L'Internet Provider e il materiale pornografico in Rete

(con note bibliografiche)

di Stea Gaetano

g.stea@iol.it

Sommario : 1. Cenni preliminari – 2. La diffusione in Rete di materiale pornografico non coinvolgente minori. La nozione di osceno ex art.528 del Codice Penale : il criterio storico-statistico e quello etico. – 2.1 La legge 17 luglio 1975 n.355. Ostentazione in danno dei terzi non interessati e non consenzienti o dei minori. Liceità e limiti alla produzione di materiale pornografico. – 3. La pornografia e i comportamenti telematici. La sentenza 26 giugno 1997 della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America. – 3.1 L’Internet Service Provider e il materiale pornografico nella Rete non coinvolgente minori secondo la disciplina vigente. Divieto di censura e delitto di favoreggiamento. – 3.2 L’obbligo di denuncia ex art.362 del Codice Penale : l’Internet Provider e l’incaricato di pubblico servizio. – 4. La diffusione in Rete di materiale pornografico coinvolgente minori. Il recentissimo art.600-ter, comma 3, del Codice Penale : "anche per via telematica" e "consapevolmente" ; - Note bibliografiche

Cenni preliminari

"L’accusa è gravissima : i due manager avrebbero gestito un network di immagini pedofile via Internet. L’ufficiale che parla alla stampa è soddisfatto dell’operazione di polizia […]. C’è solo un grosso problema : FranceNet e WorldNet, i due fornitori sotto accusa, non hanno affatto prodotto né commercializzato le immagini incriminate. Questi materiali, provenienti dall’estero, erano semplicemente disponibili nella rete globale"(1).

Non si tratta di un caso isolato, scrive Monti(2), in precedenza, nel novembre del 1995, anche Compuserve ha avuto problemi analoghi con la polizia tedesca, la quale con l’avallo della magistratura, ha chiesto ai responsabili del network di sospendere circa duecento newsgroup il cui contenuto è stato considerato illecito secondo la legge di quel Paese.

Il tema della liceità delle informazioni dell’area pubblica della Rete, verrà analizzato in un successivo e più ampio studio, qui rileva il complesso e specifico problema della diffusione di materiale pornografico in Internet, in relazione ai principi vigenti nel nostro sistema giuridico, frutto di una contorta e contrastata evoluzione normativa e giurisprudenziale, e ai nuovi elementi aggiunti dalla recentissima legge contro la pedofilia(3).

 

 La diffusione in Rete di materiale pornografico non coinvolgente minori. La nozione di osceno ex art.528 del Codice Penale : il criterio storico-statistico e quello etico.

Nella normativa italiana vigente in materia di pubblicazioni pornografiche, emergono i divieti penali di cui agli artt.528 e 725 del Codice Penale.

Il primo punisce come delitto la produzione, lo scambio, la detenzione e la messa in circolazione, "allo scopo di farne commercio, o distribuzione, ovvero di esporli pubblicamente", di "scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni" ; mentre il secondo punisce come contravvenzione l’esposizione al pubblico, l’offerta in vendita e la distribuzione di "scritti, disegni o qualsiasi oggetto figurato, che offenda la pubblica decenza"(4).

Il primo fulcro attorno a cui ruota la disciplina penale in commento è costituito dal concetto di "oscenità", che l’art.529 c.p. definisce come "offesa al pudore", da intendersi quest’ultimo "secondo il comune sentimento"(5).

Assumendosi la difficoltà di puntualizzare il concetto di pudore, si è sollevata la questione di legittimità costituzionale ex art.25, comma 2, Cost., degli art.527, 528 e 529 c.p. ; la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione giacchè il concetto di pudore rientra tra quelli diffusi e generalmente compresi di cui il giudice, pur nel mutare delle condizioni storiche, d’ambiente, di cultura, è sempre in grado di identificare il valore positivo(6).

Il pudore consiste in un senso di riserbo e di dignità personale per tutto ciò che si riferisce allo stimolo dei sensi e più specialmente alla sfera sessuale(7).

L’inciso "secondo il comune sentimento" sta ad indicare che il legislatore ha inteso adeguare il pudore alla serena ed equilibrata concezione della vita umana e sociale in un determinato momento storico. Ma tale relatività del senso del pudore a seconda dei tempi, dei luoghi e degli individui non potrebbe mai portare alla distruzione di ciò che è il valore etico e il patrimonio della collettività(8). Dunque, è osceno tutto ciò che, secondo il comune sentimento, offende il pudore.

Pertanto, è pur sempre il comune sentimento il metro obbiettivo di valutazione per attribuire ad un fatto il carattere antigiuridico.

Per puntualizzare il concetto di comune sentimento, la giurisprudenza, un tempo, si è ispirata a vari criteri, fra i quali, quelli di indubbia prevalenza e che hanno ricevuto più credito, sono :

  1. il criterio storico – statistico : è stato affermato, dandosi rilevanza all’aspetto cronologico ambientale, che il pudore, oggetto giuridico del reato di cui all’articolo in commento, si concreta nel sentimento e nell’opinione collettiva della pudicizia inerente alla nostra civiltà, sentimento ed opinione che sono propri della generalità degli individui del nostro tempo e della nostra popolazione(9);
  2. il criterio etico o di valore : per comune sentimento deve intendersi non il sentimento medio della collettività, bensì il sentimento dell’uomo medio, cioè dell’uomo normale, equilibrato ed equidistante da ogni eccesso ; precisando : il contenuto del comune sentimento del pudore deve desumersi dalla coscienza collettiva, avuto riguardo ai valori della coscienza sociale ed alle reazioni dell’uomo medio(10).

