inserito in Diritto&Diritti nel maggio 2002

Il Consiglio Nazionale dei Geometri contro il regolamento della Merloni. Anche il Consiglio di Stato considera tardivo il ricorso

A cura di Sonia LAZZINI

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Nel sentenza di primo grado erano stati impugnati gli articoli 127 - Sicurezza nei Cantieri, 151 - Camera Arbitrale e 188 - Nomina del collaudatore del D.p.r. 554/99, poiché il ricorso era stato considerato tardivo (non impugnato nei 60 giorni dalla data di pubblicazione in gazzetta ma da quella di entrata in vigore), i giudici del Tar del Lazio (TAR del Lazio, sede di Roma (Sezione III), 27 febbraio 2001, n. 1481) non si sono nemmeno espressi nel merito delle doglianze.
Il primo rigetto si è basato sull'assunto che le norme regolamentari, avendo natura generale ed astratta, vanno impugnate assieme all'atto applicativo, che radica la lesione degli interessi legittimi di cui sono portatori i destinatari delle stesse. Quando, per converso, queste ultime, per il loro carattere specifico e corretto, risultino idonee ad incidere direttamente nella sfera degli amministrati, siano essi soggetti singoli o enti esponenziali di interessi collettivi o diffusi, sorga l'onere di immediata impugnazione.
Soccorre in proposito - si legge nella sentenza di primo grado - l'art. 21 comma 1 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, il quale, tanto nella versione originaria quanto in quella introdotta dall'art. 1 della legge 21 luglio 2000 n. 205, stabilisce che, nei confronti dei provvedimenti per i quali non sia richiesta la notifica individuale, il ricorso deve essere notificato entro il termine di sessanta giorni decorrente dal giorno della pubblicazione dell'atto, se tale forma di pubblicità, come nella specie, è quella espressamente prevista da disposizioni di legge o di regolamento.

Tale conclusione è contestata dagli appellanti i quali insistono sulla tesi della mancanza di lesione attuale delle norme regolamentari prima della loro entrata in vigore e, quindi, sulla non decorrenza del termine di impugnativa prima che si concluda il periodo di vacatio

Il Consiglio di Stato con la decisione numero 2032 del 17 aprile 2002 nuovamente non accetta la tesi del Collegio dei Geometri e rigetta, definitivamente, il relativo ricorso.
I giudici di Palazzo Spada basano la propria decisione suddividendola tra due ordini di ragioni:

Ø Sotto un profilo generale, si deve ribadire che la vacatio implica solo la non obbligatorietà dei precetti contenuti nell'atto normativo, ma non influisce minimamente sulla sua perfezione ed esecutività: la pubblicazione dell'atto normativo nella Gazzetta Ufficiale vale solo ai fini della conoscenza e realizza, dunque, una forma di pubblicità-notizia.
Ø Sotto il profilo più strettamente di diritto positivo, deve rilevarsi che sia l'art. 21 primo comma L. 6 dicembre 1971 n. 1034, sia l'art. 2 R.D. 17 agosto 1907 n. 642, prevedono che, per gli atti diretti a destinatari non determinati, la decorrenza del termine per impugnare inizia dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e negli altri Fogli di annunzi legali.

