inserito in Diritto&Diritti nel maggio 2002

Istituenda area separata dei "dipendenti-professionisti" nel pubblico impiego: studio sui criteri di ammissione

di Sebastiano Battaglia 

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In riferimento alle risultanze sullo studio e l’approfondimento delle tematiche riguardanti l’istituzione nell’area C di una separata area dei professionisti-dipendenti nel pubblico impiego, cui è pervenuta recentemente la Commissione paritetica in base all’art. 37 del CCNL, non capisco bene il motivo di esclusione dei professionisti-diplomati dal censimento delle professionalità esistenti, per i motivi sotto specificati. Premetto che i requisiti a cui la prefata Commissione si sta ispirando - in sede di bozza provvisoria -riguardano i dipendenti inquadrati nelle ex qualifiche funzionali VII, VIII e IX, che espletano: a) una attività implicante l’abilitazione e/o l’iscrizione ad albi professionali; b) una attività tecnico scientifica e di ricerca.

è importante tenere sempre presente che i criteri prescelti per l’individuazione delle categorie di dipendenti aventi qualità a fare parte dell’area dei professionisti debbano trovare il loro fondamento su presupposti giuridici individuati nel quadro normativo vigente, che può variare da albo in albo, come, per esempio: c’è una differenza intercorrente tra l’esercizio della libera professione dell’attività di lavoro autonomo di ingegnere e quella di geometra. Il primo, oltre la progettazione di una costruzione, è abilitato all’elaborazione di calcoli di staticità, ecc.; mentre, al geometra libero professionista non è permessa l’elaborazione di calcoli. 

L'art. 5 - 1° comma - del D.P.R. 26/10/1972, n° 633, definisce per "esercizio di arti e professioni" l'esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ..... (non distinguendo tra laureati e diplomati).

Nessuna differenza, invece, intercorre tra l’esercizio della libera professione dell’attività di lavoro autonomo di dottore commercialista e quella di ragioniere e perito commerciale. il D.P.R. 27/10/1953, n° 1067, ed il D.P.R. 27/10/1953, n° 1068, rispettivamente istitutivi dei distinti albi professionali dei dottori e dei ragionieri commercialisti, non pongono alcun distinguo in ordine alle materie trattate in sede di espletamento della libera professione di dottore o ragioniere commercialista. La sola differenza intercorrente tra i dottori in economia e commercio ed i ragionieri è che ai primi è consentito insegnare nelle varie materie in scuole pubbliche, mentre ai secondi ciò è precluso. Si consultino i provvedimenti sotto specificati:


D.P.R. n° 1067 del 27 ottobre 1953 relativo all’Ordinamento della professione di dottore commercialista. (Pubblicato nella G.U. n° 34 dell’11 febbraio 1954)


Art. 1 – Oggetto della Professione.-


Ai dottori commercialista è riconosciuta competenza tecnica nelle materie commerciali, economiche, finanziarie, tributarie e di ragioneria. In particolare formano oggetto della professione le seguenti attività:


l’amministrazione e la liquidazione di aziende, di patrimoni e di singoli beni; 


le perizie e le consulenze tecniche; 


le ispezioni e le revisioni amministrative; 


la verificazione ed ogni altra indagine in merito alla attendibilità di bilanci, di conti, di scritture e d’ogni altro documento contabile delle imprese; 


i regolamenti e le liquidazioni di avarie; 


le funzioni di sindaco e di revisore nelle società commerciali; 

L’autorità giudiziaria e le pubbliche Amministrazioni debbono affidare normalmente gli incarichi relativi alle attività di cui sopra a persone iscritte nell’albo dei dottori commercialisti, salvo che si tratti di incarichi che per legge rientrino nella competenza dei ragionieri liberi esercenti, degli avvocati e dei procuratori o che l’Amministrazione pubblica conferisce per legge ai propri dipendenti.

