo Stato di riservare con legge a sé stesso le relative funzioni amministrative, e quindi la realizzazione delle opere; 
considerato che sul piano delle competenze amministrative, il nuovo testo della Costituzione non prevede alcuna riserva a favore delle regioni, ma assegna invece - in prima istanza - ai comuni tali funzioni, facendo comunque riferimento ai principi generali di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza; 
considerato che, per la realizzazione delle grandi infrastrutture strategiche, il principio generale di adeguatezza dell'azione amministrativa esige in modo palese che il soggetto responsabile dell'attività amministrativa sia anche quello in grado di garantire la massima unitarietà di indirizzi e la massima efficacia operativa, e cioè, evidentemente, che tale soggetto sia lo Stato, in quanto responsabile della guida della politica economica e finanziaria del Paese; 
valutata positivamente l'anticipazione della valutazione di impatto ambientale alla fase preliminare della progettazione; 
osservato che la procedura speciale prevista in caso di localizzazione in dissenso di regioni o province autonome non appare lesiva di prerogative regionali e non costituisce, peraltro, una novità rispetto alla legislazione vigente (si veda, in proposito, l'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977); 
rilevato che le disposizioni sulle "interferenze" di cui all'articolo 5 potrebbero essere trasferite anche nella disciplina ordinaria della conferenza di servizi disciplinata dalla legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni; 
preso atto che, al comma 5 dell'articolo 3, si prevede impropriamente che lo schema di decreto con cui si procede all'approvazione del progetto sia sottoposto al parere delle "Commissioni Parlamentari per gli Affari Regionali", anziché della Commissione parlamentare per le questioni regionali ovvero delle commissioni parlamentari competenti delle due Camere; 
considerata l'opportunità di alcune specificazioni di carattere tecnico con riferimento, in particolare, agli articoli 3 e 4 dello schema di decreto; 
valutate positivamente le disposizioni che disciplinano il rapporto concessorio e, in particolare, la disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 7, in cui la figura del concessionario è vista come il soggetto che assume a proprio carico il rischio di gestione dell'opera; 
ritenuto fondamentale l'articolo 8, che reca una disciplina speciale relativa alle procedure per la realizzazione di opere in project financing; 
considerato inoltre che uno dei punti maggiormente caratterizzanti lo schema di decreto è rappresentato dall'obiettivo di introdurre, anche nel sistema italiano, la disciplina giuridica della figura del contraente generale (general contractor) come soggetto che può intervenire nella realizzazione di lavori pubblici;
rilevato peraltro che nella legge delega, allo scopo di controbilanciare l'ampia facoltà di ricorso al general contractor, era stato introdotto uno specifico criterio di delega (articolo 1, comma 2, lettera i) della legge n. 443) volto a garantire a tutte le imprese, anche minori - coinvolte, anche indirettamente, nel sistema generale dei lavori pubblici - un quadro di condizioni giuridiche ed economiche di trasparenza e che il comma 9 dell'articolo 9 - in materia di adempimento da parte del contraente generale degli obblighi contrattuali assunti nei confronti dei propri affidatari - è da porre in correlazione con il suddetto criterio di delega; 
osservato inoltre che all'articolo 9, comma 12, si dispone che il soggetto aggiudicatore garantisca - nei limiti del proprio debito verso il contraente generale - il pagamento delle obbligazioni da questi emesse e che non appare chiaro, in proposito, se la garanzia - da parte del soggetto aggiudicatore - delle obbligazioni emesse dal general contractor sia operativa sin dall'emissione dell'obbligazione stessa ovvero se la garanzia sia operativa solo a partire dal sorgere del debito, e quindi solo una volta realizzata l'opera e consegnata al soggetto aggiudicatore; 
rilevato che, all'articolo 10, comma 3, in merito alle procedure di aggiudicazione, sussiste il rischio che non produca gli effetti sperati la disposizione che prevede la facoltà, per i soggetti aggiudicatori, di indicare nei bandi di gara il numero minimo e massimo di concorrenti che verranno invitati a presentare offerte; 
considerato con favore che, all'articolo 14, in materia di tutela processuale, il Governo non si sia avvalso della possibilità di limitare gli effetti della sospensiva al solo pagamento della provvisionale, come invece contemplato dall'articolo 1, comma 2, lettera n), della legge n. 443 del 2001; 
