inserito in Diritto&Diritti nel aprile 2004

Nota di commento a cons. stato, sez. v, n. 768/2004 in materia di verifica dell’anomalia dell’offerta nell’ambito di gare per l’aggiudicazione di un appalto di servizi

di Matteo Barbero*

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La procedura di verifica delle offerte anormalmente basse prevista, in materia di appalto di servizi, dall’articolo 25 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi, è applicabile, non solo alle gare condotte secondo il criterio del prezzo più basso, ma anche a quelle condotte secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Lo ha chiarito la V Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza che qui brevemente si annota, consolidando un orientamento giurisprudenziale prevalente[1] ma (fino ad oggi) non pacifico (soprattutto fra i giudici amministrativi di primo grado).  

I Giudici di Palazzo Spada hanno quindi accolto il ricorso in appello nei confronti di una sentenza della Sezione I del TAR Campania, che aveva ritenuto che l’obbligo di verifica dell’anomalia delle offerte sussista solo nel caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso.

In realtà, il citato articolo 25 del D. Lvo. 157/1995, nell’imporre, sulla base dei criteri individuati dal comma 3, l’obbligo di verifica delle offerte anomale, non distingue fra le due ipotesi di aggiudicazione [previste dal precedente articolo 23, comma 1, lettere a) e b)[2]].

Al fine di determinare con precisione la portata di tale obbligo occorre, pertanto, ricorrere ad argomenti interpretativi di carattere tanto letterale quanto logico-sistematico.

Sotto il primo profilo, la sentenza in commento sottolinea come il comma 3 dell’articolo 25 del D. Lvo. 157/1995 cit. si riferisca a “tutte le offerte che presentano una percentuale di ribasso che superi di un quinto la media aritmetica dei ribassi delle offerte in aumento”, senza escludere da tale generica previsione le ipotesi in cui l’appalto debba essere aggiudicato all’offerta economicamente più vantaggiosa.

Nello stesso ordine di idee, assume rilievo la circostanza che “l’accertamento dell’anomalia, a tenore del secondo comma dell’articolo in esame, debba avvenire tenendo conto proprio degli elementi dell’offerta che devono essere considerati “ in particolare” nel procedimento valutativo disegnato dal criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (economia del metodo di prestazione del servizio, soluzioni tecniche adottate, condizioni favorevoli di cui dispone il concorrente per l’esecuzione, originalità del servizio ed esclusione degli elementi i cui valori minimi sono stabiliti a livello normativo) (Punto 2 in diritto).

In altri termini, “la rilevanza di tali aspetti rinvia (…) ad una formulabilità composita dell’offerta, che sia, cioè, svincolata dalla preliminare definizione in dettaglio del contratto da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice, e sia, quindi, incentrata su specifiche soluzioni tecniche, su metodologie individualmente elaborate, su un tasso di originalità che presuppone un margine di indeterminatezza del progetto di contratto tipico del criterio di aggiudicazione di cui all’art. 23, lettera b)”. [3]

D’altra parte, il richiamato meccanismo di individuazione delle offerte sospette di anomalia, per quanto riferibile in modo più immediato all’elemento “prezzo” mantiene comunque un notevole valore indiziante anche se rapportato ad un’offerta modulata su elementi tecnico – qualitativi.

Come ricorda ancora la sentenza annotata, poi, “(l)a stessa previsione del quarto comma dell’art. 25, che  precisa l’obbligo dell’Amministrazione di tenere conto nella valutazione delle offerte delle modalità atte ad assicurare l’efficace e continuativo collegamento con la stessa Amministrazione aggiudicatrice per tutta la durata di prestazione del servizio  nel caso che sia stato richiesto ai partecipanti di tenere conto di questo elemento nelle offerte (ai sensi dell’art. 23, terzo comma, del D. Lvo 157/1995), implica esplicitamente un potere di sindacato dell’Amministrazione su tale specifico aspetto della prestazione, potere che appare senz’altro riferibile anche alle procedure di aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa e che conferma la facoltà data alle medesima Amministrazione di valutare tutti i possibili aspetti di convenienza delle offerte presentate in gara” (ancora Punto 2 in Diritto).

Tali argomenti (letterali ma volti anche a ricostruire la ratio della normativa de quo) paiono rafforzati da considerazioni di ordine (più strettamente) logico sistematico.

Da questo punto di vista, il Consiglio di Stato, nel medesimo passaggio della sentenza in esame, richiama “l’interesse pubblico alla affidabilità  delle offerte presentate dai partecipanti alle gare pubbliche e potenzialmente aggiudicatari delle stesse”.

La tutela di tale interesse [“che si fonda direttamente sul principio (…) di buon andamento consacrato nell’art. 97 della Costituzione”] richiede l’attribuzione all’Amministrazione aggiudicatrice in tutte le tipologie di gara di “un potere di verifica incisivo ed approfondito dell’elemento prezzo”.