Se l’incarico viene affidato a persone diverse da quelle sopra indicate, nel provvedimento di nomina debbono essere espressi i particolari motivi di scelta.

L’elencazione di cui al presente articolo non pregiudica l’esercizio di ogni altra attività professionale dei dottori commercialisti, né quanto può formare oggetto dell’attività professionale di altre categorie di professionisti a norma di leggi e regolamenti.


D.P.R. n° 1068 del 27 ottobre 1953 relativo all’Ordinamento della professione di ragioniere e perito commerciale. (Pubblicato nella G.U. n° 34 dell’11 febbraio 1954)


Art. 1 – Oggetto della Professione.

A coloro che siano iscritti nell’albo dei ragionieri e periti commerciali, è riconosciuta competenza tecnica in materia di ragioneria, di tecnica commerciale e di economia aziendale nonché in materia di amministrazione e di tributi. In particolare formano oggetto della professione le seguenti attività:


l’amministrazione e la liquidazione di aziende, di patrimoni e di singoli beni; 


le perizie contabili e le consulenze tecniche; 


la revisione dei libri obbligatori e facoltativi delle imprese ed ogni indagine in tema di bilancio, di conti, di scritture e di ogni documento contabile delle imprese; 


i regolamenti e le liquidazioni di avarie marittime; 


le funzioni di sindaco delle società commerciali e degli altri enti; 


de divisioni di patrimoni, la compilazione dei relativi progetti e piani di liquidazione nei giudizi di graduazione; 


i piani di contabilità per aziende private e pubbliche, i riordinamenti di contabilità per riorganizzazioni aziendali; 


le determinazioni dei costi di produzione nelle imprese industriali, le rilevazioni in materia contabile e amministrativa. 

L’autorità giudiziaria e le pubbliche amministrazioni debbono affidare normalmente gli incarichi relativi alle attività di cui sopra ai ragionieri e periti commerciali iscritti nell’albo, salvo che si tratti di incarichi che per legge rientrano nella competenza dei dottori commercialisti, degli avvocati e dei procuratori o che la amministrazione pubblica conferisce, per legge, ai propri dipendenti.

L’elencazione di cui al presente articolo non pregiudica l’esercizio di ogni altra attività professionale dei ragionieri e periti commerciali, né quanto può formare oggetto dell’attività professionale di altre categorie di professionisti a norma di leggi e regolamenti.





Il Registro Naz.le dei Revisori contabili è unico ed abbraccia sia i dottori come i ragionieri commercialisti, senza distinguo alcuno. 

Il decreto 30 marzo 2000, n° 162, del ministro della Giustizia, al comma 1, stabilisce che le società italiane con azioni quotate nei mercati regolamentari italiani scelgono tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili coloro che abbiano esercitato l’attività di controllo legale dei conti……. almeno uno dei sindaci……."(non puntualizzando se devono essere laureati o meno). Il comma 2 continua dicendo che: "i sindaci che non sono in possesso del requisito di cui al comma 1 sono scelti tra coloro che abbiano maturato un’esperienza complessiva di almeno un triennio nell’esercizio di .. (lett. c – stesso comma 2 - funzioni dirigenziali presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni………). 
Dunque sembrerebbe scontata l’equiparazione tra la figura prof.le di "revisore dei conti" e quella di "dirigente del settore pubblico". 


Il D.P.R. 21 dicembre 1999, n° 554, all'art. 7, recita : il responsabile del procedimento (di cui al comma 5 dell'art. 7 della legge 109/94) per la realizzazione di lavori pubblici è nominato dalle amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito del proprio organico (comma 1) ed "è un tecnico in possesso del titolo di studio adeguato alla natura dell'intervento da realizzare, abilitato all'esercizio della libera professione o, quando l'abilitazione non sia prevista dalle norme vigenti, è un funzionario con idonea professionalità, e con anzianità di servizio in ruolo non inferiore a cinque anni".- Il presidente dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici Garri, con la determinazione n° 10/2001, rispondendo sulle modalità di nomina e le procedure del funzionario dell’amministrazione incaricato di seguire l’opera pubblica (dalla programmazione all’esecuzione), puntualizza che i geometri rispondono pienamente ai requisiti richiesti per l’incarico e possono ricoprirlo anche per opere che non rientrano nelle loro strette competenze. Vedi, per quest’ultima precisazione, il Sole 24 Ore del 28/02/2001, pag. 16. 

