inserito in Diritto&Diritti nel marzo 2001

Il Problema Incendi Boschivi: l’auspicata Legge-quadro n°353/2000.

di Pietro Alessio Palumbo

 

"Ingenia hominum locorum situs format" - l’"Ambiente in cui l’uomo é nato (e vive) ne forma la mente – asseriva già qualche secolo fa Curzio.

La nostra Carta fondamentale non detta una nozione esplicita del concetto di ambiente. Ciò nonostante, la giurisprudenza della Suprema Corte (su tutte la sentenza n. 210 del 1997), operando una analisi estensiva dei precetti di cui agli artt. 9, 32, 41 e 44 della Carta stessa, ha desunto una nozione di ambiente quale universalità di elementi biologici, fisico-chimici e non meno sociali che agiscono direttamente sulla qualità della vita dell’individuo singolo e della collettività tutta.

Per questa via – continua la Corte – il diritto alla tutela dell’ambiente è diritto fondamentale della persona ed interesse fondamentale della società. In due parole, tutelare l’ambiente significa, per un verso preservare e per un altro, persino migliorare gli elementi medesimi che lo costituiscono, fauna compresa. Senza aggiungere "legna al fuocherello" per ciò che riguarda ad esempio l’abusivismo edilizio ed il condono edilizio (che qualcuno ha definito la "capitolazione dello Stato di diritto"), si può subito operare un "link" con il tema in commento, gli incendi boschivi.

Ai sensi del R.D.L. n. 3267 del 1923 prima e del R.D. n. 1176 del 1926 poi, il bosco è quella parte del territorio ricoperto da piante ad alto fusto, arbusti e piante selvatiche (ed abitata da animali selvatici quasi tutti in via di estinzione!).

Sull’onda lunga delle devastazioni estive dei boschi italiani, venute in essere negli ultimi anni, la legge in esame (presentata in Parlamento già nel maggio del 1996 – rectius, il relativo disegno di legge -), definisce la cornice organica degli interventi normativi che saranno volti alla prevenzione ed alla lotta all’annoso problema degli incendi boschivi.

La legge in analisi coinvolge in questa lotta "attiva" contro gli incendi boschivi, in sostanza tutti gli enti dello Stato, da quelle territoriali a quelli locali, passando per la scuola. Nell’ottica dei principi di cui all’art. 117 della Costituzione e del D.Lgs. n. 112/1998, le regioni dovranno adeguare tempestivamente i propri ordinamenti alla legge in commento (entro un anno per le regioni a statuto ordinario, secondo i rispettivi statuti per quelle ad ordinamento speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano). Interessante è, inoltre, la rivisitazione del concetto stesso di incendio boschivo, che si identifica in un fuoco in potenziale espansione su aree boschive, comprese «strutture ed infrastrutture antropizzate», che rende possibili interventi coordinati del Corpo forestale dello Stato e dei Vigili del fuoco.

La legge, pertanto, distingue esplicitamente l’attività di "previsione" e quella di "prevenzione" degli incendi boschivi: la prima consiste nella individuazione delle aree e dei periodi a rischio; la seconda nelle azioni volte a ridurre le cause stesse d’incen-dio, usufruendo di adeguate tecnologie per il monitoraggio del territorio ed operando interventi colturali volti a migliorare l’assetto vegetazionale delle aree interessate.

Per altro verso, i c.d. interventi di lotta attiva agli incendi coinvolgono direttamente l’Agenzia di protezione civile (ovvero il Dipartimento della protezione civile fino alla effettiva operatività della stessa), che avrà il compito di coordinare le attività della flotta aerea anti-incendio dello Stato e del COAU (Centro Operativo Aereo Unificato) e tutta la connessa attività di sorveglianza dei boschi italiani. Ulteriore compito dell’Agenzia sarà il monitoraggio sugli adempimenti della legge in esame ed il riferimento al Parlamento (successivamente al 1° dicembre 2001), circa l’esito dello stesso.

