inserito in Diritto&Diritti nel settembre 2002

Appalti connessi a pubblici servizi e appalti pubblici in generale: problemi di giurisdizione

di Avv. Alfonso Graziano

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L'art. 33 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80 ha istituito, come noto, un'ulteriore sfera di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, individuandola in "tutte le controversie in materia di pubblici servizi". Il secondo comma chiarisce poi che "tali controversie sono, in particolare, quelle… lett. d) "aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale". La giurisprudenza considera esemplificativo e non tassativo l'elenco delle materie di cui al comma 2 citato; e sul punto non si può non concordare, atteso l'inciso di apertura della disposizione: tali controversie sono, in particolare.
Da siffatto carattere di mera esemplificazione, parte della giurisprudenza recente, amministrativa e civile al tempo stesso, sta ricavando un principio, sul quale si vuole brevemente condurre una critica, secondo il quale sarebbero attratte nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, tutte le controversie in materia di pubblici servizi, anche se concernenti non solo le procedure di affidamento degli appalti, ma anche le problematiche contenziose inerenti alla fase esecutiva del relativo contratto di appalto.
Si sostiene, cioè, che il legislatore, creando la nuova sfera di giurisdizione esclusiva, more solito, abbia attribuito al giudice dell'amministrazione un intero "blocco di materie", del tutto prescindendo dal fatto che la controversia tragga origine dalla fase prodromica alla stipula del contratto e connotata dall'evidenza pubblica, ovvero derivi dall'esecuzione del contratto d'appalto (in tal senso, TAR Sardegna, 11.12.2000, n. 1221, in www. Giustizia - amministrativa.it; Tribunle di Napoli, 11 luglio 2000, in Giur. Napoletana, 2000, 385; Tribunale di Torre Annunziata, Sez. I, ord. 4.3.2002, in Diritto e Giustizia, n. 14/2002, 52, con richiamo a TAR Sicilia - Catania, 7.1.2002, n. 7). 
Tale conclusione, invero rivoluzionaria rispetto al tradizionale principio vigente in materia di giurisdizione sui contratti di appalto e su cui si dirà appresso, si imporrebbe "attesa la volontà del legislatore di attribuire la giurisdizione "per blocchi".. per cui sarebbe "consequenziale ritenere che tutta la fase organizzativa ed esecutiva del servizio pubblico sia devoluta al giudice amministrativo" (Tribunale di Napoli, 11 luglio 2000, in Giur. Napoletana, 2000, 385). 
Siffatta conclusione non è del tutto condivisibile, come si cercherà di spiegare. Si cercherà di capire poi se la criticata posizione sia suscettibile di estendersi all'intero settore degli appalti pubblici, atteso che l'art. 6 della citata l. n. 205/2000 ha ampliato l'ambito della giurisdizione esclusiva in tale materia, estendendolo alle procedure di affidamento di appalti di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa sull'evidenza pubblica.
Orbene, è lecito dubitare che l'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, dichiarato incostituzionale per eccesso di delega con sentenza della Corte Costituzionale n. 292/2000 e poi reintrodotto senza sostanziali modifiche dall'art. 7 comma 1 della Legge 21 luglio 2000, n. 205 di riforma della giustizia amministrativa, abbia inteso derogare al fondamentale principio giurisprudenziale e dottrinario secondo cui le controversie nascenti dall'esecuzione di un appalto pubblico sono devolute alla cognizione del giudice ordinario.
Invero, costituisce tuttora principio fondamentale in materia di contratti pubblici e giurisdizione, la radicata affermazione secondo cui sono solo le controversie scaturenti da provvedimenti ed atti adottati nell'ambito del procedimento di evidenza pubblica finalizzato alla scelta del contraente, ad essere devolute al giudice amministrativo, laddove le questioni discendenti dall'esecuzione del contratto, al di là della loro devoluzione ad arbitri, sono attribuite alla cognizione del giudice ordinario. Ciò in quanto a seguito della stipula del contratto di appalto, la P.A. si vede spogliata dei poteri autoritativi e discrezionali che invece caratterizzano il suo agire nella fase dell'evidenza pubblica e conseguentemente agisce su un piano di sostanziale equiparazione negoziale al contraente privato. Ne deriva, quindi, che la situazione giuridica soggettiva di cui è titolare l'appaltatore non è più di interesse legittimo, come nella fase procedimentale della gara ad evidenza pubblica, bensì di vero e proprio diritto soggettivo, con la conseguenza che l'autorità giudiziaria chiamata a conoscere delle relativa controversie è il giudice dei diritti, vale a dire il giudice ordinario.
