L'Internet Provider e il materiale pornografico
in Rete
(con note bibliografiche) di Stea Gaetano Sommario : 1. Cenni preliminari 2. La diffusione in Rete di materiale pornografico non coinvolgente minori. La nozione di osceno ex art.528 del Codice Penale : il criterio storico-statistico e quello etico. 2.1 La legge 17 luglio 1975 n.355. Ostentazione in danno dei terzi non interessati e non consenzienti o dei minori. Liceità e limiti alla produzione di materiale pornografico. 3. La pornografia e i comportamenti telematici. La sentenza 26 giugno 1997 della Corte Suprema degli Stati Uniti dAmerica. 3.1 LInternet Service Provider e il materiale pornografico nella Rete non coinvolgente minori secondo la disciplina vigente. Divieto di censura e delitto di favoreggiamento. 3.2 Lobbligo di denuncia ex art.362 del Codice Penale : lInternet Provider e lincaricato di pubblico servizio. 4. La diffusione in Rete di materiale pornografico coinvolgente minori. Il recentissimo art.600-ter, comma 3, del Codice Penale : "anche per via telematica" e "consapevolmente" ; - Note bibliografiche Cenni preliminari "Laccusa è gravissima : i due manager avrebbero gestito un network di immagini pedofile via Internet. Lufficiale che parla alla stampa è soddisfatto delloperazione di polizia [ ]. Cè solo un grosso problema : FranceNet e WorldNet, i due fornitori sotto accusa, non hanno affatto prodotto né commercializzato le immagini incriminate. Questi materiali, provenienti dallestero, erano semplicemente disponibili nella rete globale"(1). Non si tratta di un caso isolato, scrive Monti(2), in precedenza, nel novembre del 1995, anche Compuserve ha avuto problemi analoghi con la polizia tedesca, la quale con lavallo della magistratura, ha chiesto ai responsabili del network di sospendere circa duecento newsgroup il cui contenuto è stato considerato illecito secondo la legge di quel Paese. Il tema della liceità delle informazioni dellarea pubblica della Rete, verrà analizzato in un successivo e più ampio studio, qui rileva il complesso e specifico problema della diffusione di materiale pornografico in Internet, in relazione ai principi vigenti nel nostro sistema giuridico, frutto di una contorta e contrastata evoluzione normativa e giurisprudenziale, e ai nuovi elementi aggiunti dalla recentissima legge contro la pedofilia(3).
La diffusione in Rete di materiale pornografico non coinvolgente minori. La nozione di osceno ex art.528 del Codice Penale : il criterio storico-statistico e quello etico. Nella normativa italiana vigente in materia di pubblicazioni pornografiche, emergono i divieti penali di cui agli artt.528 e 725 del Codice Penale. Il primo punisce come delitto la produzione, lo scambio, la detenzione e la messa in circolazione, "allo scopo di farne commercio, o distribuzione, ovvero di esporli pubblicamente", di "scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni" ; mentre il secondo punisce come contravvenzione lesposizione al pubblico, lofferta in vendita e la distribuzione di "scritti, disegni o qualsiasi oggetto figurato, che offenda la pubblica decenza"(4). Il primo fulcro attorno a cui ruota la disciplina penale in commento è costituito dal concetto di "oscenità", che lart.529 c.p. definisce come "offesa al pudore", da intendersi questultimo "secondo il comune sentimento"(5). Assumendosi la difficoltà di puntualizzare il concetto di pudore, si è sollevata la questione di legittimità costituzionale ex art.25, comma 2, Cost., degli art.527, 528 e 529 c.p. ; la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione giacchè il concetto di pudore rientra tra quelli diffusi e generalmente compresi di cui il giudice, pur nel mutare delle condizioni storiche, dambiente, di cultura, è sempre in grado di identificare il valore positivo(6). Il pudore consiste in un senso di riserbo e di dignità personale per tutto ciò che si riferisce allo stimolo dei sensi e più specialmente alla sfera sessuale(7). Linciso "secondo il comune sentimento" sta ad indicare che il legislatore ha inteso adeguare il pudore alla serena ed equilibrata concezione della vita umana