rilevato altresì che, al medesimo articolo 14, in materia di tutela risarcitoria, particolarmente rilevante ai fini della speditezza delle procedure per la realizzazione delle opere, è opportunamente introdotta una disposizione conforme a quanto stabilito dall'articolo 2, paragrafo 6, della direttiva 89/665/CEE, sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori; 
osservato che la legge n. 443 del 2001, nel definire l'oggetto stesso della delega, richiama non soltanto le procedure per la valutazione di impatto ambientale, ma anche, limitatamente a determinate opere strategiche (che appaiono essere costituite dai soli insediamenti produttivi), l'autorizzazione ambientale integrata e che, invece, in nessuno degli articoli si fa riferimento alla stessa autorizzazione ambientale integrata; 
rilevato a tale riguardo che il testo prevede che la valutazione ambientale debba essere effettuata per ogni singolo progetto di intervento, anche quando più progetti incidono su una stessa area; 
osservato che un aspetto problematico è costituito dalla mancata previsione, tra le norme transitorie, di una disposizione che disciplini i casi di opere suddivise in più "lotti", una parte dei quali siano già assoggettati a procedure di VIA sulla base di leggi regionali, e la restante parte dei quali siano invece da sottoporre alle procedure di VIA a livello nazionale, secondo quanto stabilito dallo schema di decreto in esame; 
rilevata infine la contraddittorietà fra la rubrica dell'articolo 21, che specifica che gli interventi in oggetto sono "non compresi" nel programma, ed il comma 1 dell'articolo 17 che - introducendo il Capo II, di cui l'articolo 21 fa parte - , ne limita il campo di applicazione alle Infrastrutture ed agli Insediamenti Produttivi (cioè ad interventi comunque compresi nel programma annuale di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001) e preso atto, al riguardo, dei rilievi espressi dalla X Commissione; 
esprime 


PARERE FAVOREVOLE 

con le seguenti condizioni: 
a) siano apportate le opportune e necessarie modifiche all'articolo 1, comma 4 e alle altre parti dello schema di decreto in cui - in modo poco chiaro - permane un equivoco circa la sussistenza di pretese competenze legislative delle regioni in un ambito - la progettazione, l'iter autorizzativo, il finanziamento, la realizzazione e il collaudo di grandi infrastrutture strategiche - che esige, invece, un coerente e unitario quadro normativo di fonte statale; 
b) all'articolo 1, sia chiaramente affermata - nell'ambito delle definizioni di carattere generale - la competenza amministrativa dello Stato per la realizzazione delle opere infrastrutturali di rilievo nazionale inserite nel programma di cui all'articolo 1 della legge n. 443 del 2001, in quanto unica soluzione coerente con i principi di sussidiarietà ed adeguatezza sanciti dall'articolo 118 della Costituzione; 
c) con riferimento all'articolo 3, sia valutata l'opportunità che, per rendere il più possibile completa e definitiva la valutazione di impatto ambientale nella fase preliminare, alcune delle soluzioni tecniche caratteristiche della progettazione esecutiva siano anticipate anch'esse - ove possibile - alla progettazione preliminare, pur mantenendo alcuni eventuali margini di flessibilità nella progettazione esecutiva; 
d) sia corretta l'imprecisione di cui all'articolo 3, comma 5, nel senso di chiarire se la disposizione intende fare riferimento alla Commissione parlamentare per le questioni regionali (organo bicamerale costituito ai sensi dell'articolo 126 della Costituzione), come appare preferibile, ovvero se la disposizione intenda fare riferimento alle commissioni parlamentari competenti per materia di ciascuna Camera; 
e) all'articolo 3, comma 6, sia precisato, in relazione all'accertamento della compatibilità ambientale dell'opera, che è fatto salvo quanto previsto dal successivo articolo 18, comma 6, che prevede una particolare procedura per l'adozione del provvedimento di compatibilità ambientale; 
f) all'articolo 3, comma 7, appare necessario, al fine di non determinare ritardi nei tempi di attuazione, stabilire che la Soprintendenza per le ricerche archeologiche è responsabile dello svolgimento tempestivo delle ricerche archeologiche stesse; 
g) all'articolo 4, comma 5, appare indispensabile chiarire la formulazione della disposizione, poiché non si comprende, dall'attuale stesura del testo, come l'adeguamento dei piani urbanistici possa avvenire "a mezzo del soggetto aggiudicatore o concessionario"; 