Il secondo fulcro della disposizione penale in esame concerne le modalità di utilizzazione del materiale osceno, per le quali la legge penale concentra la sua attenzione sulla destinazione e sull’esposizione al pubblico di esso(11). Dall’originaria costruzione dell’art.528, osserva Pica(12), si deduce che non esiste un divieto di creazione privata di immagini o scritti osceni, bensì sono vietati e puniti la creazione a scopo di commercio ed la libera esposizione al pubblico degli oggetti osceni.

 

La legge 17 luglio 1975 n.355. Ostentazione in danno di terzi non interessati e non consenzienti e dei minori. Liceità e limiti alla produzione di materiale pornografico.

L’introduzione della normativa di cui alla legge 17 luglio 1975 n.355 che ha esentato da responsabilità gli edicolanti che vendano le pubblicazioni oscene, ha assestato un colpo decisivo al principio del divieto di commercio affermato dall’art.528 c.p., poiché tale norma ha indirettamente riconosciuto l’esistenza di un commercio e di una distribuzione del materiale osceno, non certo a titolo gratuito né ristretti in ambito privato, svuotando di fatto di significato il divieto generale di commercio(13).

La giurisprudenza penale, pur tra contrasti ed esitazioni, muovendo da un lato dalla evoluzione del comune senso del pudore, e dall’altro dalle pieghe della disposizione citata di esenzione, si è orientata progressivamente verso il riconoscimento di una non punibilità della diffusione del materiale osceno, salvo che essa avvenisse con ostentazione in danno di terzi non interessati o non consenzienti o dei minori(14).

Tale interpretazione è stata poi autorevolmente confermata dalla Corte costituzionale(15), che ha avallato la correttezza di una lettura restrittiva dell’art.528 c.p., che ne escluda l’applicabilità ai casi di detenzione e distribuzione non genericamente "pubblica ed al pubblico", ma svolta in forma "riservata, e solo a chi ne faccia specifica richiesta"(16).

Sulla base di tale evoluzione normativa e giurisprudenziale deve pervenirsi alla conclusione che è oggi consentito il commercio in forma riservata, e destinato ai soli adulti, del materiale pornografico, semprechè sia svolto in modo da impedire la indiscriminata visibilità da parte dei minori, ovvero per chi non sia specificamente interessato.

Quanto detto con riferimento al commercio di materiale pornografico ; in relazione alla produzione di detto materiale i divieti tuttora vigenti sono :

  1. l’art.528 c.p. prevede espressamente come condotta di reato la "fabbricazione allo scopo di farne commercio o distribuzione o di esporli pubblicamente" di oggetti o immagini oscene ;
  2. l’art.1 della l. n.1591/60 estende la punibilità ex artt.528 e 725 c.p. a chiunque "fabbrica disegni, immagini, fotografie od oggetti figurati comunque destinati alla pubblicità, i quali offendano il pudore o la pubblica decenza, considerati secondo la particolare sensibilità dei minori degli anni diciotto e le esigenze della loro tutela morale".

I divieti in parola devono essere interpretati e coordinati con quanto detto in merito al concetto in generale di osceno ex art.528 c.p. analizzato prima.

Da questa operazione interpretativa si evince :

  1. che in ogni caso è lecita la creazione di materiale pornografico non destinato ab origine alla distribuzione al pubblico ed al commercio, purché non abbia ad oggetto i minori, neanche come destinatari di materiale di natura oscena ;
  2. è lecito l’acquisto di materiale pornografico, anche in questo caso, non coinvolgente minori ;
  3. è lecita la produzione di materiale pornografico effettuata allo scopo di farne commercio nel rispetto delle forme di riservatezza che la legge chiaramente impone, come ha sentenziato la Corte costituzionale e la giurisprudenza ripete(17);
  4. nessuna illiceità colpisce il semplice possesso di materiale pornografico, non coinvolgente minori.

In questo quadro normativo due sono i limiti inderogabili di liceità per il fenomeno della pornografia :

  1. il divieto assoluto di coinvolgimento di soggetti minorenni nella produzione in esame, indipendentemente dal fatto che siano o meno consenzienti ;
  2. il divieto di coinvolgimento di persone maggiorenni non consenzienti ex artt.609-bis ss. c.p. che configurano come reato la violenza a fini sessuali.

 

 La pornografia e i comportamenti telematici. La sentenza 26 giugno 1997 della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America.

Il 26 giugno 1997, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha emesso la propria decisione sull’appello presentato dal Procuratore Generale(18), avverso la pronuncia della Corte Distrettuale della Pennsylvania(19) che aveva dichiarato

l’incostituzionalità del Communication Decency Act(20) per violazione al Primo Emendamento della Costituzione USA che tutela la libertà di manifestazione del pensiero.

Come già sottolineato nel Capitolo I, la pronuncia in questione ha una rilevanza fondamentale per quanto attiene al cyberspazio, soprattutto nell’ottica del dibattito giuridico in materia di disciplina dei contenuti della Rete e di responsabilità dei providers.

