inserito in Diritto&Diritti nel febbraio 2004

Sezioni Unite Civili della Cassazione : appartiene alla Corte dei conti la giurisdizione nei confronti degli amministratori e dipendenti degli enti pubblici economici, per i danni da essi arrecati alla finanza pubblica. Una “novità” che merita di essere sottolineata.

di Angelo Canale

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Dietro front?? No, avanti march!

No, non è stato un “dietro front” quello che le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione hanno compiuto nel dichiarare appartenente alla Corte dei conti la giurisdizione nei confronti degli amministratori degli enti pubblici economici anche per atti dannosi commessi nell’esercizio di attività d’impresa, e quindi adottati in base a regole di diritto privato.

E’ invece un “avanti march!”, giacchè la recentissima decisione, depositata lo scorso 22 dicembre scorso (n.19667/03),   fa compiere un deciso passo avanti alla giurisprudenza della Suprema Corte, che  prende atto dell’evoluzione della pubblica amministrazione intervenuta negli ultimi dieci/dodici anni e ne trae le necessarie conclusioni sul fronte della giurisdizione in materia di responsabilità patrimoniale-amministrativa .

Per comprendere appieno la portata della novità occorre premettere che le Sezioni Unite, a cominciare dalla sentenza 363 del 1969, avevano riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità di amministratori e dipendenti degli enti pubblici (non economici) facendola da un lato discendere dalla immediata efficacia precettiva dell’art. 103 della Costituzione, dall’altro lato  dalla necessaria compresenza di due elementi: uno soggettivo, dato dalla natura giuridica pubblica del soggetto (danneggiato) al quale il presunto autore del danno doveva essere legato da rapporto di impiego o di servizio, l’altro oggettivo, dato dalla qualificazione pubblica del denaro o del bene oggetto della gestione nell’ambito del quale si era verificato l’evento dannoso.

Relativamente agli “enti pubblici economici”, con una sentenza del 1982 (la n.1282, la prima che ebbe a pronunciarsi in questa materia) le Sezioni Unite avevano invece diversamente argomentato che la giurisdizione della Corte dei conti, pur se in presenza dei sopra precisati elementi , doveva comunque essere esclusa quando  l’evento dannoso era stato prodotto nell’ambito di attività d’impresa, essendo quest’ ultima attività retta da norme e principi di diritto privato e non pubblico.

In sostanza, per la Cassazione, il discrimine era rappresentato dal parametro giuridico di riferimento dei comportamenti asseritamente dannosi; se tale parametro era “pubblico” (e cioè se il comportamento dannoso era connesso a poteri autoritativi attribuiti e disciplinati da norme di diritto pubblico) , sussisteva la giurisdizione della Corte dei conti; diversamente, quella del giudice ordinario.

Va però detto che l’attività degli enti pubblici economici si collocava, direi per definizione, nell’ambito pressochè esclusivo delle attività d’impresa svolte nelle forme del diritto privato, sicchè alla Corte dei conti era precluso di intervenire, con l’azione di risarcimento, nei confronti degli amministratori e dipendenti di tali enti , pur se responsabili di aver arrecato un danno patrimoniale alla finanza pubblica. Un danno, va ulteriormente aggiunto, che restava, di fatto, privo di ristoro, dal momento che, esclusa l’iniziativa d’ufficio della Procura della Corte dei conti, l’eventualità di promuovere l’azione  di risarcimento era rimessa alla valutazione degli stessi organi dell’ente danneggiato.

Di fatto, danni subìti dalla finanza pubblica restavano, e sono restati, privi di riparazione e soprattutto sono restati privi di “sanzione”  (in senso lato, intendosi cioè per tale la condanna al risarcimento del danno) i comportamenti antigiuridici che li avevano determinati, con ciò palesendosi, pur se in presenza di un danno comunque sofferto dall’Erario, una ingiustificata disparità di trattamento tra amministratori e dipendenti di amministrazioni ed enti pubblici ed amministratori e dipendenti di enti pubblici economici.  