h) in coerenza con quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera i) della legge n. 443 del 2001, che prevede che il decreto delegato individui "adeguate misure atte a valutare, ai fini di una migliore realizzazione dell'opera, il regolare assolvimento degli obblighi assunti dal contraente generale nei confronti dei terzi ai quali abbia affidato l'esecuzione di proprie prestazioni", sia integrato il contenuto del comma 9 dell'articolo 9 dello schema di decreto, che attualmente si limita a disporre che il soggetto aggiudicatore verifichi periodicamente il regolare adempimento degli obblighi contrattuali del contraente generale verso i propri affidatari, applicando le sanzioni previste dal contratto e che pertanto, nella sostanza, fa semplicemente un rinvio al contratto che di volta in volta disciplina il rapporto tra soggetto aggiudicatore e general contractor; 
i) all'articolo 9, comma 12, che dispone che il soggetto aggiudicatore garantisca - nei limiti del proprio debito verso il contraente generale - il pagamento delle obbligazioni da questi emesse, sia chiarito se la garanzia - da parte del soggetto aggiudicatore - delle obbligazioni emesse dal general contractor sarà operativa sin dall'emissione dell'obbligazione stessa ovvero se tale garanzia sarà operativa solo a partire dal sorgere del debito, e quindi solo una volta realizzata l'opera e consegnata al soggetto aggiudicatore. In questa seconda ipotesi, che appare essere l'unica compatibile con il criterio di delega di cui all'articolo 1, comma 2, lettera f) della legge n. 443 del 2001, il testo dovrebbe peraltro recare una esplicita specificazione in tal senso, anche in considerazione del fatto che lo stesso comma rinvia ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità di operatività della suddetta garanzia; 
l) all'articolo 16, sia espressamente prevista una norma di natura transitoria, che stabilisca che, nel caso in cui opere inserite nel programma siano oggetto, al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo, di procedure di attestazione della compatibilità ambientale sulla base di normative statali o regionali relativamente a "lotti" o "parti" di tali opere, i soggetti attuatori degli interventi possano optare per l'avvio unitario, per tutta l'opera, della procedura di attestazione della compatibilità ambientale disciplinata dallo schema di decreto in esame; 
m) in conformità ai rilievi espressi dalla X Commissione, siano soppresse le disposizioni recate dall'articolo 21 e dal Capo III dello schema di decreto legislativo, nel presupposto che per la realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica e degli altri interventi necessari ai fini dell'approvvigionamento energetico siano da ritenersi applicabili le disposizioni generali recate dallo schema di decreto medesimo in relazione alla realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale; 
e con le seguenti osservazioni: 
1. in merito alla disciplina della valutazione di impatto ambientale, andrebbe valutata l'opportunità di prevedere che, qualora più progetti infrastrutturali ricadano su una medesima area, sia possibile effettuare una valutazione d'impatto unitaria per l'intera area interessata dagli interventi; 
2. all'articolo 3, comma 3, andrebbe esplicitato che, tra le opere connesse da includere nel progetto preliminare ai fini della VIA, rientrano i cantieri; 
3. all'articolo 3, comma 5, andrebbe esplicitamente previsto, ai fini della certezza della deliberazione del CIPE, che le regioni si pronuncino anche nel caso in cui non si esprimano tempestivamente i comuni nel cui territorio si realizza l'opera; 
4. all'articolo 3, comma 6, al fine di garantire la completezza dell'ambito di applicazione della disposizione, potrebbe valutarsi l'opportunità di inserire, dopo le parole "strumenti urbanistici vigenti", anche le parole "o adottati"; 
5. all'articolo 7, comma 5, per ragioni di chiarezza di formulazione, si valuti l'opportunità di precisare che la disciplina ivi richiamata si applica "anche" alle concessioni già affidate; 
6. all'articolo 10, comma 3, in merito alle procedure di aggiudicazione, sia verificata la possibilità di eliminare la facoltà per i soggetti aggiudicatori di indicare, nei bandi di gara, il numero minimo e massimo di concorrenti che verranno invitati a presentare offerte; 
7. andrebbe altresì valutata l'opportunità che, all'articolo 14, proprio in ragione del pieno rispetto dato alla normativa comunitaria in attuazione dei principi di delega, sia inserito un esplicito richiamo di conformità a quanto previsto dall'articolo 2, paragrafo 6, della direttiva 89/665/CEE, sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori; 
8. all'articolo 17, appare infine opportuno che le disposizioni normative siano idonee a dare concreta attuazione alla direttiva 96/61/CE, relativa alla procedura di autorizzazione ambientale integrata, per quanto concerne i settori direttamente interessati dalla direttiva medesima.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAI DEPUTATI ABBONDANZIERI, VIGNI, REALACCI, IANNUZZI E LION
La Commissione VIII, 