Come premesso, Internet presenta una vasta tipologia di contenuti, tra i quali trovano spazio anche materiali di natura pornografica, spesso espliciti ed estremi.

La Corte Suprema, nella sentenza in commento, rileva che tali materiali non sono accessibili casualmente, in relazione alle caratteristiche tecniche della navigazione ipertestuale che identificano il mezzo di comunicazione in parola come interattivo.

Inoltre, la Corte riconosce l’esistenza, in commercio, di software di filtraggio che permettono ai genitori di controllare i materiali cui i minori hanno accesso e, comunque, richiama anche il progetto PICS, così come indicato nella sentenza appellata.

Riprendendo le considerazioni della Corte Distrettuale, i giudici della Corte Suprema statunitense considerano il tema della verifica dell’età connesso con l’accesso a materiali pornografici, nell’ambito della tecnologia applicabile ad Internet, determinante come giustificazione logica, prima ancora che giuridica, alla dichiarazione di incostituzionalità del CDA.

Infatti, secondo la Corte, detti sistemi di verifica dell’età non possono valere ai fini dell’esclusione della responsabilità per i service provider, stando alla disciplina del CDA in questione : molte aree della Rete sono accessibili al pubblico e, pur volendo considerare efficaci le tecnologie esistenti(21), non vi è modo di limitare i contenuti senza ricorrere ad una specie di censura privata ritenuta potenzialmente pericolosa, in quanto limitativa della fondamentale libertà di manifestazione del pensiero.

 

 L’Internet Service Provider e il materiale pornografico nella Rete non coinvolgente minori secondo la disciplina vigente. Divieto di censura e delitto di favoreggiamento.

La distribuzione e lo scambio per uso privato, in Rete, attraverso il servizio di corrispondenza elettronica di materiale pornografico non coinvolgente minori, sono sempre leciti e non possono essere sanzionati o censurati da alcun soggetto né autorità.

Pica(22) sostiene che un tale potere censorio possa essere esercitato dal provider nel solo caso di previsione contrattuale : a contraris, si ritiene senza dubbio prevalente il dettato costituzionale dell’art.15, che pone la libertà e la segretezza della corrispondenza, come fondamentale e inviolabile diritto dell’individuo (queste considerazioni saranno meglio delineate in un successivo studio).

Per quanto, invece, riguarda le aree pubbliche della Rete, appare senza dubbio lecita, alla luce di quanto detto, l’offerta di materiale pornografico non coinvolgente minorenni, effettuata in siti chiaramente riconoscibili dai terzi come offerenti tale prodotto, e rivolta a soggetti maggiorenni, solo dopo il loro consapevole e volontario accesso al sito, senza offrire in previsione immagini palesemente oscene o pornografiche.

E’ pacifico, anche con quanto rilevato al paragrafo precedente, che è alquanto improbabile che il gestore del sito in oggetto o, addirittura, il provider, possa assolutamente escludere il minorenne dalla visione di materiale osceno con i mezzi che attualmente la tecnologia offre.

Per questi motivi, riteniamo che qualora l’offerta al pubblico di materiale pornografico fosse indiscriminata, attraverso immagini o testi diffusi anche in siti che normalmente non trattano tale materiale, resi immediatamente visibili da chiunque si colleghi al sito, senza preavvisare l’utente del contenuto e senza consentirgli di ricevere o meno tali messaggi, è invece da considerare illecita : in questo caso riteniamo che il gestore del sito vada punito ex art.528 c.p. e con questi anche il provider qualora abbia concorso dolosamente al fatto criminoso in parola ex art.110 c.p.

Qualora invece ci trovassimo nella situazione in cui il provider non fosse a conoscenza della fattispecie criminosa consistente nell’offerta al pubblico di materiale pornografico attraverso il suo sistema, la sua ignoranza sarebbe punibile a titolo di colpa(23) ?

E' opportuno mettere in rilievo come la più ampia dottrina non configuri in capo al provider alcun obbligo di controllo e di indagine da svolgersi nel suo server al fine di impedire la consumazione di reati : perché significherebbe imporre al gestore una funzione di indagine sul comportamento di terzi che non spetta a lui, ma agli organi di Polizia ed all’Autorità giudiziaria(24).

Anche in questa situazione è bene richiamare la tesi minoritaria del prof. Frosini(25), secondo cui le disposizioni di cui al DLGS 103/95 e relativo Regolamento (DPR 420/95), fanno discendere in capo al fornitore di servizi di telecomunicazione, l’obbligo giuridico di impedire che si realizzino violazioni alle norme cogenti dell’ordinamento giuridico vigente.

Partendo da questo assunto, nell’ipotesi di consumazione del reato ex art.528 da parte del gestore del sito che offre in modo indiscriminato materiale pornografico, ugualmente il provider non sarebbe punibile per concorso colposo in fatto doloso altrui, in quanto non imputabile la condotta colposa causativa, anche in regime di concorso, dell’evento in oggetto.

Diverso il caso di cui all’art.725, in combinato disposto dell’art.42, comma 4, il quale prevede la punibilità della condotta colposa causativa dell’evento illecito e, dunque, la responsabilità penale del provider in regime di concorso ex art.113.

A questo punto, è necessario chiedersi : qualora il provider individui un sito che offre materiale pornografico, potrebbe isolarlo dalla Rete per escludere la propria punibilità ?