Siffatto principio, oltre ad essere pacificamente affermato dalla dottrina, è stato da sempre espresso dalla giurisprudenza sia del giudice amministrativo che delle Sezioni Unite ed è stato utilizzato per sottrarre al giudice amministrativo in favore dell'AGO, anche le contestazioni relative alla legittimità o meno della pronuncia di risoluzione del contratto di appalto, pur quando questa si sia tradotta in un formale provvedimento amministrativo. Si è in tal senso affermato che "le controversie nascenti dalla esecuzione di contratti di appalto di opere pubbliche hanno ad oggetto posizioni di diritto soggettivo inerenti a rapporti contrattuali di natura privatistica nelle quali non hanno lacuna incidenza i poteri discrezionali ed autoritativi della P.A., anche quando essa si avvalga della facoltà, conferitale dalla legge, di recedere dal rapporto", per cui "una volta concluso il contratto ed anche quando la decisione dell'amministrazione appaltante di risolverlo sia adottata con atto amministrativo, ciò non costituisce esplicazione di un potere amministrativo, ma opera esclusivamente nell'ambito delle paritetiche posizioni contrattuali delle parti" (Cons. di Stato, Sez. IV, 9 gennaio 1996, n. 41, in Giur. Bollettino legisl. Tecnica, 1997, 3872; in senso conforme, TAR Calabria - Reggio Calabria, 4 giugno 1997, n. 336, in T.A.R., 1997, I, 3397).
Più di recente il Giudice Amministrativo d'appello, con riferimento all'art. 31-bis della l. 11.2.1994 n. 109, ha statuito che "la cognizione del giudice ordinario, anche nei casi di concessione - appalto è limitata alle ipotesi nelle quali l'oggetto della controversia sia individuabile nella determinazione del quantum del corrispettivo, nella liquidazione di posizioni patrimoniali e nelle vicende dell'esecuzione"(Cons. di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, 3 novembre 1999, n. 576, in Appalti, Urbanistica, Edilizia, 2000, 481).
A porre il suggello sulla delineata affermazione di principio è stata recentemente la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella veste di supremo giudice regolatore delle giurisdizioni, affermando che "le controversie nascenti dall'esecuzione di contratti di appalto di opere pubbliche hanno ad oggetto posizioni di diritto soggettivo inerenti a rapporti contrattuali di natura privatistica, nelle quali non hanno incidenza i poteri discrezionali ed autoritativi della p. a., anche quando questa si avvalga della facoltà, conferitale dalla legge, di recedere dal rapporto. Ne consegue che tali controversie appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, pur se la decisione dell'autorità amministrativa in ordine al rapporto sia adottata nelle forme dell'atto amministrativo" (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 19 novembre 2001, n. 14539, in Giust. Civ., Mass. 2001, fasc. 11).
Posti questi principi, si tratta di indagare se la novella del 1998 confermata dall'art. 7 della l. 21.7.2000 n. 205 abbia inteso derogare e, sia pure nel settore amplissimo dei servizi pubblici, l'art. 33 del citato d. lgs. n. 80/1998, consenta di affermare che sono devolute al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, oltre che le procedure di affidamento, anche le controversie nascenti dall'esecuzione di contratti di appalto di servizi, lavori o forniture.
Va subito detto che non sono di questo avviso le Sezioni Unite, le quali sembrano non voler rinunciare all'affermazione di principio appena riportata ed hanno chiaramente affermato che "alla luce di una lettura costituzionale della relativa disciplina, deve escludersi che rientrino nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi introdotta dall'art. 33 del d. lgs. n. 80 del 1998, le controversie attinenti al momento esecutivo di contratti di appalto di fornitura stipulati dal gestore del servizio pubblico per l'acquisizione di beni e/o prestazioni strumentali al servizio stesso" (Corte di Cassazione, Sez. Un., 30 marzo 2000, n. 72, in Foro It., 2000, I, 2210). In applicazione di tale principio le Sezioni Unite hanno ritenuto devoluta al giudice ordinario la controversia instaurata da un Comune per ottenere la risoluzione per grave inadempimento della società appaltatrice, del contratto di appalto per la preparazione e consegna di pasti per le scuole (servizio di refezione scolastica).