Sulla indicata “linea” la giurisprudenza delle Sezioni Unite è restata ferma per oltre un ventennio, ancorata ad una concezione di pubblica amministrazione e dell’attività amministrativa che l’evoluzione di questi anni ha reso non più attuale, come sinceramente ora rilevato dalle Sezioni Unite.

Dagli inizi degli anni novanta, infatti,  è stato avviato un ponderoso processo di privatizzazione, sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto il profilo dei caratteri dell’attività “amministrativa”, che si è arricchita di inedite modalità di attuazione.

Dal lato del soggetto,  enti pubblici sono stati trasformati in enti pubblici economici e quest’ultimi in società per azioni; dipartimenti e direzioni generali sono stati trasformate in agenzie; aziende sono state trasformate in società per azioni; gli enti locali hanno costituito società per azioni per la gestione dei servizi pubblici locali (art.22 L.142/90), il rapporto di lavori dei dipendenti pubblici è stato “privatizzato”, etc.

Ma i cambiamenti forse più vistosi si sono avuti nel “modus operandi” delle amministrazioni, che in numerose circostanze possono ora adottare, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, anche modelli procedimentali più vicini al diritto privato. Insomma, il provvedimento amministrativo è uno solo dei possibili “strumenti” che le pubbliche amministrazioni possono utilizzare.

In sostanza, come esattamente sostenuto dalla procura regionale della corte dei conti per la regione Abruzzo ,  che  ha resistito al regolamento di giurisdizione deciso dalle Sezioni Unite con l’atto che qui si commenta, “è  necessario accogliere una nozione oggettiva di attività amministrativa e ritenere che essa si qualifichi tale in quanto consista nello svolgimento di una pubblica funzione o di un pubblico servizio, indipendentemente dalla riconducibilità dell’atto emesso nell’ambito del diritto privato o del diritto pubblico; lo strumento del diritto privato consente una maggiore efficienza dell’azione amministrativa; le esigenze del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione, come disciplinate dall’art.97 Cost., riguardano allo stesso modo l’attività volta alla emanazione di provvedimenti e quella con cui sorgono o sono gestititi rapporti giuridici disciplinati dal diritto privato, e per conseguenza l'attività amministrativa è configurabile anche quando  persegua le proprie finalità istituzionali mediante una attività sottoposta in tutto o in parte alla disciplina prevista per i soggetti privati” .

E a sostegno di tale assunto la procura “resistente” ha richiamato giurisprudenza del Consiglio di Stato (adunanza plenaria n.4/99) e la definizione di “organismo di diritto pubblico” data dal legislatore comunitario (direttiva 92/50/CEE).

La Cassazione, come detto, ha pienamente accolto le sopra menzionate argomentazioni e lo ha fatto trovando nella  evoluzione legislativa che ha interessato la giurisdizione contabile (in particolare leggi 19 e 20 del 1994) l’argomento più forte.

Le Sezioni Unite sono cioè pervenute a dichiarare la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti degli enti pubblici economici (semplificando: in realtà la giurisdizione si esercita nei confronti di amministratori e dipendenti per il risarcimento dei danni da essi arrecati alla finanza pubblica) non tanto attraverso una rimeditazione, a fattori immutati,  del precedente orientamento, quanto attraverso una valutazione  degli effetti combinati dell’evoluzione dei concetti di P.A. e di attività amministrativa e dell’evoluzione legislativa che in particolare ha ridisegnato il sistema della giurisdizione della Corte dei conti.

Ovviamente tutta la questione non è pura accademia, dal momento che le conseguenze non tarderanno a rivelarsi.

La più importante conseguenza è un rafforzamento del sistema di tutela della finanza pubblica , al quale sistema partecipa la giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità patrimoniale-amministrativa. E’ poi prevedibile l’estensione di tale sistema alle società per azioni a capitale pubblico, relativamente alle quali si “attagliano”, per così dire, “a pennello” le stesse argomentazioni sviluppate dal pubblico ministero presso la Corte dei conti – e condivise dalle Sezioni Unite della cassazione -  a proposito degli enti pubblici economici.

Quest’ultimo tema, che si apre su scenari di grande interesse, richiede tuttavia una specifica trattazione.

 

Angelo CANALE

Vice Procuratore Generale

presso la Corte dei conti