In base a considerazioni di natura costituzionale (libertà di manifestazione del pensiero) e a quelle affermate dalla Corte Suprema nella sentenza che ha dichiarato l’incostituzionalità del CDA, nessun potere censorio può essere esercitato dal provider, principalmente, per precetto costituzionale ex art.21 Cost.(26)

In tal modo, unico mezzo che il provider ha per escludere la propria responsabilità è quello di denunciare all’Autorità giudiziaria l’esistenza del sito pornografico irregolare ed isolare il sito in parola solo su ordine motivato della stessa.

Ma ben osservando, il provider è, esistenti o meno gli obblighi derivanti dalla disciplina del 1995, obbligato a denunciare fatti criminosi a lui noti che si svolgano tramite il suo server per non incorrere nella imputabilità del delitto di favoreggiamento personale o reale ex artt.378 o 379 c.p., qualora non vi ottemperasse scientemente.

Niente di nuovo, in quanto la responsabilità del provider è pari alla responsabilità del "chiunque" e non si configura giammai come una forma di responsabilità propria del gestore in parola per l’attività che svolge.

Per questi motivi ci siamo posti l’interrogativo se fosse possibile configurare un generale obbligo di denuncia(27) in capo al provider, a prescindere dal divieto di favoreggiamento, simile a quello sancito dall’art.362 c.p.(28)

 

L’obbligo di denuncia ex art.362 del Codice Penale : l’Internet Provider e l’incaricato di pubblico servizio.

E’ pacifico che non si possa estendere l’obbligo in esame in via analogica per il divieto ex art.14 disp. prel., bensì è necessario verificare se l’attività esercitata dal provider possa definirsi pubblico servizio, in relazione a quanto dispone l’art.358, comma 2, secondo cui : "Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e con svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera materiale".

Com’è noto la nozione penalistica di pubblico servizio rinvia, in virtù della novella ex legge 26 aprile 1990 n.86, a quella amministrativa, per la quale per servizio pubblico si intende l’attività mediante la quale l’amministrazione effettua prestazioni all’esterno nei confronti degli utenti(29). Queste prestazioni esterne, di regola, vengono rese o direttamente, eventualmente anche attraverso imprese pubbliche o sono affidate a soggetti privati in regime di concessione, mediante cioè l’adozione di atti autoritativi con i quali si persegue la finalità di assicurare, soprattutto, la continuità e capillarità delle prestazioni in favore degli utenti.

Per l’attribuzione del servizio pubblico è sempre necessaria una disposizione di legge che scinda la titolarità dall’esercizio del servizio in parola e la dottrina dominante ha sottolineato la necessità di una previsione normativa in tal senso, poiché si assiste sempre ad una deroga al principio della immutabilità delle competenze amministrative, in opposizione ad una parte degli autori, secondo cui una tale previsione sarebbe non necessaria per la devoluzione di un servizio pubblico, in quanto, a differenza di una delega dell’esercizio di una funzione pubblica, non è collegato ad esso anche il potere di adottare atti amministrativi di tipo autoritativo.

Il carattere privato dell’esercente il servizio in esame è determinato dal fatto che lo stesso è chiamato a svolgere l’attività de qua in nome proprio e nel proprio interesse, ponendosi il fine di lucro come una caratteristica della figura in esame(30).

I titoli di legittimazione all’esercizio privato di servizi pubblici sono stati individuati dalla dottrina amministrativa in quattro categorie fondamentali :

  1. l’obbligo di legge
  2. : numerose disposizioni di legge prevedono l’obbligo dei cittadini, legalmente richiesti dalla Pubblica Autorità, di prestare la propria opera nei casi di pubblico pericolo o calamità (cfr. art.652 c.p.) ;
  3. il pareggiamento : particolare tipo di legittimazione, in base al quale determinate attività svolte a livello privato e da organismi privati, in talune condizioni, vengono equiparate alle attività svolte da analoghe istituzioni di carattere pubblico (es. scuole private ex art.33 Cost.) ;
  4. la connessione con l’esercizio di professioni : si verifica uno speciale fenomeno di imputazione giuridica per cui, una volta che un determinato soggetto privato si trovi a svolgere una certa attività professionale, opera un meccanismo di tipo legale per effetto del quale, sotto taluni aspetti, l’attività svolta assume rilevanza pubblica (es. avvocato, notaio, medico) ;
  5. la concessione amministrativa : ha carattere di assoluta generalità e rappresenta il titolo di legittimazione principe nel sistema del diritto amministrativo di delega di un’attività propria della Pubblica Amministrazione(31).

Escludendo certamente i titoli di legittimazione di cui alle lett. a), b) e c), nel caso dell’Internet Provider dobbiamo verificare l’ipotesi di cui alla lett. d).

Per l’analisi in parola è necessario, primamente, fare riferimento al DLGS 17 marzo 1995 n.103 e al DM 5 settembre 1995.

Queste norme stabilivano che i fornitori di servizi di telecomunicazioni, quali sono i provider, dovevano inviare una dichiarazione al Ministero delle Poste, nel caso di offerta di accesso su linee commutate, o una domanda di autorizzazione nel caso di offerta di offerta su collegamenti diretti. Tuttavia, l’imprecisa formulazione dei commi 1 e 2 dell’art.3 del decreto legislativo citato faceva sorgere il dubbio che anche i fornitori di accessi da linee commutate fossero obbligati alla domanda di autorizzazione, a causa della presenza di una linea dedicata, necessaria per il collegamento al nodo superiore o alla rete pubblica. Linea in realtà "offerta" dall’operatore di telecomunicazioni pubblico e quindi oggetto di domanda di autorizzazione da parte di quest’ultimo.