esaminato lo Schema di decreto legislativo concernente la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale; 
considerato che: 
è indiscutibile la necessità di dotare il Paese di una più moderna ed adeguata rete infrastrutturale, così come è necessario snellire le procedure ed accelerare i tempi per la realizzazione delle opere pubbliche; i provvedimenti assunti dal Governo nel corso del suo primo anno di attività non hanno tuttavia prodotto alcun risultato (le uniche opere in corso di realizzazione sono quelle già avviate dal precedente Governo) ed hanno al tempo stesso affrontato in modo confuso, contraddittorio, sbagliato e regressivo il tema delle regole per la realizzazione delle opere pubbliche; 
non appare condivisibile la scelta operata con legge n. 433/2001 che dà vita, di fatto, a due diversi sistemi di regole per la realizzazione di infrastrutture, uno per le cosiddette grandi opere, l'altro per le opere ordinarie; 
la legge n. 433/2001 è caratterizzata da un centralismo senza precedenti che viola competenze delle regioni e degli Enti Locali e che in particolare, per quanto riguarda la localizzazione delle opere, anziché accelerarne la realizzazione rischia di rallentarla poiché non tiene nella dovuta considerazione l'articolazione dello Stato e i poteri degli enti locali; 
la legge n. 433/2001 ed il decreto legislativo all'esame producono di fatto un restringimento del mercato a favore di poche grandi imprese, con ripercussioni negative al sistema delle medie e piccole imprese; al tempo stesso producono il rischio di una perdita di controllo sulla qualità e sui costi delle opere pubbliche; 
non esiste un chiaro, complessivo e condivisibile quadro di programmazione: il lunghissimo elenco delle cosiddette grandi opere contenuto nella delibera CIPE 21 dicembre 2001 n. 121 modifica e contraddice gli indirizzi del Piano Generale dei Trasporti, in particolare per quanto riguarda il riequilibrio tra le diverse modalità di trasporto e la sostenibilità ambientale, e non prevede adeguati investimenti per la difesa del suolo e le reti idriche; 
vi è un divario enorme tra gli impegni finanziari previsti e le risorse effettivamente disponibili; vi è inoltre il rischio che gli investimenti per le cosiddette grandi opere siano sostitutive, e non aggiuntive rispetto a quelli per le opere "minori" di cui il Paese ha altrettanto bisogno; 
la ricerca di risorse aggiuntive, in sé del tutto condivisibile, ha portato alla istituzione della società "Infrastrutture Spa", che in assenza di radicali correzioni, rischia di produrre un indebitamento occulto nel bilancio dello Stato, e di operare in condizioni non trasparenti ed imparziali di mercato; 
la legge n. 443/2001 ed il conseguente decreto legislativo, come rileva la Corte dei conti, "solleva gravi problematiche in ordine alla compatibilità con la normativa comunitaria, con le disposizioni di cui al nuovo testo del Titolo V della Costituzione e con le norme poste a tutela della concorrenza nel mercato"; 
sulla legge n. 433/2001 l'Unione europea ha avviato una indagine per verificare la legittimità di affidamenti a terzi senza gara da parte del general contractor e dell'obbligo di risarcire aggiudicazioni illegittime solo con indennizzi senza possibilità di reintegrazione in forma specifica nell'appalto, con una grave riduzione dell'ambito della tutela giurisdizionale, in violazione anche dell'articolo 113, comma secondo, della Costituzione; 
contro la legge n. 433/2001 diverse regioni hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale contestando l'eccesso di centralismo e la violazione di principi Costituzionali; 
considerato che: 
il quadro normativo della legge n. 443/2001 in corso di modifica con l'A.C. 2032-B, non ancora approvato, avrebbe suggerito l'emanazione del decreto legislativo in una fase successiva, stante le incongruenze e le sovrapposizioni che si verranno a creare; 


l'intesa politica con le regioni ha portato alla definizione di un elenco di circa 300 opere strategiche oggi contenute nella delibera CIPE del 21 dicembre 2001 n. 121 e l'intesa istituzionale contemplata nella legge n. 443/2001 come modificata dall'A.C. 2032-B, non sembra risolvere i rischi di sovrapposizione e di contenziosi; 
allo stato della documentazione trasmessa dal Governo, non risulta esservi stata alcuna deliberazione del Consiglio dei ministri su un testo diverso da quello presentato, nonostante che la Conferenza unificata Stato regioni-città abbia indicato una serie di emendamenti su cui i rappresentanti del Governo avrebbero concordato, con conseguente modifica dello schema di decreto; 