e sociale in un determinato momento storico. Ma tale relatività del senso del pudore a seconda dei tempi, dei luoghi e degli individui non potrebbe mai portare alla distruzione di ciò che è il valore etico e il patrimonio della collettività(8). Dunque, è osceno tutto ciò che, secondo il comune sentimento, offende il pudore. Pertanto, è pur sempre il comune sentimento il metro obbiettivo di valutazione per attribuire ad un fatto il carattere antigiuridico. Per puntualizzare il concetto di comune sentimento, la giurisprudenza, un tempo, si è ispirata a vari criteri, fra i quali, quelli di indubbia prevalenza e che hanno ricevuto più credito, sono :
Il secondo fulcro della disposizione penale in esame concerne le modalità di utilizzazione del materiale osceno, per le quali la legge penale concentra la sua attenzione sulla destinazione e sullesposizione al pubblico di esso(11). Dalloriginaria costruzione dellart.528, osserva Pica(12), si deduce che non esiste un divieto di creazione privata di immagini o scritti osceni, bensì sono vietati e puniti la creazione a scopo di commercio ed la libera esposizione al pubblico degli oggetti osceni.
La legge 17 luglio 1975 n.355. Ostentazione in danno di terzi non interessati e non consenzienti e dei minori. Liceità e limiti alla produzione di materiale pornografico. Lintroduzione della normativa di cui alla legge 17 luglio 1975 n.355 che ha esentato da responsabilità gli edicolanti che vendano le pubblicazioni oscene, ha assestato un colpo decisivo al principio del divieto di commercio affermato dallart.528 c.p., poiché tale norma ha indirettamente riconosciuto lesistenza di un commercio e di una distribuzione del materiale osceno, non certo a titolo gratuito né ristretti in ambito privato, svuotando di fatto di significato il divieto generale di commercio(13). La giurisprudenza penale, pur tra contrasti ed esitazioni, muovendo da un lato dalla evoluzione del comune senso del pudore, e dallaltro dalle pieghe della disposizione citata di esenzione, si è orientata progressivamente verso il riconoscimento di una non punibilità della diffusione del materiale osceno, salvo che essa avvenisse con ostentazione in danno di terzi non interessati o non consenzienti o dei minori(14). Tale interpretazione è stata poi autorevolmente confermata dalla Corte costituzionale(15), che ha avallato la correttezza di una lettura restrittiva dellart.528 c.p., che ne escluda lapplicabilità ai casi di detenzione e distribuzione non genericamente "pubblica ed al pubblico", ma svolta in forma "riservata, e solo a chi ne faccia specifica richiesta"(16). Sulla base di tale evoluzione normativa e giurisprudenziale deve pervenirsi alla conclusione che è oggi consentito il commercio in forma riservata, e destinato ai soli adulti, del materiale pornografico, semprechè sia svolto in modo da impedire la indiscriminata visibilità da parte dei minori, ovvero per chi non sia specificamente interessato. Quanto detto con riferimento al commercio di materiale pornografico ; in relazione alla produzione di detto materiale i divieti tuttora vigenti sono :
I divieti in parola devono essere interpretati e coordinati con quanto detto in merito al concetto in generale di osceno ex art.528 c.p. analizzato prima. Da questa operazione interpretativa si evince :
In questo quadro normativo due sono i limiti inderogabili di liceità per il fenomeno della pornografia :
La pornografia e i comportamenti telematici. La sentenza 26 giugno 1997 della Corte Suprema degli Stati Uniti dAmerica. Il 26 giugno 1997, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha emesso la propria decisione sullappello presentato dal Procuratore Generale(18), avverso la pronuncia della Corte Distrettuale della Pennsylvania(19) che aveva dichiarato lincostituzionalità del Communication Decency Act(20) per violazione al Primo Emendamento della Costituzione USA che tutela la libertà di manifestazione del pensiero. Come già sottolineato nel Capitolo I, la pronuncia in questione ha una rilevanza fondamentale per quanto attiene al cyberspazio, soprattutto nellottica del dibattito