Anche nell'emarginata sentenza quindi il supremo giudice amministrativo non entra nel merito del contenuto degli articoli sotto accusa ma solamente afferma che non può ritenersi che le disposizioni regolamentari impugnate non fossero immediatamente lesive fino all'adozione dei provvedimenti applicativi, atteso che rispetto alle previsioni contenute nelle norme denunciate non residua alcuno spazio deliberativo all'organo preposto alla concreta applicazione, trattandosi non di semplice direttiva, ma di un vero e proprio obbligo.
Da ciò consegue l'immediata lesività delle disposizioni censurate per la sfera soggettiva degli originari ricorrenti, i quali, quindi, come esattamente ritenuto dal TAR, avevano l'onere di proporre tempestiva impugnazione dalla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello, proposto dal Consiglio Nazionale dei Geometri, 
CONTRO
Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, Ministero per i beni e le attività culturali, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12.
PER L'ANNULLAMENTO
della sentenza del TAR del Lazio, sede di Roma (Sezione III), 27 febbraio 2001, n. 1481;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 15 gennaio 2002, relatore il Consigliere Costantino Salvatore;
Uditi l'avv. Pallottino per gli appellanti e l'avv. dello Stato Corsini per le amministrazioni.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Il Consiglio Nazionale dei Geometri e cinque geometri, con ricorso al TAR del Lazio, notificato il 2 agosto 2000 e depositato il 4 successivo, impugnavano gli artt. 127, 151 e 188 del DPR 21 dicembre 1999, n. 554, recante l'approvazione del regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 nonché tutti gli atti connessi, coordinati e consequenziali.
I ricorrenti lamentavano la lesione da parte delle norme censurate degli interessi della categoria professionale di appartenenza e, con successivo atto notificato il 20 ottobre 2000, proponevano ricorso integrativo e motivi aggiunti censurando anche gli artt. 48 e 63 del regolamento.
Le amministrazioni statali intimate si costituivano in giudizio, eccependo in via preliminare la tardività del ricorso e, nel merito, l'infondatezza delle censure.
Il TAR accoglieva l'eccezione di tardività e dichiarava con la sentenza in epigrafe l'irricevibilità del gravame.
La sentenza è stata appellata dal Consiglio Nazionale dei geometri e da tre degli originari cinque ricorrenti.
Nell'interesse delle amministrazioni appellate, resiste l'Avvocatura generale dello Stato.
L'appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 15 gennaio 2002.
D I R I T T O
1. Il TAR, accogliendo l'eccezione delle amministrazioni, ha ritenuto che il termine per proporre impugnativa avverso la normativa contenuta nel D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 decorreva dalla conoscenza legale dell'atto, risalente alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 28 aprile 2000, a nulla rilevando, per converso, che esso fosse destinato ad entrare in vigore tre mesi dopo la sua pubblicazione, ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 11 febbraio 1994 n. 109. Ha, pertanto, respinto la tesi degli originari ricorrenti, secondo i quali, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, sarebbe necessaria la potenzialità lesiva del provvedimento amministrativo. 
Il giudice di primo grado ha osservato che, in linea di principio, le norme regolamentari, avendo natura generale ed astratta, vanno impugnate assieme all'atto applicativo, che rende concreta la lesione degli interessi legittimi di cui sono portatori i destinatari delle stesse. Quando, per converso, queste ultime, per il loro carattere specifico e concreto, siano idonee ad incidere direttamente nella sfera degli amministrati, siano essi soggetti singoli o enti esponenziali di interessi collettivi o diffusi, sorge l'onere di immediata impugnazione. 
Poiché, nella specie, i ricorrenti, con il loro comportamento processuale, hanno ritenuto immediatamente lesive alcune disposizioni contenute nel citato D.P.R. n. 554/99, essi erano tenuti a adire immediatamente il giudice amministrativo, a norma dell'art. 21 comma 1 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, il quale - tanto nella versione originaria quanto in quella introdotta dall'art. 1 della legge 21 luglio 2000 n. 205 - stabilisce che, nei confronti dei provvedimenti per i quali non sia richiesta la notifica individuale, il ricorso deve essere notificato entro il termine di sessanta giorni decorrente dal giorno della pubblicazione dell'atto, se tale forma di pubblicità, come nel caso in esame, è quella espressamente prevista da disposizioni di legge o di regolamento. 
I ricorrenti, per superare il dato testuale e sostenere che la formula utilizzata postula la conoscenza di un atto che, oltre che perfetto, sia altresì suscettibile di produrre gli effetti suoi propri, dispiegando tutta la sua potenzialità lesiva nei confronti degli amministrati, si sono richiamati alla problematica connessa all'impugnativa dei provvedimenti amministrativi che non hanno ancora superato la cd. fase integrativa dell'efficacia, il cui eventuale esito negativo determina l'inesistenza ab origine dell'atto, tant'è che vengono meno completamente gli effetti prodotti nelle more in virtù di una specifica assunzione di responsabilità dell'autorità emanante. 
Ma la tesi non è stata condivisa dal TAR, il quale ha osservato che la giurisprudenza amministrativa, in realtà, ha preso in considerazione la descritta situazione per una finalità del tutto diversa: vale a dire, quella di escludere, per evidenti ragioni di economicità, l'esistenza di un immediato onere di impugnazione di atti che, sottoposti ad una specifica condizione legale, non possono, perciò stesso, dirsi perfezionati (cfr., in tal senso, Consiglio di Stato, V Sez., 24 febbraio 1996 n. 230), tant'è che la medesima giurisprudenza ha altresì affermato che l'impugnativa di un atto sotto condizione non è perciò stesso inammissibile, ma è strettamente legata all'esito del controllo, che, se negativo, comporta l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta mancanza di interesse e, nell'ipotesi opposta, impone al giudice adito di pronunciarsi sulle doglianze mosse al provvedimento amministrativo. 
Nel caso in esame, invece, non si è in presenza di un atto sottoposto a condizione legale, ma di un provvedimento di carattere normativo non solo perfetto ma anche pienamente efficace, che, come tutti quelli della sua specie, in considerazione della natura e della portata delle statuizioni in esso contenute, prevede un periodo di "vacatio", secondo quanto stabilito, in via generale, dall'art. 7 del D.P.R. 28 dicembre 1985 n. 1092; l'unica particolarità è che, in luogo degli ordinari quindici giorni, l'art. 3 comma 4 della legge n. 109/94 fissa il termine di entrata in vigore in tre mesi dalla pubblicazione del D.P.R. nella Gazzetta Ufficiale. 
Non vi sarebbe dubbio, quindi, che le disposizioni impugnate sono (in tesi) immediatamente efficaci e, quindi, lesive, in quanto la vacatio, oltre a non presentare alcun margine di incertezza nell'an e nel quid, risponde esclusivamente all'esigenza di consentire l'adattamento dei comportamenti individuali alle norme giuridiche che si introdotte nell'ordinamento e, quindi, si pone su un piano del tutto diverso da quello che attiene alla "conoscenza legale" del provvedimento ai fini impugnatori.
Del resto, non si è mai dubitato che il periodo ordinario di vacatio possa prolungare corrispondentemente il termine di impugnazione di cui all'art. 21 della citata legge n. 1034/71 che, testualmente, decorre sempre e comunque dalla "conoscenza dell'atto.