4. Vi sono Orientamenti giurisprudenziali che sanciscono l'illegittimità delle norme che prevedono la generica ricostruzione
dell’anzianità di servizio operata ignorando eventuali differenze di natura giuridica dei rapporti antecedenti all’inquadramento; 
mentre, invece, altri che sanciscono che nella valutazione dei titoli assumono carattere residuale i cosiddetti titoli vari, cioè 
le pubblicazioni, l’idoneità in precedenti concorsi, i titoli di specializzazioni (non specificando il distinguo tra laureati e non); 
ed altri ancora che dichiarino illegittima la clausola del bando che non tenga in alcun conto o che valuti in modo trascurabile 
e marginale il percorso culturale e professionale dei candidati a fronte del punteggio previsto per le prove scritte ed orali le 
quali a loro volta non possono non considerare gli aspetti strettamente collegati alle esperienze lavorative maturate". 

Si vedano, a tal riguardo, le seguenti decisioni:


Corte Costituzionale 30/10/97, n° 320: "è illegittima nei riguardi dell’art. 97 Costituzione la norma che prevede la generica ricostruzione dell’anzianità di servizio operata ignorando eventuali differenze di natura giuridica dei rapporti antecedenti all’inquadramento; è altresì illegittima la norma che miri ad inquadrare in una fascia funzionale più alta, in maniera automatica, i dipendenti in possesso di soli requisiti che non permettono di appurare tramite la valutazione dell’attività pregresse del lavoratore l’esistenza della professionalità necessaria allo svolgimento delle mansioni superiori". 


Sicilia – Catania – 28/04/99, n° 750: "nella valutazione dei titoli, assumono carattere residuale i cosiddetti titoli vari, cioè le pubblicazioni, l’idoneità in precedenti concorsi, i titoli di specializzazioni, la frequenza con profitto di corsi di perfezionamento etc., che comportano l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo rispetto a quello spettante in base alle prove di esame sostenute e superate; invero, i "titoli vari", detti anche titoli valutabili (anche essi di natura culturale) rispondono all’interesse pubblico di attestare un livello di istruzione e/o professionale superiore a quello "base" individuato dai requisiti di ammissione e, quindi, sono funzionali alla definizione complessiva della situazione globale del candidato, mediante la previsione di un punteggio aggiuntivo …"). 


Consiglio di Stato Sez. V, 14/04/2000, n° 2230: "In un concorso interno a pubblici impieghi preordinato alla riqualificazione del personale già in servizio ai fini di una sua collocazione ad una qualifica funzionale diversa è illegittima la clausola del bando che non tenga in alcun conto o che valuti in modo trascurabile e marginale il percorso culturale e professionale dei candidati a fronte del punteggio previsto per le prove scritte ed orali le quali a loro volta non possono non considerare gli aspetti strettamente collegati alle esperienze lavorative maturate". 


Una Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 novembre 2001 (in G.U. n. 18 del 22-1-2002) - prevede che i servizi di controllo interno (SECIN), previsti presso ciascuna amministrazione dello Stato dall'art. 6 del decreto legislativo n. 286 del 1999 (aventi una funzione estremamente importante nell'assicurare la diffusione di meccanismi di pianificazione e controllo nella amministrazione) dovranno accompagnarsi, oltre alla necessaria presenza di dirigenti interni all'amministrazione, in posizione di eguale o maggiore responsabilità, anche di quella di persone in possesso di competenze ed esperienze, anche maturate nel settore privato, nei sistemi di programmazione e controllo, di audit (revisione contabile) e di valutazione del top management. Come si può ben comprendere, in questo contesto letterale e normativo sembra prescindersi dal distinguo tra revisore contabile laureato e revisore contabile diplomato. 