Il DPR 4 settembre 1995 n.420 (regolamento d’esecuzione e d’attuazione del DLGS 103/95), riformulava opportunamente questa disposizione chiarendo l’equivoco : "Nel caso di offerta di servizi su collegamenti commutati di cui all’art.3, comma 1, del decreto legislativo 17 marzo 1995 n.103, gli interessati…debbono inviare al Ministero delle poste e telecomunicazioni una dichiarazione…".

Successivamente, il DPR 19 settembre 1997 n.318, recependo la direttiva 97/13/CE, impone dall’ 1 gennaio 1999 che tutti i servizi di telecomunicazioni, diversi dalla telefonia vocale e da altre fattispecie definite, siano soggetti solo a un’autorizzazione generale, da ottenersi in seguito a una semplice notificazione.

Questa norma non è operante perché non sono state emanate le condizioni per l’autorizzazione generale(32), ma appare fuori di dubbio che la direttiva in questione sia self executing, cioè sia direttamente applicabile anche se non formalmente accolta nel nostro ordinamento(33) e, dunque, opponibile dai singoli nei confronti dello Stato(34).

Questo breve excursus normativo, ripreso dal citato articolo di Cammarata, sottolinea che non si deve supporre un regime di concessione per l’esercizio dell’attività di gestore di sistema telematico, ma, in genere, uno di autorizzazione con le limitazioni che si sono commentate sopra.

Si parla di autorizzazione ogni qual volta il libero esercizio dell’attività da parte di un soggetto sia condizionato al consenso della PA. Dal punto di vista funzionale, l’autorizzazione è rivolta a rimuovere un ostacolo che l’ordinamento pone all’esercizio di un diritto, alla stregua dell’interesse pubblico primario.

Pertanto, in caso di autorizzazione, non vi è una delega di esercizio di un servizio pubblico ad un soggetto privato richiedente, bensì l’autorizzazione in parola si pone come mezzo di controllo e tutela del servizio in parola, il cui esercizio resta prerogativa dell’Amministrazione autorizzante.

Per questi motivi, dobbiamo escludere un generale obbligo di denuncia in capo al provider che non è un incaricato di pubblico servizio così come definito dall’art.358 c.p(35).

 

La diffusione in Rete di materiale pornografico coinvolgente minori. Il recentissimo art.600-ter, comma 3, del Codice Penale : "anche per via telematica" e "consapevolmente".

La legge 3 agosto 1998 n.269 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico diverse nuove fattispecie penali rivolte a tutelare in genere i minori dalle forme di sfruttamento sessuale, e quindi estendendo la propria attenzione a tutti i fatti (escluse le ipotesi di violenza ex art.609-bis c.p.) commessi in danno dei minori degli anni diciotto. Due fra le nuove ipotesi, e precisamente gli artt.600-ter e 600-quater c.p.(36), sono espressamente dedicate alla pornografia minorile, mentre l’art.600-quinquies(37) c.p. colpisce la propaganda la di viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori.

In questa sede, con riguardo all’oggetto dello studio, rileva il comma 3 dell’art.600-ter citato che punisce chi "con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza…materiale pornografico [coinvolgente minori], ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto…".

In tale ipotesi si pongono tutte le forme di distribuzione non a scopo di lucro (rientrando la fattispecie di commercio nel comma 2 dell’articolo in commento) e tutte le forme di pubblicità rivolte a procacciare acquirenti (a qualsiasi titolo) di tale materiale(38). Per queste condotte la norma specifica che sono punibili anche se commesse "per via telematica" : una precisazione inutile e superflua in connessione con l’inciso immediatamente precedente "con qualsiasi mezzo", come ha sottolineato la più autorevole dottrina(39).

L’omissione nel comma in esame, messa in rilievo addirittura nel Disegno di legge n.3733 del sen. Semenzato, dell’avverbio "consapevolmente" che viene ripetuto dal legislatore nelle disposizioni di cui all’art.600-ter, comma 4 e art.600-quater c.p., ha suscitato forti critiche, tali da indurre alla presentazione del DDL citato che prevede l’aggiunta alla fattispecie delineata al comma 3 dell’art.600-ter dell’avverbio in parola, al fine, secondo il sen.Semenzato, di escludere una sorta di responsabilità oggettiva per coloro che – anche inconsapevolmente – distribuiscono il materiale pornografico(40).

A nostro parere, seguendo l’orientamento di Pica(41), il significato da attribuire all’avverbio "consapevolmente" non sembra affatto riconducibile ad un inutile richiamo alla necessità di mera consapevolezza psicologica della condotta (che costituisce il presupposto per la stessa attribuibilità di un’azione ad un soggetto ex art.42, comma 1) e neppure ad una mera reiterazione della necessità del dolo, che per i delitti ex art.42, comma 2, c.p. è la forma tipica.

Infatti, nelle fattispecie criminose nelle quali è previsto sembra opportuno, perché ben possono darsi casi di registrazione, trasferimento o ricezione di dati contenenti materiale illecito, che avvengano all’insaputa del titolare del sistema informatico in cui sono allocati o transitano.