Dal canto loro, le regioni dovranno dotarsi del "Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi". Tale Piano, sulla base delle direttive deliberate dai competenti organismi statali (e sottoposto a revisione annuale), dovrà individuare innanzitutto i periodi e le aree maggiormente interessate dal fenomeno con i connessi indici di pericolosità per la collettività ed inoltre le cause, le azioni c.d. determinanti e le aree incendiate nell’anno precedente. Per contro, il Piano dovrà programmare gli interventi di previsione e prevenzione degli incendi boschivi nonché i mezzi, gli strumenti e le risorse umane per far fronte al problema. Il Piano dovrà prevedere, infine, uno screening completo delle operazioni di "manutenzione" dei boschi e delle attività informative e formative delle popolazioni potenzialmente coinvolte.

Le regioni hanno la facoltà di concedere contributi a privati proprietari di aree boscate per operazioni di pulizia. I comuni, le province e le comunità montane, dal canto loro, dovranno attuare, "a cascata", le attribuzioni loro conferite dalle regioni.

Sul fronte della lotta c.d. attiva agli incendi, le regioni dovranno coordinare le proprie strutture anti-incendio con quelle statali, costituendo le SUOP (Sale Operative Unificate Permanenti). Le regioni potranno avvalersi, oltre che di mezzi propri, anche di mezzi di altre regioni e di risorse, mezzi, personale e strutture delle Forze armate, delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, del Corpo forestale dello Stato (in base ad accordi di programma), nonché, infine, di personale delle organizzazioni di volontariato, dotato di adeguata preparazione professionale ed idoneità fisica. È previsto l’impiego anche di personale stagionale per i "picchi" operativi. Il Piano regionale dovrà prevedere, poi, per i parchi naturali e le riserve naturali regionali, una apposita sezione programmatica definita d’intesa con gli enti gestori.

Per le aree protette statali, invece, dovrà essere redatto un apposito diverso Piano predisposto dal Ministero dell’ambiente d’intesa con le regioni interessate e di concerto con gli enti gestori, sentito il Corpo forestale dello Stato. Le attività di prevenzione e previsione saranno compito degli enti gestori ed in assenza di questi delle province, delle comunità montane o dei comuni, secondo le rispettive competenze.

Di particolare rilievo sono, per altro verso, le disposizioni circa attività formative ed informative. Le prime azioni si sostanziano nella organizzazione, da parte delle regioni, di corsi tecnico-pratici rivolti alla preparazione di tutti i soggetti coinvolti nella lotta agli incendi dei boschi. Stato e regioni dovranno promuovere, inoltre, l’integrazione dei programmi didattici di scuole ed istituti allo scopo precipuo di alimentare la crescita della «effettiva educazione ambientale» dei giovani (e non solo). Le attività di carattere informativo si sostanziano, a loro volta, in azioni statali, regionali e degli enti locali volte a far conoscere alla popolazione le cause degli incendi e le norme comportamentali da osservare in caso di pericolo. Particolare rilevanza in merito avrà l’attività degli U.R.P. (Uffici per le relazioni con il pubblico) dei comuni.

D’altro canto, per far fronte al sempre più ampio fenomeno degli incendi boschivi di origine "dolosa", quasi sempre premeditati a scopi edilizi, la legge in analisi dispone il divieto di destinazione d’uso diverso da quello antecedente l’incendio per almeno 15 anni, Nello specifico, è vietata per 10 anni la realizzazione di edifici, strutture ed infrastrutture ad uso civile e produttivo (fatto salvo il caso di autorizzazioni antecedenti l’incendio), nonché l’attività di caccia e pascolo (spesso sono stati proprio i pastori a generare, dolosamente, tali disastri naturali). Per cinque anni, invece, non sarà possibile operare rimboschimenti od opere di ingegneria ambientale finanziate da fondi pubblici.