giuridico in materia di disciplina dei contenuti della Rete e di responsabilità dei providers. Come premesso, Internet presenta una vasta tipologia di contenuti, tra i quali trovano spazio anche materiali di natura pornografica, spesso espliciti ed estremi. La Corte Suprema, nella sentenza in commento, rileva che tali materiali non sono accessibili casualmente, in relazione alle caratteristiche tecniche della navigazione ipertestuale che identificano il mezzo di comunicazione in parola come interattivo. Inoltre, la Corte riconosce lesistenza, in commercio, di software di filtraggio che permettono ai genitori di controllare i materiali cui i minori hanno accesso e, comunque, richiama anche il progetto PICS, così come indicato nella sentenza appellata. Riprendendo le considerazioni della Corte Distrettuale, i giudici della Corte Suprema statunitense considerano il tema della verifica delletà connesso con laccesso a materiali pornografici, nellambito della tecnologia applicabile ad Internet, determinante come giustificazione logica, prima ancora che giuridica, alla dichiarazione di incostituzionalità del CDA. Infatti, secondo la Corte, detti sistemi di verifica delletà non possono valere ai fini dellesclusione della responsabilità per i service provider, stando alla disciplina del CDA in questione : molte aree della Rete sono accessibili al pubblico e, pur volendo considerare efficaci le tecnologie esistenti(21), non vi è modo di limitare i contenuti senza ricorrere ad una specie di censura privata ritenuta potenzialmente pericolosa, in quanto limitativa della fondamentale libertà di manifestazione del pensiero.
LInternet Service Provider e il materiale pornografico nella Rete non coinvolgente minori secondo la disciplina vigente. Divieto di censura e delitto di favoreggiamento. La distribuzione e lo scambio per uso privato, in Rete, attraverso il servizio di corrispondenza elettronica di materiale pornografico non coinvolgente minori, sono sempre leciti e non possono essere sanzionati o censurati da alcun soggetto né autorità. Pica(22) sostiene che un tale potere censorio possa essere esercitato dal provider nel solo caso di previsione contrattuale : a contraris, si ritiene senza dubbio prevalente il dettato costituzionale dellart.15, che pone la libertà e la segretezza della corrispondenza, come fondamentale e inviolabile diritto dellindividuo (queste considerazioni saranno meglio delineate in un successivo studio). Per quanto, invece, riguarda le aree pubbliche della Rete, appare senza dubbio lecita, alla luce di quanto detto, lofferta di materiale pornografico non coinvolgente minorenni, effettuata in siti chiaramente riconoscibili dai terzi come offerenti tale prodotto, e rivolta a soggetti maggiorenni, solo dopo il loro consapevole e volontario accesso al sito, senza offrire in previsione immagini palesemente oscene o pornografiche. E pacifico, anche con quanto rilevato al paragrafo precedente, che è alquanto improbabile che il gestore del sito in oggetto o, addirittura, il provider, possa assolutamente escludere il minorenne dalla visione di materiale osceno con i mezzi che attualmente la tecnologia offre. Per questi motivi, riteniamo che qualora lofferta al pubblico di materiale pornografico fosse indiscriminata, attraverso immagini o testi diffusi anche in siti che normalmente non trattano tale materiale, resi immediatamente visibili da chiunque si colleghi al sito, senza preavvisare lutente del contenuto e senza consentirgli di ricevere o meno tali messaggi, è invece da considerare illecita : in questo caso riteniamo che il gestore del sito vada punito ex art.528 c.p. e con questi anche il provider qualora abbia concorso dolosamente al fatto criminoso in parola ex art.110 c.p. Qualora invece ci trovassimo nella situazione in cui il provider non fosse a conoscenza della fattispecie criminosa consistente nellofferta al pubblico di materiale pornografico attraverso il suo sistema, la sua ignoranza sarebbe punibile a titolo di colpa(23) ? E' opportuno mettere in rilievo come la più ampia dottrina non configuri in capo al provider alcun obbligo