inserito in Diritto&Diritti nel febbraio 2002

Il datore di lavoro puo’ assumere investigatori privati per accertare se i propri lavoratori sono in malattia giustificatamente

di Alberto Foggia

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La Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro, con sentenza n. 6236 del 2001 ha confermato un consolidato orientamento secondo il quale nei casi di lavoratore assente dal lavoro perché “in malattia” è consentito al datore di lavoro di avvalersi di “ogni circostanza di fatto” (come ad esempio di investigatori privati) per “dimostrare l’esistenza della malattia stessa o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l’assenza”.

Tale sentenza rappresenta la conclusione di un iter processuale che si era aperto con il ricorso di un lavoratore di Frosinone dinanzi al Pretore competente contro il suo licenziamento disposto dal proprio datore di lavoro, una volta scoperto – per mezzo di un’agenzia investigativa – che durante il periodo di assenza dal lavoro per lombosciatalgia, svolgeva una vita perfettamente normale, “senza manifestare alcuna delle limitazioni funzionali tipiche della malattia stessa, avendo viaggiato in macchina, trasportato sacchi e sporte, partecipato fino a tardi all’inaugurazione del club privato della moglie”.

Il Pretore prima e il Giudice d’Appello poi, nel rigettare le ragioni poste a discolpa dal lavoratore, avevano sostenuto che fosse chiaro che questo aveva conseguito le certificazioni mediche in assenza di esami strumentali, accentuando quindi la sintomatologia o sottacendone l’anticipata remissione.

Il lavoratore aveva quindi proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione sostenendo, innanzitutto, la violazione dell’art. 5 della L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) la quale prevede che: ”Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare l'idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico”. Secondo tale previsione normativa, a detta del ricorrente, ai fini processuali erano quindi inutilizzabili le valutazioni e le dichiarazioni non provenienti dai servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti. La Corte Suprema di Cassazione Sezione Lavoro, nel ritenere tale motivo manifestamente infondato, ha così statuito: “Questa Corte in numerose occasioni ha chiarito che le disposizioni del citato art. 5, sul divieto di accertamenti del datore di lavoro circa l’infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e sulla facoltà dello stesso di effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non precludono che le risultanze delle certificazioni mediche prodotte dal lavoratore, e in genere dagli accertamenti di carattere sanitario, possano essere contestate anche valorizzando ogni circostanza di fatto, pur non risultante da un accertamento sanitario, atta a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l’assenza, quale in particolare lo svolgimento da parte del lavoratore di un’altra attività lavorativa………..”. Il ricorrente aveva inoltre sostenuto “che non è significativo, poi, quanto rilevato dagli investigatori, poiché i medici sentiti hanno riferito che varie di quelle attività erano compatibili con lo stato del paziente, che la soglia del dolore è soggettiva e variabile da caso a caso e l’uso dei farmaci riduce le limitazioni”. 

La Corte di Cassazione però ha rigettato anche tale motivo di gravame osservando che: “stante il contrasto, evidenziato dal giudice di merito, tra l’attività svolta e le limitazioni tipiche dell’infermità che avrebbe giustificato una così lunga assenza dal lavoro, non illogica è anche la conclusione a cui è pervenuto il Tribunale a proposito di una parziale simulazione da parte del ricorrente dello stato di infermità, mediante accentuazione della sintomatologia (in difetto di esami strumentali) con il suo stesso medico di fiducia (da cui, come specificato nella sentenza di primo grado, era stato visitato il 18 settembre, alla scadenza del certificato di Pronto Soccorso dell’11 settembre, e il 25 settembre, con prolungamento della prognosi rispettivamente di 7 e 20 giorni), o sottacendo la guarigione anticipata rispetto alla prognosi”.