In tale fattispecie, dunque, mentre la procedura per l'affidamento dell'appalto del servizio di refezione scolastica indetta dal soggetto titolare del servizio (Comune) sicuramente era attratta nell'alveo della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la controversia "a valle", derivante cioè dall'esecuzione del rapporto, con la quale il Comune intendeva far valere l'inadempimento grave dell'appaltatore e perciò domandare la risoluzione del rapporto, è stata ritenuta devoluta al giudice ordinario.
In dichiarato contrasto con tale posizione si è posto sia il giudice amministrativo che il giudice ordinario. Il primo, investito di una domanda di risarcimento danni, scaturente dall'esecuzione di un contratto di appalto del servizio di raccolta e smaltimento di rifiuti solidi urbani ha ritenuto rientrare nella giurisdizione esclusiva in materia di pubblici servizi anche una controversia derivante da una vicenda meramente esecutiva di un appalto di servizi. Si è affermato che "il tenore letterale del richiamato art. 33, tanto nel testo originario, quanto in quello, pressoché identico, introdotto dall'art. 7 lett. della L. n°205/2000, appare sufficientemente chiaro nel devolvere "alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi … attribuendo, così, omnicomprensivamente a tale giudice tutte le liti in subiecta materia non esplicitamente sottratte alla sua cognizione. Ed invero, la giurisdizione esclusiva si configura quale giurisdizione sul rapporto, suscettibile, come tale, di estendersi a tutti i diritti soggettivi, nessuno escluso, che dal rapporto stesso traggono origine"(TAR Sardegna, 11.12.2000, n. 1221, in www.giustizia-amministrativa.it. TAR Sardegna , Ricerca sentenze). 
In tal modo, il TAR Sardegna, in dichiarato dissenso dalla posizione delle Sezioni Unite, ha sostenuto che l'attribuzione al giudice amministrativo anche delle vicende esecutive del contratto è confermata dalla lett. E) dell'art. 33 del d. lgs. N. 80/1998, secondo cui le controversie devolute al giudice amministrativo in materia di pubblici servizi riguardano "le attività e le prestazioni di ogni genere anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi". L'intento omnicomprensivo del legislatore, palesato da tale ultima precisazione, sarebbe inoltre avvalorato dal carattere tassativo delle esclusioni alla cennata devoluzione, contenute nella medesima lettera e), che annovera solo "rapporti individuali di utenza con soggetti privati", "controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose" e "controversie in materia di invalidità". Ove si eccettuino tali espresse esclusioni, tutto il resto, in materia di pubblici servizi, sarebbe attratto nell'alveo della giurisdizione esclusiva.
Non appare, peraltro, convincente, ad avvalorare la posizione assunta dal TAR Sardegna, il riferimento alla lettera e) dell'art. 33 citato. Le "attività e le prestazioni di ogni genre", è vero che hanno carattere omnicomprensivo, ma fanno pur sempre riferimento alle attività e alle prestazioni "rese nell'espletamento di pubblici servizi", come la norma ha cura di precisare, cioè a quelle attività e prestazioni che il gestore del pubblico servizio rende agli utenti. Non possono essere ritenute comprese nell'inciso, le attività e prestazioni scaturenti dalla dinamica esecutiva del contratto di appalto e intercorrenti tra la stazione appaltante e il gestore del servizio. Ecco perché poi la norma esclude i rapporti individuali di utenza e le controversie meramente risarcitorie e quelle relative alla invalidità: controversie tutte che si inseriscono sempre nel rapporto tra gestore del servizio e utenti e non in quello intercorrente tra l'amministrazione e il gestore del servizio.