di controllo e di indagine da svolgersi nel suo server al fine di impedire la consumazione di reati : perché significherebbe imporre al gestore una funzione di indagine sul comportamento di terzi che non spetta a lui, ma agli organi di Polizia ed allAutorità giudiziaria(24). Anche in questa situazione è bene richiamare la tesi minoritaria del prof. Frosini(25), secondo cui le disposizioni di cui al DLGS 103/95 e relativo Regolamento (DPR 420/95), fanno discendere in capo al fornitore di servizi di telecomunicazione, lobbligo giuridico di impedire che si realizzino violazioni alle norme cogenti dellordinamento giuridico vigente. Partendo da questo assunto, nellipotesi di consumazione del reato ex art.528 da parte del gestore del sito che offre in modo indiscriminato materiale pornografico, ugualmente il provider non sarebbe punibile per concorso colposo in fatto doloso altrui, in quanto non imputabile la condotta colposa causativa, anche in regime di concorso, dellevento in oggetto. Diverso il caso di cui allart.725, in combinato disposto dellart.42, comma 4, il quale prevede la punibilità della condotta colposa causativa dellevento illecito e, dunque, la responsabilità penale del provider in regime di concorso ex art.113. A questo punto, è necessario chiedersi : qualora il provider individui un sito che offre materiale pornografico, potrebbe isolarlo dalla Rete per escludere la propria punibilità ? In base a considerazioni di natura costituzionale (libertà di manifestazione del pensiero) e a quelle affermate dalla Corte Suprema nella sentenza che ha dichiarato lincostituzionalità del CDA, nessun potere censorio può essere esercitato dal provider, principalmente, per precetto costituzionale ex art.21 Cost.(26) In tal modo, unico mezzo che il provider ha per escludere la propria responsabilità è quello di denunciare allAutorità giudiziaria lesistenza del sito pornografico irregolare ed isolare il sito in parola solo su ordine motivato della stessa. Ma ben osservando, il provider è, esistenti o meno gli obblighi derivanti dalla disciplina del 1995, obbligato a denunciare fatti criminosi a lui noti che si svolgano tramite il suo server per non incorrere nella imputabilità del delitto di favoreggiamento personale o reale ex artt.378 o 379 c.p., qualora non vi ottemperasse scientemente. Niente di nuovo, in quanto la responsabilità del provider è pari alla responsabilità del "chiunque" e non si configura giammai come una forma di responsabilità propria del gestore in parola per lattività che svolge. Per questi motivi ci siamo posti linterrogativo se fosse possibile configurare un generale obbligo di denuncia(27) in capo al provider, a prescindere dal divieto di favoreggiamento, simile a quello sancito dallart.362 c.p.(28)
Lobbligo di denuncia ex art.362 del Codice Penale : lInternet Provider e lincaricato di pubblico servizio. E pacifico che non si possa estendere lobbligo in esame in via analogica per il divieto ex art.14 disp. prel., bensì è necessario verificare se lattività esercitata dal provider possa definirsi pubblico servizio, in relazione a quanto dispone lart.358, comma 2, secondo cui : "Per pubblico servizio deve intendersi unattività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questultima, e con svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera materiale". Comè noto la nozione penalistica di pubblico servizio rinvia, in virtù della novella ex legge 26 aprile 1990 n.86, a quella amministrativa, per la quale per servizio pubblico si intende lattività mediante la quale lamministrazione effettua prestazioni allesterno nei confronti degli utenti(29). Queste prestazioni esterne, di regola, vengono rese o direttamente, eventualmente anche attraverso imprese pubbliche o sono affidate a soggetti privati in regime di concessione, mediante cioè ladozione di atti autoritativi con i quali si persegue la finalità di assicurare, soprattutto, la continuità e capillarità delle prestazioni in favore degli utenti. Per lattribuzione del servizio pubblico è sempre necessaria una disposizione di legge che scinda la titolarità dallesercizio