inserito in Diritto&Diritti nel marzo 2001

Domain name quale mero indirizzo telematico:un recente orientamento giurisprudenziale che non merita di essere condiviso

Dott. Luca Giacopuzzi

Riprendendo nei contenuti una decisione del Tribunale di Bari del lontano 1996, il Tribunale di Firenze, con ordinanza 29 giugno 2000 (Sabena S.A. // A&A), ha assimilato il nome a dominio a un mero indirizzo più che ad un segno identificativo di un soggetto.

 

Questo assunto ha come conseguenza, di grande rilievo pratico, che non potrebbe porsi per esso un problema di violazione del marchio d’impresa.

 

In dottrina si sono levate critiche contro questa posizione, ma esse sono ben presto "rientrate", anche perché tale statuizione costituiva pur sempre decisione isolata, in aperto contrasto con l’orientamento della giurisprudenza sul punto (il quale – lo ricordo per inciso – non dubita dell’appartenenza del domain name alla categoria dei segni distintivi).

 

Qualche mese più tardi altra pronuncia, sempre del medesimo Tribunale (Trib. Firenze, Sez. Distaccata di Empoli, ord. 13 novembre 2000: Blaupunkt // Nessos Italia S.r.l.), ha sostanzialmente riproposto l’abnorme principio poc’anzi ricordato.

 

In particolare, quest’ultima decisione ribadisce l’assenza di un carattere distintivo del dominio Internet, ritenendo che esso debba essere valutato unicamente sulla base delle regole di Naming.

 

Larga parte della dottrina ha subito mostrato il suo disappunto nei confronti di questa impostazione giurisprudenziale, definita una visione riduttiva del fenomeno dei nomi a dominio, la quale non riesce a scorgere la reale funzione che questi svolgono, soprattutto nel caso di soggetti imprenditori.

 

Internet – si è in altre parole fatto notare – non è solo un sistema di interconnessione di computer in cui circolano informazioni. Esso è invece anche un immenso "mercato virtuale"in cui è possibile mettere a disposizione degli utenti i propri beni o servizi: il dominio assurge, pertanto, ad elemento distintivo atipico dell’imprenditore che opera nella rete.

 

Anch’io mi associo a questa considerazione, ma tento di andare oltre. E di spiegare che le conclusioni cui giungono le decisioni fiorentine non sono persuasive anche perché partono da premesse errate, pure da un punto di vista tecnico.

 

Contrariamente a quanto asserito in tali pronunce, ritengo, infatti, che il domain name non sia un indirizzo Internet.

 

L’indirizzo che identifica il singolo sito web è il numero I.P., mentre il nome a dominio è solo la scelta "convenzionale" – "di comodo" direi – che usiamo per memorizzare e ricercare più facilmente tale numero I.P.

 

Mi spiego con un esempio, che spero possa chiarire quanto vado dicendo: il nome a dominio svolge la stessa funzione che otteniamo quando inseriamo nel nostro telefono cellulare il numero telefonico di amici e conoscenti, memorizzandoli e richiamandoli per nome – o soprannome – in modo tale che l’apparecchio vada automaticamente a comporre il numero corrispondente al nome che abbiamo immesso.

 

In quest’esempio credo che nessuno possa negare che il vero recapito è il numero di telefono, rappresentando il nome – o soprannome – ad esso associato una mera scelta convenzionale che ne facilita la ricerca. Qualcosa di simile accade con il domain name, che ha la funzione di tradurre una parola di senso compiuto, liberamente scelta dall’utente, nel corrispondente numero I.P.

 

Di conseguenza, ritengo che la conclusione cui pervengono le decisioni fiorentine sopra citate (assimilazione domain name - indirizzo) non sia condivisibile.

 

Dott. Luca Giacopuzzi

LEGISNET – consulenza legale on line –

www.legisnet.it