il decreto legislativo mantiene ancora aperto "il conflitto" istituzionale con le regioni e gli enti locali, che hanno un'ampia autonomia legislativa e amministrativa nelle materie del governo del territorio. C'è il rischio che l'azione amministrativa descritta nel provvedimento in questione porti a una confusione di ruoli in merito al governo del territorio, non raggiunga l'obiettivo di accelerazione e snellimento delle procedure, crei conflitti non facilmente gestibili; 
il quadro finanziario non è affatto certo e definito nelle sue disponibilità e risulta in ogni caso inadeguato rispetto alle previsioni programmatiche. Esistono sovrapposizioni tra opere cosiddette di "emergenza", opere cosiddette "prioritarie", opere in elenco per accedere alle procedure semplificate, se non addirittura ricomprese nel piano triennale ANAS (2002-2004). Tale fatto potrebbe portare ad una situazione totalmente fuori controllo sul piano amministrativo e finanziario; 
lo schema non afferma, in misura sufficientemente netta, la distinzione tra opere "di interesse regionale" ed opere "di interesse nazionale" e non tiene conto delle innovazioni introdotte con il decreto legislativo n. 112/1998 e con la modifica del titolo V della Costituzione; 
considerato che: 
va considerato che il Capo III del decreto legislativo stabilisce che tutte le decisioni relative agli insediamenti produttivi e al sistema elettrico siano di competenza statale, quando invece sul piano Costituzionale e sul piano normativo le competenze appartengono alle regioni e agli enti locali. 
È opportuno dunque che siano stralciati gli interventi destinati all'approvvigionamento energetico ovvero il Capo III così come richiesto dalle regioni, anche perché in contrasto con la legge n. 55/2002. È condivisibile il parere espresso a tal proposito dalla X Commissione. 
Considerato che, in particolare, non appaiono condivisibili: 
l'articolo 3, comma 5 del decreto legislativo, perché stabilisce che il progetto preliminare non è sottoposto a CDS, impedendo agli enti locali di avere voce in capitolo su una decisone che, come stabilito all'articolo 3 comma 6 del decreto legislativo "perfeziona, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l'intesa Stato-regione", ed indebolendo il ruolo essenziale della Conferenza di servizi;
l'articolo 3, comma 6 perché stabilisce che gli enti locali "provvedono alle occorrenti misure di salvaguardia delle aree impegnate e delle eventuali, relative fasce di rispetto"; 
l'articolo 3 nonché gli articoli 4, 13 e da 17 a 20 (questi ultimi costituenti il Capo II) perché sembrano mancare di ogni riferimento al caso in cui un'opera qualsiasi ricada sotto obbligo di V.I.A. di competenza regionale, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 e relativi allegati (e successive leggi regionali di attuazione). La lacuna sembra grave, e apre numerosi ulteriori rischi di contenzioso; 
l'articolo 4, comma 5 del provvedimento in questione, perché stabilisce che gli enti locali adeguino in via definitiva gli elaborati urbanistici di competenza, provvedendo a questo compito "a mezzo del soggetto aggiudicatore o del concessionario", tralasciando di considerare che ogni comune ha la competenza generale e prioritaria in tema di assetto urbanistico del proprio territorio; 
considerato che: 
il decreto legislativo in questione peggiora quanto già previsto all'articolo 1, comma 2 lettera e) della legge n. 443/2001, descrivendo un nuovo sistema di valutazioni tecniche, deroghe ed eccezioni, cioè il regime entro il quale, d'ora in poi, dovrà svilupparsi la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale; 
la prevista procedura di VIA di fatto disattiva il quadro normativo esistente in materia, e che le valutazioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e del CIPE diventano prioritarie e comportano di fatto il superamento delle competenze e del ruolo del Ministero dell'ambiente e del Ministero dei beni culturali tantè che la prevista Commissione speciale di valutazione d'impatto ambientale (articolo 19 comma 2) istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sembra sostituire quella esistente e quindi non far capo al Ministero dell'ambiente; la stessa è esclusa da qualsiasi valutazione relativa alle attività di cantiere, che anzi dovrebbero essere incluse nel progetto preliminare ai fini della VIA; 
il 27 giugno 2001 la Commissione europea ha approvato la Direttiva 2001/42/CE che concerne la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente e che si pone l'obiettivo di tenere conto già nella fase di pianificazione delle condizioni di sostenibilità ambientale (articolo 1), la cosiddetta Valutazione Ambientale Strategica, che il decreto legislativo tralascia in maniera inopportuna; 
considerato che: 
il decreto legislativo pone al centro dei lavori pubblici le figure del Concessionario e del Contraente Generale, cui la Pubblica amministrazione si affida quasi completamente, derogando dai propri poteri e dalle proprie funzioni. 