del servizio in parola e la dottrina dominante ha sottolineato la necessità di una previsione normativa in tal senso, poiché si assiste sempre ad una deroga al principio della immutabilità delle competenze amministrative, in opposizione ad una parte degli autori, secondo cui una tale previsione sarebbe non necessaria per la devoluzione di un servizio pubblico, in quanto, a differenza di una delega dellesercizio di una funzione pubblica, non è collegato ad esso anche il potere di adottare atti amministrativi di tipo autoritativo. Il carattere privato dellesercente il servizio in esame è determinato dal fatto che lo stesso è chiamato a svolgere lattività de qua in nome proprio e nel proprio interesse, ponendosi il fine di lucro come una caratteristica della figura in esame(30). I titoli di legittimazione allesercizio privato di servizi pubblici sono stati individuati dalla dottrina amministrativa in quattro categorie fondamentali :
Escludendo certamente i titoli di legittimazione di cui alle lett. a), b) e c), nel caso dellInternet Provider dobbiamo verificare lipotesi di cui alla lett. d). Per lanalisi in parola è necessario, primamente, fare riferimento al DLGS 17 marzo 1995 n.103 e al DM 5 settembre 1995. Queste norme stabilivano che i fornitori di servizi di telecomunicazioni, quali sono i provider, dovevano inviare una dichiarazione al Ministero delle Poste, nel caso di offerta di accesso su linee commutate, o una domanda di autorizzazione nel caso di offerta di offerta su collegamenti diretti. Tuttavia, limprecisa formulazione dei commi 1 e 2 dellart.3 del decreto legislativo citato faceva sorgere il dubbio che anche i fornitori di accessi da linee commutate fossero obbligati alla domanda di autorizzazione, a causa della presenza di una linea dedicata, necessaria per il collegamento al nodo superiore o alla rete pubblica. Linea in realtà "offerta" dalloperatore di telecomunicazioni pubblico e quindi oggetto di domanda di autorizzazione da parte di questultimo. Il DPR 4 settembre 1995 n.420 (regolamento desecuzione e dattuazione del DLGS 103/95), riformulava opportunamente questa disposizione chiarendo lequivoco : "Nel caso di offerta di servizi su collegamenti commutati di cui allart.3, comma 1, del decreto legislativo 17 marzo 1995 n.103, gli interessati debbono inviare al Ministero delle poste e telecomunicazioni una dichiarazione ". Successivamente, il DPR 19 settembre 1997 n.318, recependo la direttiva 97/13/CE, impone dall 1 gennaio 1999 che tutti i servizi di telecomunicazioni, diversi dalla telefonia vocale e da altre fattispecie definite, siano soggetti solo a unautorizzazione generale, da ottenersi in seguito a una semplice notificazione. Questa norma non è operante perché non sono state emanate le condizioni per lautorizzazione generale(32), ma appare fuori di dubbio che la direttiva in questione sia self executing, cioè sia direttamente applicabile anche se non formalmente accolta nel nostro ordinamento(33) e, dunque, opponibile dai singoli nei confronti dello Stato(34). Questo breve excursus normativo, ripreso dal citato articolo di Cammarata, sottolinea che non si deve supporre un regime di concessione per lesercizio dellattività di gestore di sistema telematico, ma, in genere, uno di autorizzazione con le limitazioni che si sono commentate sopra. Si parla di autorizzazione ogni qual volta il libero esercizio dellattività da parte di un soggetto sia condizionato al consenso della PA. Dal punto di vista funzionale, lautorizzazione è rivolta a rimuovere un ostacolo che lordinamento pone allesercizio di un diritto, alla stregua dellinteresse pubblico primario. Pertanto, in caso di autorizzazione, non vi è una delega di esercizio di un servizio pubblico ad un soggetto privato richiedente, bensì lautorizzazione in parola si pone come mezzo di controllo e tutela del servizio in parola, il cui esercizio resta prerogativa dellAmministrazione autorizzante. Per questi motivi, dobbiamo escludere un generale obbligo di denuncia in capo al provider che non è un incaricato di pubblico servizio così come definito dallart.358 c.p(35).