Ciò, evidentemente, allo scopo di “evitare che un eccesso di concorrenza induca i concorrenti a formulare offerte non remunerative pur di aggiudicarsi le commesse pubbliche, con la duplice conseguenza negativa di esporre a rischio la stessa prestazione dei servizi o di renderla particolarmente gravosa per i ritardi e le difficoltà nella esecuzione ovvero, ancora, nei casi in cui si debba pervenire alla risoluzione, per gli effetti negativi dovuti al subingresso di altri esecutori o di interruzione e sospensione del servizio medesimo in attesa dello svolgimento di ulteriori procedure di aggiudicazione”.

In altri termini, la necessità di tutelare (secondo la ratio legis come sopra ricostruita ed in conformità ai principi costituzionali) l’interesse pubblico ad un’affidabile contrattazione nonché l’effettiva e leale competizione tra le imprese prescinde da tipo di procedura di aggiudicazione prescelta dall’Amministrazione procedente.

La solidità di tali argomentazioni (letterali e sistematiche) non è incrinata dalla formulazione dell’articolo 27, comma 3, del D. Lvo 157/1995 cit, il quale, ai fini di assicurare la conoscenza, il monitoraggio ed il controllo del mercato a livello comunitario, impone all’Amministrazione aggiudicatrice di comunicare alla Commissione europea (il rifiuto del)le offerte anormalmente basse intervenute nei (soli) procedimenti di gara con il criterio dell’aggiudicazione al prezzo più basso[4].

In disparte l’ipotesi di un difetto di coordinazione del testo legislativo, è comprensibile (come sottolinea la decisione in commento, sempre nel Punto 2 in Diritto) “che l’interesse degli organi comunitari sia limitato alla conoscenza dei dati più significativi e macroscopici di violazione delle regole della concorrenza sotto forma di ribassi ingiustificati; trattasi, infatti, di violazione  che emerge in modo aritmetico dagli atti di gara senza valutazioni discrezionali e tecniche sulla congruità del prezzo in relazione agli elementi qualitativi dell’offerta che renderebbero meno facilmente percepibili gli aspetti lesivi della concorrenza”.

Tuttavia, “ciò non esclude che anche in queste diverse ipotesi permanga l’interesse primario dei singoli Stati membri a consentire la verifica da parte delle Amministrazioni aggiudicatici, ed in ogni caso, della attendibilità delle offerte economiche rispetto ai servizi ed ai beni offerti”.

Oltretutto, la limitazione dell’obbligo di comunicazione alla Commissione alle sole offerte anomale rilevate nell’ambito di procedure di aggiudicazione secondo il criterio del prezzo più basso appare giustificata anche da un diverso ordine di considerazioni; solo in tali casi, infatti, il rilievo dell’anomalia assume un valore indicativo univoco della dinamica dei prezzi e la comunicazione assume interesse in rapporto alle gia richiamate finalità di conoscenza, monitoraggio e controllo del mercato comunitario.

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In conclusione, la decisione del Consiglio di Stato qui brevemente commentata, pur priva di una portata rivoluzionaria in quanto in linea con l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, ha il pregio di fissare con chiarezza alcuni “paletti” intorno ad una questione che non aveva mancato di creare difficoltà operative alle Amministrazioni aggiudicatici, anche a fronte di talune pronunce in senso contrario da parte dei giudici amministrativi di prima istanza.

Note:

[1] Cfr, in particolare, Cons. Stato, Sezione VI, n. 1200/1998, in Consiglio di Stato, 1998, I, pagina 1315, espressamente richiamata nella decisione in commento.

[2] L’articolo 23 del D. Lvo. 157/1995 cit. (rubricatoCriteri di aggiudicazione”), al comma 1, dispone che Fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative riguardanti la remunerazione di particolari servizi, gli appalti pubblici di servizi di cui al presente decreto sono aggiudicati in base a uno dei seguenti criteri: a) unicamente al prezzo più basso; b) a favore dell'offerta economicamente più vantaggiosa, valutabile in base ad elementi diversi, variabili secondo il contratto in questione, quali, ad esempio, il merito tecnico, la qualità, le caratteristiche estetiche e funzionali, il servizio successivo alla vendita, l'assistenza tecnica, il termine di consegna o esecuzione, il prezzo”.

[3] Cons. Stato, Sezione VI, n. 1200/1998 cit..

[4] L’articolo 27 del D. Lvo 157/1995 cit. (rubricato “Adempimenti procedurali e comunicazioni alla Commissione CE) al comma 3 dispone: “Nel caso di aggiudicazione dell'appalto con le modalità di cui all'art. 23, comma 1, lettera a), l'amministrazione aggiudicatrice comunica alla Commissione CE il rifiuto delle offerte ritenute troppo basse”.