Per il Concessionario si dilata a dismisura la soglia massima del contributo pubblico, vengono sottratti alla disciplina della legge n. 109/1994 i rapporti tra il concessionario e i terzi, si abusa della trattativa privata, si deregolamentano le varianti in corso d'opera; 
per il Contraente Generale si consente che si operi al di fuori delle disposizioni della legge n. 109/1994 sulla trattativa privata, sulle varianti in corso d'opera, e sulle variante così dette a freddo, si dilata in maniera abnorme la sfera di responsabilità onerosa della Pubblica Amministrazione sulle varianti in corso d'opera, vengono sottratti i rapporti tra Contraente Generale e i terzi dalla disciplina di carattere pubblicistico, si favoriscono posizioni dominanti e privilegiate tali da provocare effetti di distorsione del principio di concorrenza, si configura una Pubblica Amministrazione con funzioni di soggetto erogatore di finanziamenti pubblici con sempre più scarsi poteri di indirizzo, vigilanza e controllo; 
in particolare l'articolo 7 comma 2 del decreto legislativo in questione modifica 
l'articolo 19, comma 2 e comma 2-bis della legge n. 109/1994, andando a incidere pesantemente sulla concessione di costruzione e gestione. Questo articolo propone cambiamenti che vanno a tutto vantaggio delle società concessionarie (in specie quelle autostradali, ma non solo), traducendosi in una diminuzione del rischio per i privati e in un aumento degli oneri a carico della pubblica amministrazione. 
Si ricorda che cambiamenti come quelli previsti nel decreto legislativo al regime delle Concessioni definito dalla legge n. 109/1994, secondo quanto previsto nell'A.C. 2032-B, non dovrebbero essere applicabili alle concessioni già in atto; 
considerato che: 
in particolare, per quanto riguarda l'articolo 7 (Concessione): 
non è condivisibile la disposizione che stabilisce la possibilità che il concessionario, nella veste di committente, per la quota di lavori da assegnare a terzi applichi, secondo una generica disposizione di rinvio, "le norme regolanti gli appalti del concessionario di cui alla direttiva CEE 14 giugno 1993, n. 93/37". 
Infatti risulta in itinere e prossima alla definitiva emanazione altra disposizione, contenuta all'articolo 7, comma 1, lettera a) del cosiddetto collegato infrastrutture (attualmente A.C. 2032-B), in seno alla quale si stabilisce che il regime degli appalti dei concessionari - quale portato da una nuova formulazione dell'articolo 2, comma 3, della legge 26 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici, sia definito in questi termini "Ai concessionari di lavori pubblici si applicano le sole disposizioni della presente legge in materia di pubblicità dei bandi di gare e termini per concorrere, secondo quanto previsto per gli appalti a terzi dalla direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, nonché in materia di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici". 
Infatti la stessa direttiva CEE 37/93 citata stabilisce detto regime solo nel caso di concessionari cosiddetti privati; prevedendo, nel caso di concessionari-organismi di diritto pubblico che la propria applicazione sia integrale (articolo 1-3). 
Inoltre, a prescindere dalla natura del concessionario, le stesse norme Ue citate stabiliscono che in caso di concessione sovvenzionato con fondi pubblici o per oltre il 50 per cento del corrispettivo del concessionario, in ogni caso debbono applicarsi integralmente le stesse norme della direttiva comunitaria in parola: ciò che nella realtà potrebbe avvenire molto frequentemente, considerato che la disposizione in esame consente - al fine di ampliare l'utilizzo dello strumento concessorio - che, al di là ed accanto ai proventi derivanti dalla gestione della concessione, possa affiancarsi un prezzo per oltre il 50 per cento del globale compenso stabilito per il concessionario, variando l'originario previsto dalla legge n. 109/94 citata. 