La diffusione in Rete di materiale pornografico coinvolgente minori. Il recentissimo art.600-ter, comma 3, del Codice Penale : "anche per via telematica" e "consapevolmente". La legge 3 agosto 1998 n.269 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico diverse nuove fattispecie penali rivolte a tutelare in genere i minori dalle forme di sfruttamento sessuale, e quindi estendendo la propria attenzione a tutti i fatti (escluse le ipotesi di violenza ex art.609-bis c.p.) commessi in danno dei minori degli anni diciotto. Due fra le nuove ipotesi, e precisamente gli artt.600-ter e 600-quater c.p.(36), sono espressamente dedicate alla pornografia minorile, mentre lart.600-quinquies(37) c.p. colpisce la propaganda la di viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori. In questa sede, con riguardo alloggetto dello studio, rileva il comma 3 dellart.600-ter citato che punisce chi "con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza materiale pornografico [coinvolgente minori], ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate alladescamento o allo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto ". In tale ipotesi si pongono tutte le forme di distribuzione non a scopo di lucro (rientrando la fattispecie di commercio nel comma 2 dellarticolo in commento) e tutte le forme di pubblicità rivolte a procacciare acquirenti (a qualsiasi titolo) di tale materiale(38). Per queste condotte la norma specifica che sono punibili anche se commesse "per via telematica" : una precisazione inutile e superflua in connessione con linciso immediatamente precedente "con qualsiasi mezzo", come ha sottolineato la più autorevole dottrina(39). Lomissione nel comma in esame, messa in rilievo addirittura nel Disegno di legge n.3733 del sen. Semenzato, dellavverbio "consapevolmente" che viene ripetuto dal legislatore nelle disposizioni di cui allart.600-ter, comma 4 e art.600-quater c.p., ha suscitato forti critiche, tali da indurre alla presentazione del DDL citato che prevede laggiunta alla fattispecie delineata al comma 3 dellart.600-ter dellavverbio in parola, al fine, secondo il sen.Semenzato, di escludere una sorta di responsabilità oggettiva per coloro che anche inconsapevolmente distribuiscono il materiale pornografico(40). A nostro parere, seguendo lorientamento di Pica(41), il significato da attribuire allavverbio "consapevolmente" non sembra affatto riconducibile ad un inutile richiamo alla necessità di mera consapevolezza psicologica della condotta (che costituisce il presupposto per la stessa attribuibilità di unazione ad un soggetto ex art.42, comma 1) e neppure ad una mera reiterazione della necessità del dolo, che per i delitti ex art.42, comma 2, c.p. è la forma tipica. Infatti, nelle fattispecie criminose nelle quali è previsto sembra opportuno, perché ben possono darsi casi di registrazione, trasferimento o ricezione di dati contenenti materiale illecito, che avvengano allinsaputa del titolare del sistema informatico in cui sono allocati o transitano. Questa specificazione non necessita, con riguardo alla fattispecie di cui al comma 3 dellarticolo in commento, poiché soggetto agente è sempre il dominus del "pacchetto" dal contenuto illecito, ovvero colui che invia o colloca in Rete il materiale pornografico illegale, il quale si pone dunque :
Mentre gli accedenti al sito o allindirizzo ove si trovano i materiali illeciti, divengono "acquisenti" tali dati (a qualsiasi titolo) ed assumono la veste di coloro che "si procurano" e, successivamente, "dispongono" di tali dati ex articolo in esame (PICA). Dunque, anche in questo caso, non ci troviamo di fronte ad una fattispecie criminosa delineata dal legislatore per la particolare figura del gestore di servizi telematici, come ha ritenuto la dottrina più sensibile allargomento(42), né si può configurare in tal senso in via interpretativa. Concludendo, riteniamo che lInternet Provider, nellesercizio del servizio di accesso alla Rete, vada considerato un common carrier, secondo la dizione nellesperienza statunitense. Questione che svolgeremo in un prossimo intervento.
Note bibliografiche
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