Questa specificazione non necessita, con riguardo alla fattispecie di cui al comma 3 dell’articolo in commento, poiché soggetto agente è sempre il dominus del "pacchetto" dal contenuto illecito, ovvero colui che invia o colloca in Rete il materiale pornografico illegale, il quale si pone dunque :

  1. nella veste di semplice pubblicizzatore, di cui al comma 3 dell’art.600-ter c.p., ove non offra già in visione il materiale pornografico coinvolgente minori, ma renda solo edotti coloro che accedono al sito dell’esistenza del materiale ;
  2. nella veste di distributore se offre il materiale in parola ad un pubblico indifferenziato, attraverso un sito, oppure di cedente ex comma 4 dell’articolo citato, se cede il materiale ad un singolo destinatario.

Mentre gli accedenti al sito o all’indirizzo ove si trovano i materiali illeciti, divengono "acquisenti" tali dati (a qualsiasi titolo) ed assumono la veste di coloro che "si procurano" e, successivamente, "dispongono" di tali dati ex articolo in esame (PICA).

Dunque, anche in questo caso, non ci troviamo di fronte ad una fattispecie criminosa delineata dal legislatore per la particolare figura del gestore di servizi telematici, come ha ritenuto la dottrina più sensibile all’argomento(42), né si può configurare in tal senso in via interpretativa.

Concludendo, riteniamo che l’Internet Provider, nell’esercizio del servizio di accesso alla Rete, vada considerato un common carrier, secondo la dizione nell’esperienza statunitense. Questione che svolgeremo in un prossimo intervento.

 

 