La Direttiva sopra citata, tra le altre cose, dispone che la nuova legislatura deve realizzare la "valorizzazione delle professionalità più capaci", cioè in sintonia alle esperienze lavorative più significative.

Vi sono dipendenti che, essendo in possesso di una particolare preparazione tecnica, gli è consentito di potere svolgere la propria attività con discrezionalità ed autonomia operativa, pur mantenendo il vincolo di subordinazione nel quadro dell’assetto organizzativo dell’amministrazione di appartenenza.

A tal riguardo, giova ricordare che in sede di contrattazione decentrata del contratto integrativo del M.I. 1998 – 2001 è stata omessa la valutazione dell’esperienza professionale prevista espressamente nell’art. 15 del CCNNLL, lett. B, secondo capoverso. Difatti, l’art. 10 del contratto integrativo, nel prevedere i titoli e le posizioni valutabili, omette manifestamente di inserire quanto già previsto nel predetto articolo 15 circa "l’esperienza professionale acquisita"; peraltro, il punto 2 dell’art. 10, presenta una eclatante contraddizione laddove al 3° capoverso prima prevede che "…ogni dipendente in possesso dei requisiti previsti dal Contratto Collettivo Nazionale" (quindi anche l’esperienza professionale), e poi ne esclude la valutazione dei titoli dimostrativi della esperienza professionale stessa". Quando, invece, per esperienza professionale (anche alla luce dei suddetti richiami giurisprudenziali) si intende la capacità, l’organizzazione del lavoro – anche in termini di informatizzazione dei servizi, la specialità degli incarichi svolti all’esterno e quant’altro.



una Direttiva in data 13/12/2001 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, sulla "Formazione e valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni", attua uno dei postulati di cui al Dlgs. n° 165/2001. 


L’art. 40 del Dlgs. 30 marzo 2001, n° 165 – 2° comma – nel prevedere che per le figure professionali in posizione di elevata responsabilita', svolgenti compiti di direzione o che comportanti l’iscrizione ad albi oppure tecnico scientifici e di ricerca, non precisa che quei dipendenti debbano possedere il titolo di laurea. 

Per quanto sopra in premessa, c'è da augurarsi che l'Agenzia di Rappresentanza Negoziale (ARAN), Voglia rendersi sensibile di capacità di approfondimento ed analisi presso l'autorevole Commissione paritetica sopra citata, chiedendo ogni possibile riesame dell'argomento in questione, in guisa tale che dai prossimi rinnovi contrattuali possa scaturire un ripensamento dei requisiti per l’ammissione nell’area dei professionisti-dipendenti, che tengano in debito conto anche dei professionisti diplomati. Ciò, al fine di non svilire la dignità professionale di tutti quei revisori dei conti (diplomati) che abbiano svolto incarichi presso pubbliche Amministrazioni; dando prova, con la loro pluriennale esperienza, di assumersi un elevato grado di responsabilità. Ma anche per non "delegittimare", in certo senso, il loro operato, esautorando (limitandola discrezionalmente ad alcune categorie di revisori) la precipua funzione dell’accertamento amministrativo-contabile, consistente nel controllo legale dei conti.

Intanto, nell'attesa che la presente possa fungere da cassa di risonanza verso interlocutori che Vogliano dare un loro contributo di idee e suggerimenti - che servano comunque e quantunque la suddetta causa per eventuali approfondimenti - auspico un migliore ripensamento dei criteri inerenti la valutazione dei titoli, avulsa dall’ingeneramento dell’ipotesi di disparità di trattamento giuridico all’interno della stessa categoria di professionisti.