2. Tale conclusione è contestata dagli appellanti i quali insistono sulla tesi della mancanza di lesione attuale delle norme regolamentari prima della loro entrata in vigore e, quindi, sulla non decorrenza del termine di impugnativa prima che si concluda il periodo di vacatio.
La Sezione ritiene che le conclusioni del TAR siano corrette e debbano, pertanto, essere confermate sia per ragioni di ordine generale sia per ragioni di stretto diritto positivo.
Sotto un profilo generale, si deve ribadire che la vacatio implica solo la non obbligatorietà dei precetti contenuti nell'atto normativo, ma non influisce minimamente sulla sua perfezione ed esecutività
E' pacifico, infatti, che la pubblicazione dell'atto normativo nella Gazzetta Ufficiale vale solo ai fini della conoscenza e realizza, dunque, una forma di pubblicità-notizia.
L'atto che, invece, attribuisce immediata efficacia o se si vuole esecutorietà all'atto normativo è la promulgazione, che si distingue dalla obbligatorietà erga omnes conseguente alla pubblicazione.
Sotto il profilo più strettamente di diritto positivo, deve rilevarsi che sia l'art. 21 primo comma L. 6 dicembre 1971 n. 1034, sia l'art. 2 R.D. 17 agosto 1907 n. 642, prevedono che, per gli atti diretti a destinatari non determinati, la decorrenza del termine per impugnare inizia dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e negli altri Fogli di annunzi legali.
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr., Sez. IV, 26 gennaio 1998, n. 76; Sez. V, 6 giugno 1996, n. 661) ha, difatti, chiarito che la previsione dell'art. 21 primo comma L. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in cui non contempla espressamente, ai fini della decorrenza del termine per impugnare gli atti amministrativi, la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e negli altri Fogli di annunzi legali integra ma non sostituisce la previsione contenuta nell'art. 2 R.D. 17 agosto 1907 n. 642, che invece a tali forme di pubblicazione faceva espresso richiamo, sottolineando che la pubblicazione nei Giornali ufficiali (nel caso di specie, Bollettino ufficiale della Regione) risponde a un'esigenza di ordine generale dell'ordinamento circa la legale conoscenza degli atti normativi e a contenuto generale, e rileva anche ai fini della decorrenza dei termini per proporre impugnazione giurisdizionale.
In tale senso si è pronunciata anche la Corte costituzionale (Cfr. Corte cost. 30 dicembre 1987 n. 611), la quale, nel precisare quale sia il criterio posto a base delle disposizioni disciplinanti i termini di impugnazione in materia di giustizia amministrativa, ha sottolineato che quando un atto ufficiale possiede una natura normativa e non è comunque diretto a destinatari determinati e, come tale, non può non avere un'efficacia indivisibile o non differenziabile da soggetto a soggetto (o, peggio ancora, da ufficio a ufficio), la sua pubblicazione nel giornale ufficiale è assorbente e determinante rispetto a qualsiasi altra forma di conoscenza legale e determina la decorrenza del termine di impugnazione.
E nello stesso senso sono anche i precedenti invocati dagli appellanti (CdS, Sez. VI, 27 aprile 2001, n. 2459 e CGA, 17 maggio 2000, n. 233), posto che in tali decisioni è confermato il principio secondo il quale, attesa la natura di atti generali dei regolamenti e il loro regime di pubblicità, il termine per ricorrere contro di essi decorre, per i soggetti direttamente ed immediatamente lesi dalle norme, dalla pubblicazione del regolamento.
Né può ritenersi che le disposizioni regolamentari impugnate non fossero immediatamente lesive fino all'adozione dei provvedimenti applicativi, atteso che rispetto alle previsioni contenute nelle norme denunciate non residua alcuno spazio deliberativo all'organo preposto alla concreta applicazione, trattandosi non di semplice direttiva, ma di un vero e proprio obbligo.