Note bibliografiche

  1. Cfr. Il Manifesto, 15.5.1996
  2. Monti A., Oscenità in rete : paga sempre il SysAdmin ?, in Forum multimediale Interlex "1997 : la legge e la rete", intervento n.49
  3. Cfr. Pica G, Il diritto penale delle tecnologie informatiche, Utet, Torino, 1998, p. 251
  4. Ad essi si aggiungono : le disposizioni degli artt.14 e 15 della legge sulla stampa (47/48) che estendono le pene dell’art.528 c.p. alle pubblicazioni destinate a fanciulli ed adolescenti ; la L. 12 dicembre 1960 n.1591, che punisce la fabbricazione e l’affissione in pubblico di "disegni, immagini e fotografie comunque destinati alla pubblicità" ; l’art.30, comma 1, della L. 6 agosto 1990 n.223, secondo la quale le pene dell’art.528 c.p., comma 1, si applicano al concessionario privato o alla concessionaria pubblica, ovvero alla persona da loro delegata al controllo della trasmissione, nei casi di trasmissioni radiofoniche o telefoniche che abbaino "carattere di oscenità".
  5. Iannuzzi G., La legislazione sulla stampa nella giurisprudenza, Giuffrè Editore 1978, p. 54
  6. Corte cost. 16 dicembre 1970 n.191, Giust. pen., 1971, I, p. 171
  7. Trib. Roma, 22 maggio 1965, Riv. pen., 1967, II, pp. 292 ss
  8. Trib. Venezia, 23 novembre 1968, Giur. merito, 1969, II, pp. 495 ss. con nota di C.A. Testi, Oscenità ideologica e rappresentativa dei films
  9. Cass. Sez. III, 22 giugno 1959, Giust. pen., 1960, II, pp. 143-195 ; Cass. Sez. I, 3 maggio 1966, Cass. pen. Mass., 1967, 33, p. 9 ; App. Torino, 8 aprile 1950, Giust. pen., II, pp. 920 ;
  10. Trib. Roma, 17 gennaio 1963, Giur. it., 1963, II pp. 308 ss. ; Cass. Sez. III, 6 marzo 1953, Giust. pen., 1953, II, pp. 787 ss. ; Cass. Sez. III, 16 marzo 1962, Riv. pen., 1963, pp. 257 ss. In dottrina cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, 1954, I, p. 376 ; Pannain, Delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume, 1952, p. 103 ; Vannini, Quid iuris ? Il delitto di atti osceni, 1952, p. 103 ; Mazzanti, L’osceno ed il diritto penale, 1956, p. 60.
  11. Trib. Venezia, 5 luglio 1969, Giur. merito, 1970, II, p. 133 ; Trib. Roma, 3 giugno 1963, Arch. pen., 1964, II, pp. 549 ss. ; Cass. Sez. VI, 27 novembre 1970, Cass. pen. Mass. ann., 1972, 209, p. 175 ; Cass. Sez. VI, 6 ottobre 1972, Cass. pen. Mass. ann., 1972, 1924, p. 2833 ; In dottrina cfr. Allegra, Il comune sentimento del pudore, Iustitia, 1950, p. 77 ; Monarca, Fondamento etico della repressione dei reati sessuali, Giust. pen., 1956, II, pp. 535 ss. ; Nuvolone, Reati di stampa, 1951, p. 82
  12. Così l’art.1 della legge 12 dicembre 1960 n.1591 che punisce a norma degli artt. 528 e 725 c.p. "chiunque fabbrica, introduce, affigge od espone in luogo pubblico od aperto al pubblico disegni, immagini, fotografie od oggetti figurati comunque destinati alla pubblicità, i quali offendono il pudore o la pubblica decenza" ; così l’art.528 c.p. che tipicizza lo "scopo di esporli pubblicamente" ovvero lo "scopo di farne commercio".
  13. Pica G., op.cit., p. 254
  14. Cfr. Piccinini, Sulla nozione giurisprudenziale di pubblica decenza, Giur. it., 1994, II, pp. 848 ss. ; Iadecola, In tema di rilevanza penale del commercio riservato di video-cassette oscene, Giur. pen., 1993, II, pp. 700 ss.
  15. Cfr. Cass. Sez. III, 5 maggio 1995, Dir. pen. e proc., 1996, p. 69 con nota di Mancini. Per la vendita di video-cassette a contenuto pornografico cfr. Trib. Bologna, 23 ottobre 1995, Giur. merito, 1996, pp. 510 ss. con nota di Palladino
  16. Corte cost., 27 luglio 1992 n.368, Giur. it., 1993, I, 1, pp. 1160 ss. con commento di Luther
  17. D’altro lato non va dimenticato che l’art.30 del Trattato CE ha stabilito che "senza pregiudizio delle disposizioni che seguono, sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente" ; e la Corte di giustizia CE ha ritenuto (Corte di giustizia CEE, 14 dicembre 1979 n.34, Foro it., 1981, IV, pp. 424 ss.) che la legge dello Stato la quale vieti qualsiasi importazione di articoli pornografici nello stesso Stato, costituisce una restrizione quantitativa all’importazione vietata ai sensi dell’art.30 citato.
  18. Pret. Pistoia, 22 gennaio 1992, Foro it., 1992, II, p. 284 ; Pret. Verona, 8 novembre 1988, Giur. merito, 1990, p. 139 ; Trib. Milano, 9 aprile 1986, Foro it., 1986, II, p. 366 ; Pret. Genova, 17 gennaio 1989, Difesa pen., 1989, fasc. 22, p. 56.
  19. Caso n.96-511
  20. Sentenza American Civil Liberties Union et al. V. Janet Reno, Corte Distrettuale per l’Eastern District della Pennsylvania, civil action n.96-963
  21. Tratto da Casetti F., Disciplina normativa della comunicazione transnazionale : la libertà di espressione in Internet, 1996, pp. 19 ss. "L’8 febbraio 1996 è stato firmato dal Presidente Clinton, ad una settimana dalla sua approvazione a larghissima maggioranza da parte del Congresso degli Stati Uniti d’America, il Telecommunications Act of 1996, che va a regolare tutto il settore audiovisuale e delle telecomunicazione negli Stati Uniti. Questa legge, che modifica sostanzialmente quanto disposto dal Communictions Act del 1934, porta notevoli innovazioni nella legislazione americana. […] Sono state espressamente vietate tutte le regole di natura tale da impedire ad una società di fornire servizi di telecomunicazione. In tal modo si è messo fine al monopolio di cui godevano le Bell Operating Companies (BOC) nel mercato delle comunicazioni locali. In compenso le BOC possono ora fornire anche servizi a lunga distanza, purché rispettino due condizioni: da una parte devono competere con un altro operatore concorrente, dall’altra devono rispettare alcune norme particolari (ad es., inserire i nomi degli abbonati delle altre compagnie nel loro elenco telefonico o permettere agli operatori concorrenti di accedere alle proprie banche dati quando necessario per lo smistamento delle chiamate), norme a cui non sono sottoposti gli operatori esclusivamente locali. […] Se le grandi compagnie sembrano entusiaste di questa legge, c’è qualcuno che si lamenta: le associazioni dei consumatori e alcune associazioni per i diritti civili. Infatti, "neanche una riga, nelle trecentocinquanta pagine della legge, fa cenno a coloro che riceveranno questa immensità di nuovi servizi. Ovviamente, c'è l'assunto generico secondo il quale più persone competono alla mia porta per portare un servizio, più io ho forza per stabilire quale servizio voglio. Ma la deregolamentazione delle banche e la deregolamentazione delle linee aeree ha mostrato che questo non è assolutamente vero, perché io non interloquisco direttamente con la "TWA", con la "United Air Lines" e con la "Continental", quando decidono, mettendosi d'accordo tra loro, di non servire più i pasti sugli aerei americani." Il solo momento in cui sembra ci si ricordi del consumatore, o per meglio dire del fruitore dei servizi di telecomunicazione, è in quella parte della legge, detta Communication Decency Act (CDA) in cui si proibiscono, soprattutto su Internet, i programmi osceni ed indecenti. E proprio contro il CDA si sono sollevate le organizzazioni per i diritti civili e le più battagliere sono quelle attivamente presenti in Rete".
  22. Cosa della quale dubita la Corte
  23. Pica G., op. e loc. cit
  24. PDL C3530, dep. Stagno d’Alcontres, Disciplina delle reti telematiche ad accesso variabile in connessione sovranazionale, 4.4.1997 Art. 2, comma 3 – "Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, in materia di responsabilità nel trattamento dei dati personali, il titolare ed il responsabile delle reti telematiche di cui all'articolo 1 non sono responsabili per quanto da altri comunicato attraverso le reti da essi gestite od ivi immesso, salvo l'obbligo di denunziare ad autorità dotata di potere di polizia giudiziaria ogni e qualsiasi violazione di cui essi siano venuti a conoscenza perpetrata in danno o per mezzo delle reti da essi gestite".
  25. Pica G., op.cit., p. 261
  26. Secondo l’autorevole opinione del prof. Vittorio Frosini, Direttore dell’Istituto di Teoria dell’Interpretazione e di Informatica giuridica dell’Università "La Sapienza" di Roma, cfr. Stromillo A.,Internet : le leggi di una nuova Repubblica, in M&P Computer, novembre 1997, n. 11, pp. 34-35
  27. Per un aspetto della censura cinematografica cfr. Mazza, Comunicazione giudiziaria e sequestro di pellicola cinematografica oscena, Giur. merito, Anno XI-numero 2, Giuffrè, Milano, 1979
  28. Certamente per l’ipotesi che si tratti di delitti contro la personalità dello Stato ex art.364 c.p. che così dispone : "Il cittadino che, avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, per il quale la legge stabilisce l’ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all’Autorità…".
  29. Art.362 c.p. : "L’incaricato di pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all’Autorità […] un reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del servizio, è punito…".
  30. Quaranta A., Lineamenti di diritto amministrativo, Edipem, Novara, 1982, pp. 110 ss.
  31. Cfr. Quaranta A., op e loc. cit., osserva come qualche volta possa verificarsi che nell’atto di conferimento dell’esercizio dell’attività in esame, la PA stabilisca un tetto massimo di guadagni al di là del quale l’esercente o incaricato non possa andare.
  32. Per una più ampia esposizione cfr. Quaranta, op. cit.. pp. 176 ss. ; Landi G.-Potenza G., op. cit., pp. 87 ss.
  33. Cammarata M., Lettera aperta al presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in Forum multimediale Interlex "Le regole di Internet",11.1. 1999
  34. Cfr. Provvedimento n.2662 del 10 gennaio 1995 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, a proposito della direttiva 90/388/CE : "Sia la Corte di Giustizia CE, sia la Corte costituzionale hanno da tempo elaborato il principio della diretta applicabilità delle direttive non trasposte : in tutti i casi in cui alcune disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere invocate dal singoli nei confronti dello Stato, indipendentemente dalla veste nella quale questo agisce, qualora la direttiva stessa non sia stata tempestivamente recepita nel diritto nazionale, oppure sia stata recepita in modo non adeguato". Cfr. Corte cost., sent. N.168/1991, ivi ampi richiami alla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE
  35. Cammarata M., 103/95 : la storia continua, aspettando le autorizzazioni generali, in Forum multimediale Interlex "Le regole di Internet", 11.1.1999
  36. PDL C3530, dep. Stagno d’Alcontres, citato Art. 2, comma 3 – "Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, in materia di responsabilità nel trattamento dei dati personali, il titolare ed il responsabile delle reti telematiche di cui all'articolo 1 non sono responsabili per quanto da altri comunicato attraverso le reti da essi gestite od ivi immesso, salvo l'obbligo di denunziare ad autorità dotata di potere di polizia giudiziaria ogni e qualsiasi violazione di cui essi siano venuti a conoscenza perpetrata in danno o per mezzo delle reti da essi gestite".
  37. Art. 600-ter. - (Pornografia minorile). - Chiunque sfrutta minori degli anni diciotto al fine di realizzare esibizioni pornografiche o di produrre materiale pornografico e' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni. Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire cinque milioni a lire cento milioni. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, consapevolmente cede ad altri, anche a titolo gratuito, materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto, e' punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire tre milioni a lire dieci milioni.