Non è chi non veda come, poi, l'indiscriminato e non consentito ricorso a criteri di aggiudicazione che non siano quelli portati dalla normativa comunitaria - laddove sia prescritto debbano essere osservati, come riepilogato, conduca ad uno sfasamento del mercato, comprimendo una sana concorrenza. 
Quanto sopra, con travolgimento della lineare e generale applicazione dell'articolo 41 della Costituzione e delle norme sul trattato CE pertinenti la parità di trattamento, i principi di trasparenza, di tutela dei diritti fondamentali anche per quanto a tutela degli appaltatori dei lavori di concessione, nonché delle norme del trattato CE secondo il principio del mutuo riconoscimento e quello di proporzionalità delle disposizioni di genesi UE, che regolano i rapporti tra gli Stati membri anche in relazione al trattamento riservato reciprocamente ai rispettivi e singoli operatori in ciascuno di essi (articoli 43 e seguenti trattato CE). 
Inoltre il costo delle opere riconosciuto agli affidatari del concessionario non potrà ritenersi in linea di principio giusto, a tutela anche ed anzitutto del migliore soddisfacimento dei pubblici interessi sottesi dall'investimento per l'infrastruttura di cui trattasi, con evidente detrimento invece degli stessi obiettivi pubblicistici. 
E questo, evidentemente al di là dei correttivi pur utilizzabili nell'ambito dei singoli contratti di concessione tra concedente e concessionario e delle disposizioni speciali in termini di tariffe regolanti i vari settori, in rilievo per l'applicazione dell'istituto in parola. 
Considerato che: 
per quanto riguarda l'articolo 9 (Affidamento a contraente generale): 
Per quanto attinente il regime delle varianti risulta impropriamente consentito che l'importo del contratto possa aumentare e, peraltro, in termini rilevanti con variazioni al progetto, immediatamente a seguire rispetto all'espletamento della procedura concorsuale, ritenuto che il costo di cui trattasi possa incrementarsi per "errori od omissioni del progetto". 
Trattasi di una cosiddetta variante "a freddo", con la previsione della quale si mina alla base, la par condicio tra i concorrenti, stabilendosi l'incremento in questione a competizione tra imprese oramai chiusa. 
Se pertanto da un lato è opportuno che si mantengano le varianti per errori od omissioni progettuali, contestualmente è necessario che non ne venga previsto e legittimato il corrispondente aumento del prezzo delle opere: ammontare che invece deve restare a carico del general contractor, il quale, per l'appunto, provvede alla progettazione di cui è altresì responsabile. 
D'altro canto la previsione che si critica - in ordine alla variazione del prezzo di variante supposta da detta tipologia di varianti - risulta in contrasto con la successiva previsione di cui alla lettera b) del comma 5 dell'articolo in commento, ove è anche previsto: 
"una volta definito ed approvato il progetto redatto dal Contraente generale restano a carico dello stesso le eventuali, ulteriori varianti necessarie ad emendare i vizi o integrare le omissioni del progetto medesimo ...". 

Parimenti da eliminare sarebbe la previsione delle "varianti richieste" dal "soggetto aggiudicatore", laddove introducano elementi di diatriba e/o contenzioso tra general contractor e committente, tali da ritardare o rendere difficoltosa o, comunque, appesantire una scorrevole esecuzione dei lavori. 
Risultano da ridefinire inoltre caratteristiche e qualifiche del g.c., per quanto attinenti le corrispondenti competenze, in ordine alle attività di progettazione, ritenuto che la relativa qualificazione è stabilita unicamente nei termini propri previsti per gli appaltatori dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34: è evidente la carenza, considerato che l'attività di progettazione è centrale nel g.c. 
Risulta così disegnato in termini tardivi l'incombente di cui all'articolo 15, comma 3, lettera d) del decreto delegato in argomento, dove si prevede che "in particolare, con uno o più regolamenti, potrà essere disciplinata la istituzione di un sistema di qualificazione dei contraenti generali". 