Per propria parte, i comuni dovranno censire le aree incendiate negli ultimi cinque anni avvalendosi, all’uopo, del Corpo forestale dello Stato. Tale "catasto" è aggiornato di anno in anno.

Venendo alle disposizioni di natura sanzionatoria, la legge in commento dispone che in caso di inosservanza del divieto di pascolo nelle zone incendiate, si applica una sanzione da 60.000 a 120.000 lire per ogni capo di bestiame, mentre nel caso di trasgressione al divieto di caccia si applica una sanzione amministrativa da 400.000 ad 800.000 lire. Nell’evenienza, poi, di trasgressioni al divieto di edificare, è disposto l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 30 a 100 milioni di lire per i responsabili, nonché la demolizione dell’opera ed il ripristino dello stato dei luoghi a spese degli stessi. È vietata, inoltre, ogni altra attività "potenzialmente" volta all’innesco di incendi boschivi. Trasgredire a tale ultimo divieto significa accollarsi una sanzione amministrativa da 2 a 20 milioni di lire.

Sanzioni più aspre sono disposte per esercenti attività turistiche e per coloro che abbiano mansioni specifiche di tutela anti-incendio. In ogni caso, ai sensi della nota legge n. 349/1986, i responsabili saranno obbligati al «risarcimento del danno» nei confronti dello Stato (secondo l’accezione classica di "Stato-comunità").

La legge in commento, d’altra parte, ha abrogato le norme in contrasto con la stessa ed in particolare la legge n. 47/1975 e la legge n. 547/1982 consistendo, fondamentalmente, in un assorbimento delle stesse. Per altra via, la legge in analisi ha introdotto un nuovo articolo al codice penale: il 423-bis. La novella del codice penale punisce con la reclusione da 4 a 10 anni i responsabili degli incendi boschivi, da 1 a 5 anni se tale "reato" è dagli stessi commesso con colpa. La reclusione è maggiore in caso di pericolo cagionato ad edifici e/o danno particolarmente grave per l’ambiente.

La legge-quadro, inoltre, ha reintrodotto nell’art. 424 del codice penale ("Danneggiamento seguito da incendio") una specifica disposizione già prevista dal D.L. n. 220 del 4 agosto 2000 inerente a "Disposizioni urgenti per la repressione degli incendi boschivi". Tale disposizione non è stata, però, oggetto di conversione in legge. Il provvedimento d’urgenza aveva già introdotto una specifica fattispecie di incendio boschivo nel codice penale. D’altro canto, tale provvedimento aveva previsto, mediante l’aggiunta di un comma all’art. 424, una particolare ipotesi di danneggiamento: se al fuoco appiccato a boschi, selve o foreste ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento fosse seguito incendio, avrebbero trovato applicazione le pene previste dall’art. 423-bis.

La legge di conversione (6 ottobre 2000, n. 275), per converso, non aveva confermato quest’ultima disposizione, facendo scomparire il reato di danneggiamento seguito da incendio, previsto dal comma 1 dell’art. 424 (il quale prevede una pena più lieve per i colpevoli). Tali disposizioni sono state, pertanto, reintrodotte dalle legge in analisi.

In sede di prima applicazione della medesima, viene disposto, nell’arco del triennio 2000-2002 ed attingendo dal fondo speciale del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il trasferimento alle regioni di 20 miliardi di lire per anno. Dal 2003 in poi gli stanziamenti saranno determinati nella legge finanziaria.

Per quanto riguarda l’usufruizione dei satelliti artificiali per la individuazione delle zone boscate interessate dagli incendi e per fini di previsione e prevenzione degli stessi, vengono stanziati, inoltre, 3 miliardi di lire.

Per finire, sarà compito del Ministro delegato al coordinamento della protezione civile, avvalendosi dell’Agenzia di protezione civile (ovvero, fintantoché la stessa non entri in pieno regime operativo, il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri) la predisposizione di una ricognizione circa l’utilizzo delle relative somme da parte degli enti assegnatari, disponendone eventualmente la revoca.