    Art. 600-quater - (Detenzione di materiale pornografico). Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 600-ter, consapevolmente si procura o dispone di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto e' punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa non inferiore a lire tre milioni.

  38. Art. 600-quinquies. - (Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile). - Chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tale attività e' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire trenta milioni a lire trecento milioni.
  39. Pica, op. cit., p. 264
  40. Cammarata M., Il disegno di legge sulla pedofilia approvato al Senato "Chiunque distribuisce…anche per via telematica" : i fornitori sono serviti, in Forum multimediale Interlex "Le regole di Internet", 18.6.1998. A tal proposito cfr. DDL S3733, sen. Semenzato S., Norme a tutela dei gestori di servizi Internet e dei gestori di servizi postali nell’ambito della lotta alla pedofilia e allo sfruttamento sessuale, Relazione, p. 2
  41. Cfr. DDL S3733, sen. Semenzato, cit. "Vi sono in questo testo due formulazioni particolarmente preoccupanti.
    La prima é legata al fatto che sia nel comma seguente a quello citato, quando si parla di "cessione" di materiale pornografico, sia all'articolo 4 quando si parla di "detenzione" di materiale pornografico, viene utilizzato l'aggettivo "consapevolmente" al fine di sottolineare il carattere del dolo, tipico di ogni fattispecie penale. Il testo perciò precisa che "chiunque... consapevolmente cede..." e "che chiunque... consapevolmente si procura o dispone...". Nel punto in questione invece l'aggettivo "consapevolmente" viene omesso, determinando cosí una sorta di responsabilità oggettiva di coloro che - anche inconsapevolmente - distribuiscono il materiale pornografico per via postale o telematica.
    La comparazione tra i commi e una interpretazione letterale del testo porta cosí ad ipotizzare il reato - nei confronti dei gestori di servizi telematici, Internet nello specifico, ma anche nei confronti dei servizi postali pubblici o privati - laddove si scoprisse una distribuzione, ancorchè non voluta, di materiale pornografico".
  42. Cammarata M., op. e loc. cit