Insomma si evidenza un decisivo ed insanabile controsenso nell'emanare una normativa e prevedere solo in futuro le modalità del relativo funzionamento ed applicazione, che, invece, avrebbero dovuto essere disciplinate con il decreto delegato. 
Ulteriore e centrale discorso meritano i lavori del g.c., per i quali è stabilito che possano essere eseguiti tramite terzi - pre-individuati in sede di gara - secondo una quota non inferiore al 30 per cento, contemporaneamente prevedendosi che a siffatti affidamenti non si applichi l'articolo 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55 - normativa sul subappalto; e che i terzi affidatari possano subaffidare i relativi lavori nei limiti ed alle condizioni di cui alla stessa normativa. 
In tal modo, infatti, la normativa sul subappalto è immotivatamente ed inopportunamente derogata, nella parte in cui vieta il cosiddetto "subappalto a cascata", stabilito, in seno alla complessiva legislazione antimafia (legge citata), per evitare molteplici ed eccessivi passaggi di lavori e corrispettivi tali da consentire - al di là delle verifiche di ordine pubblico - potenziali infiltrazioni della delinquenza organizzata, venute in evidenza anche nelle scorse settimane. 
D'altronde è evidente come, in sostanza, gli affidamenti del g.c. già costituiscano subappalto, tant'è che le imprese che eseguono una quota dei lavori assegnati al g.c. debbano essere preventivamente indicate in sede di gara (come è appunto stabilito per i subappalti, dalla legislazione citata). 
Inoltre - ed è questo un altro punto delicatissimo - non applicandosi all'affidamento di lavori a terzi da parte del g.c. la normativa sul subappalto si violano le norme sulla libertà di iniziativa economica e regolanti le attività in generale degli operatori economici in sede comunitaria, già sopra viste e discendenti dalla costituzione e dal trattato CE. 
Infatti il corrispettivo degli affidatari del g.c. non è predefinibile in un delta come è posto in termini garantisti dalla detta normativa sul subappalto, ma lasciato alla contrattazione, che vede evidentemente in una posizione dominante lo stesso g.c. rispetto ai propri appaltatori affidatari. 
Il tutto, anche ed anzitutto, a cospicuo ed oggettivo detrimento del migliore e più congruente soddisfacimento dei pubblici interessi sottesi dalla realizzazione delle infrastrutture, di cui, volta, a volta trattasi, e, per di più, per notevolissime dimensioni e valore. 
Prova ne sia che il prezzo corrisposto al g.c. è quello discendente da una competizione concorsuale, e pertanto, per principio, è l'importo stabilito dal mercato: il corrispettivo, invece, praticato/imposto ai propri affidatari, dal g.c., è in sostanza rimesso al suo arbitrio ed alla sua supremazia; pertanto, il corrispettivo imposto dal g.c. non può ritenersi asetticamente - ancora una volta, come dovrebbe essere - quello fissato dal mercato, detratti gli oneri di organizzazione e rischio complessivi da riconoscersi invece al g.c.. 
Ed in effetti l'articolo 1, comma 1, lettera i), della legge n. 433/2001 aveva stabilito che il Governo emanasse decreti legislativi volti altresì a determinare: 
"individuazione di adeguate misure atte a valutare, ai fini di una migliore realizzazione dell'opera, il regolare assolvimento degli obblighi assunti dal contraente generale nei confronti di terzi ai quali abbia affidato l'esecuzione di proprie prestazioni". 

Mentre invece il comma 9, dell'articolo 9, del presente schema di decreto, si limita del tutto riduttivamente a stabilire: 
"Il soggetto aggiudicatore verifica periodicamente il regolare adempimento degli obblighi contrattuali del contraente generale verso i propri affidatari applicando le sanzioni allo scopo previste nel contratto"; 
per quanto riguarda il comma 12 sarebbe quantomeno opportuno precisare che le modalità di garanzia, da parte del soggetto aggiudicatore, delle obbligazioni che il g.c. può emettere per autofinanziarsi, e da stabilirsi con decreto del Ministro dell'economia e di quello delle infrastrutture, individuino un momento di operatività della garanzia stessa in corrispondenza al sorgere (e cioè alla maturazione) del credito del corrispettivo da parte del g.c., una volta eseguite le opere. Altrimenti la garanzia de qua si traduce in un'assunzione di rischio assoluto da parte del committente, a fronte di un totale (ancora) non eseguito; 
esprime 


PARERE CONTRARIO.