Sulla stessa scia disegnata dal TAR Sardegna si è posto recentemente il giudice civile, che dal carattere meramente esemplificativo da attribuire all'elencazione di cui all'art. 33 cit, ha fatto derivare che "tutte le controversie concernenti pubblici servizi, ivi comprese quelle relative all'esecuzione di contratti di appalto,spettano alla cognizione del giudice amministrativo, senza che rilevi minimamente la precedente distinzione (adottata in dottrina e giurisprudenza) tra la fase procedimentale anteriore alla conclusione del contratto di appalto e la fase negoziale ed esecutiva del contratto medesimo" (Tribunale di Torre Annunziata, Sez. I, ord. 4 marzo 2002, in Diritto e Giustizia, n. 14/2002, 52 ss. con nota critica di G.M. Di Lieto, Pubblici servizi, la guerra delle corti).
Intanto, va notata l'inconferenza del richiamo contenuto nella citata ordinanza, a Cass. Sez. Un. n. 40/2000. La sentenza delle Sezioni Unite pone infatti l'accento unicamente sul carattere oggettivo della devoluzione al giudice amministrativo operata dal decreto 80/98, "attribuendo ad un unico giudice tutte le controversie insorte in una determinata materia, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del soggetto coinvolto, purché quest'ultimo sia tenuto all'osservanza della normativa comunitaria" (Cass. Sez. Un. Civ., 24. febbraio 2000, n. 40, in Riv. Ital. Dir. Pubb. Comun., 2000,803). La sentenza, in altre parole, affronta la famigerata questione dell'organismo di diritto pubblico, per affermare la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi sol che il soggetto gestore sia tenuto all'osservanza della normativa di evidenza pubblica, a prescindere dalla sua veste giuridica formale pubblica o privata.
Ma, in radice, la conclusione del Tribunale di Torre Annunziata non può condividersi nella parte in cui fa leva sul carattere esemplificativo e non tassativo dell'elencazione di cui all'art. 33 del d. lgs. N. 80/1998, conseguendone che sarebbe solo orientativo il riferimento alle "procedure di affidamento" degli appalti pubblici di servizi, lavori e forniture.
In contrario va osservato che il legislatore ha inteso precisare che in materia di pubblici servizi rientrano anche gli appalti (di servizi, lavori e forniture) che vengano in rilievo in occasione dell'espletamento di un pubblico servizio. Ma gli appalti sono presi in considerazione dalla norma solo per quanto attiene alle procedure di affidamento e non a tutto ciò che ne consegue una volta stipulato il contratto. Altrimenti non avrebbe avuto senso l'espresso riferimento operato alle procedure di affidamento. Invero, se il legislatore avesse voluto attribuire al giudice amministrativo anche la fase esecutiva degli appalti connessi a pubblici servizi non avrebbe certo adoperato solo la definizione "procedure di affidamento" ma si sarebbe limitato a dire genericamente che la materia dei pubblici servizi ha ad oggetto, tra l'altro, gli appalti di servizi, lavori e forniture, oppure, meglio ancora, trattandosi di dover precisare l'oggetto delle "controversie" di cui al primo comma, avrebbe usato un'espressione più ampia, dicendo che le controversie di cui al primo comma sono quelle derivanti "da contratti di appalto", oppure "dalle procedure di affidamento e dai relativi contratti".
E' ragionevole pertanto ritenere, ad avviso di chi scrive, che se il legislatore, nel definire l'oggetto delle controversie in materia di pubblici servizi, ha fatto espresso riferimento alle sole "procedure di affidamento", tale opzione espressiva da un lato esemplifica ma dall'altro delimita l'oggetto dell'estensione, stando a significare che in materia di pubblici servizi gli appalti sono devoluti al giudice amministrativo solo allorquando si verta in materia di "procedure di affidamento". 
Vi è poi la considerazione che se il legislatore avesse voluto davvero infrangere il radicato principio giurisprudenziale che vuole attribuito al giudice ordinario ogni aspetto inerente alla dinamica esecutiva del contratto di appalto, avrebbe sicuramente usato un'espressione più specifica e chiara, tanto più che il principio in parola è espresso oltre che dalle Corti di merito, dalle Sezioni Unite.
Non sembrano quindi convincenti le posizioni della giurisprudenza civile ed amministrativa che fanno leva sul carattere esemplificativo e non tassativo dell'elencazione di cui all'art. 33 del d. lgs. n. 80/1998 per supportare la devoluzione al giudice amministrativo anche delle controversie derivanti dalle vicende esecutive dei contratti di appalto (in tal senso anche Tribunale di Napoli, 11 luglio 2000, cit.).