Da ciò consegue l'immediata lesività delle disposizioni censurate per la sfera soggettiva degli originari ricorrenti, i quali, quindi, come esattamente ritenuto dal TAR, avevano l'onere di proporre tempestiva impugnazione dalla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Correttamente, pertanto, il ricorso è stato dichiarato tardivo, perché notificato ben oltre il sessantesimo giorno dalla legale conoscenza derivante dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
3. In via subordinata, gli appellanti ripropongono due questioni sollevate nel corso della discussione orale davanti al TAR e da questi non esaminate.
Con la prima assumono che, avuto riguardo al contenuto del comma 4 dell'art. 3 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, l'efficacia (entrata in vigore) del DPR n. 554 del 1999 non sarebbe riconnessa alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 25 aprile 2000, bensì nella Gazzetta Ufficiale nella quale sono pubblicati anche altri atti normativi, con la conseguenza che, tale ultima pubblicazione non essendo ancora intervenuta, l'irricevibilità del ricorso di primo grado andava pronunciata per inefficacia dell'atto impugnato e quindi per carenza d'interesse sotto tale specifico motivo.
La seconda questione attiene alla domanda di concessione di errore scusabile.
La Sezione ritiene che entrambe debbano essere disattese. 
Quanto alla prima, conviene ricordare che l'articolo 3, comma 4, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 dispone che "Il regolamento entra in vigore tre mesi dopo la sua pubblicazione in apposito supplemento della Gazzetta Ufficiale, che avviene contestualmente alla ripubblicazione della presente legge coordinata con le modifiche ad essa apportate fino alla data di pubblicazione del medesimo regolamento, dei decreti previsti dalla presente legge e delle altre disposizioni legislative non abrogate in materia di lavori pubblici ". 
Ora, anche ad ammettere che la previsione si presta ad una non facile lettura, si deve convenire con la difesa delle amministrazioni che tali espressioni vanno interpretate in coerenza con i principi dell'ordinamento per evitare che ad esse possano rivelarsi prive di significato. 
In tale quadro, il procedimento di formazione degli atti normativi è tipico e non può essere alterato da fattori ad esso estranei; pertanto, una volta che il regolamento ha interamente compiuto il suo iter formativo in tutti i suoi passaggi ed è stato firmato da Presidente della Repubblica, non può che essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entrare in vigore dopo il periodo di vacatio previsto per il caso di specie.
Come esattamente rileva la difesa delle amministrazioni, la norma della legge quadro contiene due precetti, ben distinti l'uno dall'altro. Il primo fissa il momento di entrata in vigore del regolamento tre mesi dopo la sua pubblicazione su apposito supplemento della Gazzetta Ufficiale, il secondo diretto ad imporre una contestuale pubblicazione di tutte le norme legislative e regolamentari vigenti in materia di lavori pubblici.
La mancata contestualità della pubblicazione non può avere come conseguenza la paralisi degli effetti della avvenuta pubblicazione dei regolamento, la cui entrata in vigore avviene per forza propria una volta completato il suo iter formativo. 
Per quanto concerne la richiesta di concessione dell'errore scusabile, domanda non esaminata dal primo giudice, si deve osservare che i presupposti per la sua concessione sono stati individuati dalla giurisprudenza costante in una serie di cause quali: l'assenza di precedenti giurisprudenziali o contrasto tra i medesimi; comportamenti, indicazioni o avvertenze fuorvianti della pubblica amministrazione; ambiguità del testo del provvedimento impugnabile; novità, incertezza e oscurità della disciplina normativa. 
Poiché, nel caso in esame, non ricorre all'evidenza nessuna della cause suddette, la domanda di concessione di errore scusabile non può esser accolta.
In conclusione, l'appello va respinto con conseguente conferma della sentenza appellata. 
Le spese e gli onorari del presente grado, sussistendo giustificati motivi, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo respinge.
Così deciso in Roma addì 15 gennaio 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), pubblicata il 17.4.2002