Per altro verso va comunque condivisa la soluzione del Tribunale di Torre Annunziata, nella parte in cui pur accedendo al vecchio orientamento, declina comunque la giurisdizione. Il caso in esame aveva infatti ad oggetto una domanda di adeguamento dei prezzi di un appalto di lavori e la relativa istanza era stata presentata prima che venisse concluso il contratto di appalto. E' evidente che in questo caso era assorbente il fatto che l'istanza dell'impresa si inseriva ancora nella fase procedimentale antecedente alla stipula del contratto ed essendo assorbita nella fase amministrativa, rientrava nell'ambito della giurisdizione del giudice amministrativo.
Merita ora di essere esaminata la questione se l'orientamento che si critica possa in qualche maniera riverberarsi anche sull'intero settore degli appalti pubblici, a prescindere dal fatto che essi siano o meno connessi o correlati all'espletamento di un pubblico servizio.
La questione ha una sua ragion di porsi per il fatto che l'art. 6 della l. n. 205/2000 attribuisce in generale alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutti gli appalti, stabilendo che "sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria, ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale".
E' evidente che sulla scorta della riportata disposizione tutti gli appalti, svolti sia da soggetti gestori di pubblici servizi che da enti territoriali o istituzionali e non correlati all'espletamento di un pubblico servizio, sono ormai devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In disparte il rilievo che sembra in pratica difficile individuare una procedura d'appalto non connessa all'espletamento di un pubblico servizio (per inciso va ricordato che la pronuncia del Tribunale di Torre Annunziata 4.3.2002 appena commentata, ha ritenuto svolto nell'espletamento di un pubblico servizio l'appalto di lavori di costruzione ed ampliamento del Palazzo di Giustizia!) stante l'ampiezza di latitudine che ormai il concetto di pubblico sevizio è venuto assumendo, va detto che la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di ogni procedura di appalto deve sostenersi oggi, dopo l'entrata in vigore della legge 205/2000 ma non era certo sostenibile sotto il vigore del solo art. 33 del d. lgs. n. 80/1998 che limitava in maniera espressa (mediante il disposto del 1° comma) la cennata devoluzione al giudice dell'amministrazione, dei soli appalti connessi all'espletamento di un pubblico servizio.
Non era pertanto sostenibile la tesi, pure espressa da recente giurisprudenza, secondo cui "l'art. 33, comma 2 del d. lgs. n. 80/1998 estende la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alle controversie concernenti ogni tipo di appalto, indipendentemente dalla destinazione dello stesso ad un pubblico servizio" (TAR Puglia - Bari, Sez. I, 4 aprile 2000 n. 1401, in Urbanistica e Appalti, 2000, 679). Trattatasi di affermazione pretoria smentita dal chiaro tenore letterale della disposizione di cui all'art. 33 citato.
Orbene, tornando alla questione della portata estensiva o meno dell'orientamento che vuole attribuito al giudice amministrativo anche il contegno esecutivo nascente da un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture, va detto che se tale orientamento dovesse radicarsi, non potrebbe certo estendersi anche agli appalti pubblici in generale, non connessi ad un pubblico servizio.
Osterebbe a tale estensione e all'affermazione che ormai la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo abbraccia anche ogni controversia nascente dal contratto, l'espressa delimitazione contenuta nell'art. 6 della legge 205/2000.
Tale norma devolve infatti alla giurisdizione esclusiva tutte le controversie in materia di appalti di lavori, servizi o forniture indetti da soggetti comunque tenuti al rispetto della normativa di evidenza pubblica, sempre che tali controversie abbiano ad oggetto "procedure di affidamento".
E' evidente, quindi, l'intento restrittivo che sottende la ratio della norma. Il giudice amministrativo è competente, in sede di giurisdizione esclusiva, in ordine a tutti gli appalti pubblici, indetti da qualsiasi stazione appaltante, purché la controversia investa la fase procedurale di scelta del contraente, dominata dal canone dell'evidenza pubblica.
Ne consegue che non resta scalfito il principio giurisprudenziale secondo cui le controversie "a valle" del contratto, relative alla sua esecuzione, restano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.

Avv. Alfonso Graziano
Dottore di Ricerca in Diritto Amministrativo